Il sen. Nico D’Ascola, membro della Commissione Giustizia e della Giunta per le Autorizzazioni di Palazzo Madama, ha rilasciato la seguente dichiarazione sulla crisi mediorientale: “La drammatica vicenda siriana riapre l’eterno e non risolto dibattito sulla pace. Inutile osservare che nessuno può oggi negarne il valore assoluto come anche la necessità di difenderla.
Tuttavia, così posto, il tema della pace non terrebbe conto di quanto accade in Siria. Lì la guerra, una cruenta guerra civile è già in atto da due anni. Con il peso insopportabile di centomila morti, per di più prevalentemente civili innocenti. Purtroppo, tra questi, molti bambini. E’ chiaro che a questo rilievo si può replicare che difendere la pace oggi significa evitare “l’escalation” della guerra. Nessuno può però seriamente sostenere che, di fronte alla minaccia di un intervento americano, chi adesso parla di pace abbia mai fatto qualcosa di serio per far cessare la guerra.
A me pare che nessuno dei protagonisti della politica mondiale abbia davvero difeso efficacemente la pace da un’atroce guerra civile. Non si può infatti trascurare che non avere sinora fatto nulla di concreto per impedire questa guerra ha significato agire contro quella stessa pace che oggi si reclama. E’ tristemente sintomatica, al riguardo, la posizione dell’Onu, ora utilizzato come alibi, dato che si è da tempo posto in una posizione crepuscolare e rinunciataria.
Se le cose stanno così risulta evidente che difendere oggi la pace, senza avere ieri impedito la guerra, rappresenta una posizione politicamente ipocrita. Ma non basta, perché la questione denota anche ulteriori e diversi aspetti. Assad, oltre al resto, ha usato i gas nervini, ossia armi di distruzione di massa, peraltro contro una inerme popolazione civile.
Circostanza questa che nessuno può seriamente ritenere irrilevante per una comunità internazionale, che intenda difendere l’ordine mondiale e abbia chiara l’idea di cosa si intenda per crimini contro l’umanità. Se l’etichetta comunità internazionale ha ancora un senso, i maggiori Paesi dovrebbero porsi il problema di impedire che un tiranno possa impunemente uccidere degli innocenti, a tal fine anche utilizzando strumenti efficaci per punirlo. Lo strabismo etico e la doppiezza metodologica delle istituzioni sovranazionali sono sotto gli occhi di tutti. In questo caso chi si limita a dire di volere la pace altro non fa che tollerare le stragi con l’uso di gas nervini.
Né, ad escludere una simile eventualità, che le ben informate fonti americane hanno documentato con riferimento a ben undici episodi, possono bastare le frammentarie dichiarazioni di Quirico e Piccinin, ancora non verificate, ma che in ogni caso non escludono gli eccidi attribuiti al dittatore siriano.
Se l’auspicata soluzione non dovesse consistere nel pur limitato e selettivo intervento armato proposto dagli Stati Uniti, al quale ben difficilmente sarebbe conseguito uno scontro di maggiori dimensioni, ma in quella alternativa e non cruenta suggerita dalla Russia, storico alleato di Assad, il dato di fondo resterebbe comunque invariato.
E’ chiaro, infatti, che la comunità internazionale non può più limitarsi a reclamare astrattamente la pace, restando alla finestra. Insomma, anche in questa occasione, la mancanza di idee e di personalità nella politica internazionale, il prevalere degli interessi e degli egoismi di molte nazioni, la mancanza di una spiccata voglia di esporsi che sconfina nella viltà, hanno indotto la comunità internazionale a “lavarsi le mani”. Possiamo avere torto, ma perlomeno dobbiamo tutti convenire che nel concetto di pace non si può includere il desolante spettacolo dei morti per l’uso del gas Sarin”.