Bovalino. Il ricordo dello scrittore Mario La Cava, una vita “per scrivere, analizzare la Calabria”

Bovalino (Reggio Calabria). Ricordare la figura di Mario la Cava, lo scrittore di Bovalino che ha “speso la sua vita per scrivere, analizzare la Calabria”, una terra afflitta da mille problemi e tante contraddizioni,non è un dovere solo dei calabresi ma di quanti amano la letteratura italiana ed i suoi personaggi. La Cava, autore di grande originalità, amò il “Classicismo” ma fu anche sensibile alle nuove tecniche dello “Sperimentalismo”. E’ stato un uomo e uno scrittore socialmente impegnato che con la sua scrittura ha dato voce ai bambini, ai vecchi, alle donne e agli uomini soli. Il mondo di La Cava era un mondo pieno di sofferenza, di solitudine, di attenzione verso gli umili della sua terra. La voce di La Cava è stata imponente nella letteratura italiana, non solo calabrese del Novecento. I suoi libri esaltano i valori della cultura meridionale, sono concentrati nell’ambiente contadino calabrese e parlano con empatia di emarginazione e di sofferenza. Con Ettore Bruni, preside nei licei a Pisa, critico letterario e autore di testi scolastici abbiamo registrato una breve conversazione. Bruni, peraltro, ha profonde radici calabresi essendo nato nel Comune di Brancaleone. Egli non ha mai tagliato il cordone ombelicale con la sua terra natale e tutti gli anni vi ritorna a Brancaleone per trascorrere le vacanze estive insieme alla famiglia. Il prof. Bruni, durante il nostro colloquio, ci ha rilevato il fatto che la Casa Editrice Donzelli di Roma, una Casa Editrice ad alto livello internazionale, ha messo in cantiere una nuova edizione di tutte le opere di La Cava(molte delle quali già pubblicate dalla Einaudi). Bruni, nel corso della conversazione, ha ricordato, poi, che il primo libro dello scrittore bovalinese ad uscire nelle nuove edizioni Donzelli, è stato “La melagrana matura” a cura di Renato Nisticò, calabrese, bibliotecario della Scuola Normale Superiore di Pisa: una raccolta di racconti inediti scritti fra gli anni Cinquanta e Settanta, che La Cava aveva lasciato in un fascicoletto della rilegatura rudimentale a cartoncino, con annotato il titolo da lui stesso dato. “La Cava – osserva Bruni – che troppi hanno dimenticato, è lo scrittore capace di raffigurare le pene quotidiane, le solitudini dolorose, la difficoltà di “tirar su la famiglia”, sempre con il miraggio di “qualcosa” di un evento capace di capovolgere i ritmi dell’esistenza. Mario La Cava era l’intellettuale del sud rimasto al paese, con tutta la sofferenza, l’ingenuità, il sentimento dell’esclusione di chi viveva appartato, lontano dai grandi centri editoriali, anche se la Calabria può ora contare su case editrici di alto prestigio”. Il preside Bruni, continuando la sua analisi, ha evidenziato che “chi vorrà ricostruire la storia della Calabria dagli anni trenta agli anni settanta dovrà andare a cercare anche nelle pagine di La Cava”. Lo studioso calabro-toscano, a conclusione della conversazione, ha fatto notare che tra i piu’ autorevoli critici che hanno saputo mettere in rilievo le opere di La Cava nella letteratura non solo calabrese e farlo conoscere al di là dei confini della sua terra si sono stati lo scrittore Pasquino Crupi e il saggista Gianni Carteri, il primo di Bova Marina il secondo di Brancaleone. Carteri, infine, recentemente, ha regalato agli amanti della letteratura un interessante saggio dal titolo “Come nasce uno scrittore: omaggio a Mario la Cava”.

Agostino Belcastro

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