Di seguito pubblichiamo integralmente il comunicato stampa diffuso dall’avv. Aurelio Chizzoniti in merito all’ennesima puntata del caso Rappoccio: Se ho ben capito la ratio ispiratrice dell’ennesima, temeraria, improvvida ed autolesionistica sortita del benefattore pubblico e privato, al secolo Antonio Rappoccio, “primo degli eletti” (non importa come) al Consiglio Regionale della Calabria, io, nella qualità del primo dei perdenti (non importa come e perché), nei cui confronti il predetto missionario laico ostenta il famoso “vae victis” (già opposto ai Romani dal conquistatore gallico, Brenno, anch’egli esperto falsario ma in pesi e bilanciamenti), avrei commesso diversi errori anche sul versante del rispetto di Sua Maestà imperiale. Tale perché, comunque, eletto.
Il primo errore sarebbe stato quello gravissimo di aver osato informare il Presidente della Repubblica, On.le Giorgio Napolitano, in ordine alla persistente inerzia ministeriale nel cui contesto, ancora oggi, dopo oltre quaranta giorni dall’applicazione della misura cautelare, nessuno ha trovato il tempo per sospendere Rappoccio dall’esercizio delle funzioni Istituzionali; il secondo, ancora più grave, è quello di essermi rivolto al garante della Costituzione senza aver acquisito il placet del “primo degli eletti” (non importa come) che, per ciò solo, pretende di imporre al soccombente il celebre motto dell’Arma dei Carabinieri “usi obbedir tacendo e tacendo morir…”; il terzo, quello inemendabile, di aver arditamente rivendicato, nella qualità di “primo dei non eletti” (non importa come e perché), il seggio al Consiglio Regionale fraudolentemente conseguito dall’inimitabile teologo preposto, per investitura Teocratica, al governo delle agenzie per l’impiego in superiore composizione; il quarto: di perseguire il predetto obiettivo per esclusivi motivi di potere al contrario del “primo degli eletti” (non importa come), virtuoso filantropo da sempre al “disinteressato (dis)servizio” della collettività, “occasionalmente” atterrato a Palazzo Campanella, sede del Consiglio Regionale, per misericordiosi e non sacrileghi motivi politico-pagnottisti.
Ciò premesso confesso, nella speranza di essere redento, di aver capito poco o nulla dell’alto profilo ecumenico-pastorale di chi, danzando con impareggiabile agilità fra un peculato ed una truffa ordinaria, esibendosi altresì, con gelida disinvoltura, in pluricorruzioni elettorali aggravate ben domiciliate in un contesto associativo, continua a correre – plenis velis – spensierato ed in buona compagnia verso il precipizio. “Travestito” da pedagogo politico, a dir poco, nauseato e comunque felpatamente distaccato rispetto a chi (come me), infedele ed impenitente, invece vuole fare il Consigliere Regionale a tutti i costi confondendo il sacro con il profano.
Ne deriva che il Sig. Rappoccio sarebbe soltanto vittima delle circostanze che lo hanno spinto, senza che egli lo volesse, al Consiglio Regionale, alimentando l’anima di un nuovo esodo occupazionale nella storia della carità, scandita dal pagamento “volontario” del pizzo da parte dei disperati della disoccupazione che ha fruttato il modico importo di circa 20.000 euro.
In quest’ottica il “Totò” della situazione, in un ulteriore afflato di sacerdote della vita sociale e del lavoro, mentre mi propone per l’assegnazione del “San Giorgino d’Oro” (non più prestigioso per via di alcune recenti opinabili designazioni) non si accorge quanto egli sia meritevole della “nomination” per il “Truffaldino d’Oro”!
Conseguentemente io, appartenente al popolo bue, avrei tramato, organizzato agguati nelle Aule di Giustizia, depistaggi e quant’altro, trasformando, per mera bramosia di potere e con l’ausilio della stampa locale e nazionale, i gioielli della famiglia Rappocio (ex plurimis: Astrambiente, Alicante, Iride Solare, Sud Energia, gite fuori porta a Campo Calabro, Saline, Condofuri, San Lorenzo, ecc. ecc. ecc.), in veicoli, infidi e subdoli collettori di voti; laddove il mitico ed incompreso Rappoccio, fonte e culmine di tutta l’evangelizzazione elettorale, si è limitato soltanto a pianificare offerte spirituali attraverso pellegrinaggi ai venerati santuari di Lourdes, Fatima, Compostela, ecc. ecc. . Nella cui mistica cornice il seggio a Palazzo Campanella altro non è se non un incidente nel programmato percorso turistico-religioso che ha distratto il dispensatore di posti di lavoro dalle previste mete escatologiche costringendolo a trattenersi, suo malgrado, al Consiglio Regionale.
