Reggio Calabria. C’è chi, dinanzi agli sviluppi della vicenda Colle ha, giustamente, messo in luce come non si possono far ingurgitare massicce dosi di antiberlusconismo viscerale, ad ogni piè sospinto, e dipingere l’avversario come il male assoluto, una specie di Belzebù in persona, e l’intero PdL come un partito ‘impresentabile’ perché affollato da criminali, mafiosi, truffatori, evasori fiscali, ladri e parassiti, e pensare che la pancia del proprio partito avrebbe potuto rimanere a riposo senza avere alcun rigurgito. La vicenda comunque, con la rivolta di centinaia di ‘grandi elettori’ che hanno affossato la scelta a Presidente della Repubblica di Franco Marini, che aveva realizzato una convergenza con il PdL, aprendo la strada ad un Esecutivo di scopo (riforme costituzionali, legge elettorale, lotta alla recessione, occupazione e riduzione fiscale), dimostra, al netto degli interessi di lotta interna, che solo l’antiberlusconismo è il collante che tiene assieme i pezzi che compongono il PD. E’ un partito, quindi, che non ha alcun interesse per la sorte del nostro Paese ‘incaprettato’ ormai da una situazione economica gravissima; che non è percorso da quel senso dello Stato che la sinistra dimostrò nella lotta al terrorismo e di cui si avrebbe estremo bisogno, oggi, per isolare e sconfiggere le forze che soffiano sul terreno dell’antidemocrazia (che l’iceberg grillesca denuncia); un partito che non dimostra lucidità di analisi per riuscire ad aggredire la recessione resa più acuta per la pressione fiscale aumentata considerevolmente in un anno di governo di tecnici presuntuosi e incapaci; un partito che è, infine, lungi dall’assumersi le proprie responsabilità. A nulla sono valsi gli appelli di Napolitano, a nulla gli accorati allarmi della Confindustria, a nulla le stesse richieste provenienti dall’Europa, per cui, scartato il buon Franco Marini, l’assemblea degli ‘eletti’ ha deciso, all’unanimità di puntare a far eleggere Prodi al Colle che è una scelta che sta in questa logica, anche perché Prodi è l’uomo che impersonifica lo scontro, la contrapposizione, la divisione. E’ l’uomo emblema dell’antiberlusconismo caricato, più che mai, da uno spirito vendicativo che è la sua caratteristica più conosciuta. Per salvare, formalmente, l’unità del partito Bersani ha piegato la testa ai ricatti interni avviandosi su una strada irta di pericoli per la stessa unità del PD, ma soprattutto per le sorti dell’intero Paese che rischia d’essere travolto dalle spinte qualunquistiche che non si combattono assecondandole ma rifiutandole nettamente ed emarginandole compiutamente. Ciò che lascia anche basiti, nell’intera vicenda, è l’atteggiamento di Renzi che da possibile leader di una sinistra a immagine europea, si è ridotto a tatticismi di piccolo cabotaggio qual è la scelta di sostenere Romano Prodi. Non so come finirà oggi pomeriggio la quarta votazione, ma , a naso, sarà difficile che l’Italia debba subire l’onta della divisione quando la casa brucia. Molto difficile che Prodi possa farcela. La Scelta Civica di Monti sceglie la Cancellieri, il PdL ha deciso di accodarsi, Grillo dice di sostenere Rodotà. Ma anche se Grillo dovesse optare per un ‘aiutino’, nel segreto dell’urna, bisogna vedere come si muoveranno le forze interne al PD, quelle che non ‘tollerano’ l’uomo delle ‘sedute spiritiche’, e come possano farsi sfuggire la possibilità di un vero e proprio ‘ribaltone’ interno teso a riportare il partito sul terreno della responsabilità. Se ciò non dovesse accadere, brutti tempi si presentano per l’intero Paese, e non solo per il clima da ‘guerra civile’ che potrebbe innescarsi, ma soprattutto per il superamento della crisi che rimarrebbe solo un’ipotesi scolastica, stante le posizioni dell’attuale gruppo dirigente del PD che pensa solo a realizzare una repubblica da polizia tributaria e fiscale.
Giovanni Alvaro