Reggio Calabria. Non vi è dubbio che in quest’ ultimo decennio il Parco nazionale d’Aspromonte ha subito una involuzione nell’immaginario collettivo. Non sto qui certo a far polemiche sul perché e per quali motivi ci sia stata ,chiamiamola così,una caduta di tensione nella percezione dell’importanza della presenza di un parco,il nostro parco,sul territorio e del mancato sviluppo delle enormi potenzialità delle sue risorse. Da uomo di scuola, però,non posso non evidenziare come lo sviluppo di una coscienza ambientale costituisca la carta vincente per la realizzazione di interventi a lungo termine finalizzati alla protezione e al recupero del patrimonio ambientale e come in generale sia un fattore importante per la crescita del consenso necessario alle politiche per le aree protette. I luoghi in cui attuare il processo formativo degli studenti, ma anche degli insegnanti, sono sicuramente quelli del Parco e per diversi buoni motivi. Il primo è che l’educazione ambientale si fa, non si insegna, Gli alberi, gli animali, le rocce, i fiori non si possono solo insegnare: bisogna viverci in mezzo. Bisogna odorarli, guardarli, toccarli quanto è possibile, bisogna imparare a riconoscerli a sapere come vivono e di cosa hanno bisogno. Anche la differenza tra una attività compatibile e una che non lo è bisogna imparare a vederla, e cosa vuol dire gestire un parco e quanto costa. Il secondo motivo è che il parco costituisce il laboratorio privilegiato per attività di didattica e di divulgazione ambientale, il luogo nel quale la tutela dell’ambiente, la comprensione degli equilibri naturali, l’importanza di un approccio globale all’ambiente possono essere toccati con mano. Un terzo motivo sta nella necessità di qualificare l’area protetta rendendola centro di attività produttive e culturali compatibili con l’ambiente e nello stesso tempo in grado di garantire un reddito alle popolazioni locali. Questa condizione è indispensabile per aumentare il consenso delle popolazioni locali. Il parco è un sistema territoriale, in cui dentro ci stanno valori naturalistici, ambientali, culturali, della tradizione artigianale, della cucina, etc, cioè tutto l’insieme che rende questa zona particolare, che le dà una identità. Bene le popolazioni che rientrano nel Parco avvertono questa forte identità? Le comunità scolastiche la avvertono? Noi siamo uno strano Paese perché abbiamo difficoltà a riconoscerci in una unica identità. Nella scuola ciò non penetra con facilità, magari l’identità nazionale passa attraverso Dante e i grandi della letteratura, ma manca il resto. La scuola non comunica il senso dell’appartenenza ad una identità più ricca, articolata e storicamente radicata di quanto non sia in grado di rappresentare,sia pure nella sua qualità, la letteratura. E qui il Parco ha una sua potenzialità perché esso si costruisce intorno ad alcuni parametri di qualità che già riguardano l’identità del territorio. E questo è un altro elemento da tenere presente nel rapporto tra parco e sistema formativo. Ora se la partecipazione è una dimensione indispensabile alla qualità dei parchi, anche il rapporto con le scuole deve cambiare. Per le scuole che in particolare insistono nel Parco è importante recuperare la cultura della cura, ma come attenzione al vicino,a ciò che è mio in quanto res publica, cosa di tutti. Educare al cambiamento cambiando vuol dire costruire contesti educativi in cui l’azione sia parte integrante del percorso educativo. Ripulire insieme alla propria classe una pertinenza esterna alla scuola, sia esso un incolto, un giardino abbandonato, è una azione che rimane nella memoria del ragazzo, continua nel tempo a fare cultura. Quindi i percorsi che si devono costruire sul territorio, nel Parco, non sono solo di tipo informativo, scientifico, cognitivo, ma devono consentire ai ragazzi di fare esperienza in prima persona. Per le scuole nel Parco serve consapevolezza interna. Queste scuole non possono costruire il loro curricolo come una scuola di periferia urbana, sarebbe il fallimento dell’autonomia. Il parco deve entrare nel DNA di quella scuola, altrimenti sarà difficile convincere i ragazzi dell’utilità(ecologica, sociale, culturale, economica) del Parco. Questa consapevolezza passa attraverso la formazione degli insegnanti e attraverso la costruzione di una adeguata motivazione. In questo modo la scuola può diventare un soggetto attivo a condizione che sviluppi percorsi che affrontino i problemi del territorio, che facciano ricerca sul territorio. Così operando le scuole del Parco nel parco diventano una sorta di agenzia di promozione nel parco e per le scuole ad esso esterne. La raccomandazione che mi sento di fare al neocommissario del Parco d’Aspromonte,Antonio Alvaro,di cui riconosco la sensibilità verso i temi ambientali,per i quali ci siamo entrambi spesi in tempi passati e con ruoli diversi per la stesura dell’unico e solo protocollo d’intesa tra ex Provveditorato agli Studi e il Parco,è che lo stesso Ente si ponga in modo innovativo e globale l’attenzione alla qualità del sistema formativo operante all’interno e fuori dei confini dell’area protetta. Penso, per esempio, alla stessa riorganizzazione scolastica, che attualmente viene operata secondo criteri amministrativi che credo non abbiano mai tenuto conto dell’esistenza di una unità territoriale come quella del Parco diversa e integrata con quella dei Comuni e delle Comunità montane. E’ poi fondamentale la creazione di un laboratorio di educazione ambientale che diventi la fucina della conoscenza e delle attività progettuali delle scuole di ogni ordine e grado collegate al parco. Per le scuole fuori del Parco è importante che non ci si limiti al turismo educativo. Bisogna offrire opportunità di gemellaggio tra classi interne e esterne, finalizzate all’adozione di una area, alla riqualificazione e alla manuntezione di un’area(sentiero, monumento, piazzetta, panorama) in modo che la classe del parco, che ha già adottato quel sentiero, funga da tessuto connettivo e faciliti il passaggio di testimone da una classe cittadina ad un’altra. Concludendo , io credo che una visione condivisa e complessa dell’EA, come opportunità di innovazione pedagogica, progettuale, metodologica, un rapporto positivo con gli EELL, l’Associazionismo, il Parco, così come la collaborazione tra scuole di diverso ordine sia un reale punto di forza spendibile in termini di crescita complessiva del territorio.
Guido Leone
Ispettore Tecnico Usr Calabria