Per cui non mi resta che prendere atto dei madornali errori in cui sono perfidamente incorso ed attingendo a ben collaudate liturgie vaticane, recitando il più intenso dei “mea culpa”, avverto il dovere di comunicare “urbi et orbi”: “nunzio vobis gaudium magnum: habemus prophetam!” Appunto Antonio Rappoccio. Lo stesso, emulo del Marchese del Grillo, non solo non paga l’artigiano ebreo (i disoccupati), perché “io sò…io e tu non sei un…”, ma quando il falegname lo denuncia, egli, attraverso una vasta, diffusa e convincente opera di “sensibilizzazione” della Magistratura Vaticana (vizi atavici e senza frontiere) riesce addirittura a farlo condannare alla gogna! E’ questo il film che il signore delle cooperative farlocche sicuramente avrà visto.
A questo punto è tutto chiaro: il “Totò”, quello vero, appare un patetico principiante perfino quando rifila la fontana di Trevi all’ingenuo turista statunitense, al cui confronto il Totò (truffa), affrancato dalle schiavitù delle prebende regionali, invece tende sublimamente alla gloria futura. Qualcuno nutre ancora dubbi sulla vocazione di educatore consacrato alla truffa dell’incolpevole munifico, virtuoso dell’altruismo?
L’innocente predicatore è talmente sacrificato alla causa della diakonia laicale (anche se diversi organi giudiziari collegiali gli hanno detto, scritto e riscritto, che “non c’è trippa per gatti” fino a quando rischia di riesercitare le funzioni di Consigliere Regionale) non avendo nulla a che vedere con atteggiamenti “schettineggianti” stoicamente “resiste, resiste, resiste”. Perché non si abbandona la nave quando affonda! Per cui, con incontestabile, fiera quanto aristocratica dignità, parafrasando l’incoronato Napoleone, sembrerebbe esclamare: “Dio (truffa) me l’ha dato (il seggio) e guai a chi (Chizzoniti) lo tocca!”. Ammennicolo del tutto occasionale resta l’assegno di mantenimento pari a circa 2.000 euro, obolo che la parte offesa Regione gli eroga mensilmente con probabili proiezioni anche per la corresponsione di quello vitalizio. Più corretto di così!
Perché quindi dimettersi? Giustamente: hic manebo optime! E poi chi sostiene che Rappoccio abbia progettato tutto per essere eletto al Consiglio Regionale? Soltanto “il primo dei non eletti” (non importa come e perché) che, da quell’ignorantone che è, non conosce l’eterogenesi dei fini nel cui ambito, secondo il noto psicologo-filosofo empirico Wundt, emergono risultati e traguardi non intenzionali (Consiglio Regionale) prodotti da azioni intenzionali (Alicante e dintorni docent).
Così fra vizi privati ed improbabili pubbliche virtù (Rappoccio sul punto spiazza anche Tommaso Campanella), freddamente ostentate dal pio promotore e divulgatore dell’occupazione, lo stesso, confonde il rispetto per la Magistratura (mai messo in discussione) con quello che egli strumentalmente tributa ad uno sparuto, minoritario drappello di Magistrati. Gli stessi che hanno contribuito a vario titolo – in barba alle imponenti esigenze cautelari conclamate dal TDL ed ancora oggi integralmente sussistenti – alla sorprendente escarcerazione (sic!) dell’apologeta dell’occupazione. Semplicemente perché il predetto “aveva chiuso la segreteria politica subendo anche la sospensione dal partito” (doppio sic!). “Nigro notanda lapillo dies!” – (praticamente una giornataccia per la Giustizia). Fra gli stessi, spericolati autori della “badogliata”, secondo il Sen. Meduri (destra nazionale), ovvero del “pasticciaccio”, secondo Aldo Varano (PD), apprezzato giornalista, ai quali Rappoccio intona il te deum (ahi loro! Io mi preoccuperei!), c’è qualcuno che però ha subito l’avocazione della PG, senza impugnarla, ed appare assai probabile che, nella specie, si siano consumate livorose vendette anche con riferimento al caso Cisterna. Puntualmente avocato! Tutti, requirenti e giudicanti, a sezioni unite, hanno sottovalutato la tutt’altro che balneare presenza alla Procura di Reggio del non allineato, con gli schemi pregressi, Dott. Federico Cafiero de Raho. Capo dell’importante ufficio.
Concludendo, mi piace evocare Mons. Domenico Tardini, linguaccia romanesca, quando in una occasione sbottò: “E’ confortante che l’avvenire sia nelle mani di Dio, ma purtroppo il presente è nelle mani dei farabutti!!!”. Quelli che pretendono di essere santificati in vita al contrario della defunta, volenterosa dilettante Madre Teresa di Calcutta che è ancora in stand by.
Aurelio Chizzoniti