Reggio Calabria. E’ un invito, una raccomandazione ma anche una forte sollecitazione, a tener conto del peculiare contesto minorile che vive il territorio, quello rivolto dall’on. Marilina Intrieri, Garante dell’infanzia e dell’adolescenza della Regione Calabria, ai protagonisti del dibattito in corso sui temi della conversione e del perdono ai mafiosi. La Garante “invita le parti coinvolte nella querelle a tener conto -nell’esercizio delle loro funzioni in manifestazioni pubbliche- della peculiare situazione minorile che vive il territorio e a comunicare valori facilmente comprensibili dai minori (ovvero affrontare tematiche di maggior difficoltà ma in un diretto confronto dialettico e solo con i grands enfants), rimandando a momenti maggiormente privati o destinati ad un pubblico adulto riferimenti di maggiore difficoltà.”
Non si tratta di “vietare ai minori” né alcune tematiche né determinati linguaggi. La Intrieri “stante le dichiarazioni rilasciate da talune delle parti coinvolte che hanno rilevato fraintendimenti ad opera della stampa – invita i giornalisti a comunicare le notizie così come ricevute, nel rispetto delle norme deontologiche della professione giornalistica, –stante la peculiarità della vicenda e nel rispetto del best interest dei minori.”
L’Autorità Garante calabrese interviene con una segnalazione rilevando che “continuano gli interventi pubblici che, costantemente, alimentano la querelle sorta successivamente alle manifestazioni di pensiero del Vescovo di Locri –Gerace, S.E. Mons. Morosini, durante la celebrazione liturgica per la festività della Madonna di Polsi.” Obiettando che “una serie di dichiarazioni apparse sulla stampa, attribuite a diversi soggetti, istituzionali e non, non hanno aiutato a distogliere l’attenzione minorile sulla vicenda”, la Garante sottolinea di non voler minimamente mettere in discussione “i diritti di libertà di manifestazione del pensiero, di professare la propria fede religiosa in qualsiasi forma, di farne propaganda e di esercitarne, anche in pubblico, il culto, il diritto di cronaca, diritto di difesa, diritto all’ascolto, diritto di informare e di essere informati, diritti tutti che trovano una tutela costituzionale.”
Detto questo, la Intrieri invita “i soggetti partecipanti tutti e partecipandi alla querelle, gli organi di stampa –spesso accusati dai medesimi soggetti dichiaranti, di non avere riportato correttamente le affermazioni e/o di averle fraintese- a voler considerare, nel bilanciamento degli interessi in rilievo, che il territorio in cui si è alimentata la polemica è una Regione di grandi difficoltà giovanili con elevata dispersione scolastica, carenza dei Servizi sociali, sanitari e scolastici, che vive uno scontro costante con la mafia”; che “è uno dei territori nel quale gli uffici giudiziari hanno rilevato, anche in termini di criminalità, un elevato disagio giovanile nonché, il ben noto, e di difficile contrasto, fenomeno dei figli di mafia.”
Nella sua segnalazione, inoltre, la Garante ricorda che “la querelle origina dall’omelia, durante la celebrazione liturgica per la festività della Madonna di Polsi,l’1 settembre us, nel santuario sulle pendici dell’Aspromonte, allor quando il Presule di Locri-Gerace, nel ricordare il valore del perdono specificava -in un evidente confronto di disappunto con alcuni organi di stampa che il perdono è concesso, non a buon mercato, anche ai mafiosi, qualora questi si siano pentiti ed anche se poi dovranno “saldare il conto con la giustizia terrena, che è cosa diversa dal perdono cristiano e dalla riconciliazione con Dio”.
“Orbene – osserva la Intrieri – , nel bilanciamento degli interessi in questione non si può non rilevare che i minori che hanno letto e ascoltato la polemica attraverso gli organi di informazione- come soggetti in fieri- non siano dotati degli strumenti per comprendere in fondo la diatriba con la stampa o le diverse posizioni assunte e riportate in ordine al concetto di perdono religioso naturalmente distinto da quello della giustizia. Poiché la querelle non avviene in dialettica con i minori (che sono rimasti semplici spettatori di una polemica tra gli adulti di riferimento) è evidente che in assenza di una guida familiare adeguata,( come il caso di genitori di mafia che educano alla criminalità), detti spettatori vedano il loro diritto ad essere educati e ad avere una possibilità diversa dalla criminalità –diritto già negato dalle famiglie di origine- esposto ad una lesione, soprattutto se -stante l’assenza o pienezza degli strumenti di comprensione tipici dell’età adulta- non sono in grado di cogliere il significato vero dei concetti espressi dalle parti.”
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