Trapani. Nel quadro delle attività istituzionali tese all’aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati dalle organizzazioni criminali, la Direzione Investigativa Antimafia di Trapani ha sequestrato beni per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro.
Il Tribunale di Trapani – Sez. Misure di Prevenzione, rende noto un comunicato stampa della Dia che qui pubblichiamo integralmente, accogliendo la proposta di misura di prevenzione patrimoniale avanzata d’iniziativa dal Direttore della Dia, ha disposto il sequestro dei beni riconducibili a Giuseppe Montalbano, 44 enne, di Alcamo (TP), imprenditore nel settore edile, ritenendo ricorrenti, a carico dello stesso, i presupposti richiamati nel combinato disposto degli artt. 4, comma 1, lett. a) del D.lgs. 159/2011, in quanto:
indiziato di appartenenza all’associazione di tipo mafioso, di cui all’art. 416 bis c.p., denominata “Cosa nostra”, operante nella provincia di Trapani;
titolare, anche per interposta persona, di beni in valore sproporzionato al reddito dallo stesso dichiarato ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche, ovvero all’attività economica svolta.
Circa la personalità del proposto, incontrovertibili risultanze giudiziarie consentono agli inquirenti di inserire Giuseppe Montalbano nel novero dei soggetti indiziati di appartenenza ad una associazione a delinquere di tipo mafioso.
Al riguardo, basti ricordare che con sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (artt. 444, 445 c.p.p.) del giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Palermo, divenuta irrevocabile il 29.06.2000, Giuseppe Montalbano veniva condannato per violazione delle disposizioni sul controllo delle armi continuato in concorso (art. 81, 110 c.p. e art. 2 L.02/10/1967 n. 895, fatti commessi fino al 15.01.1993) ed associazione per delinquere di tipo mafioso continuato (art. 81, 416 bis comma 1 c.p. ).
In data 10.01.2002, attingendo alla cospicue risultanze probatorie emerse nel corso del procedimento giudiziario che lo aveva visto prima indagato, poi imputato ed infine condannato, il Procuratore della Repubblica di Trapani aveva avanzato nei confronti di Giuseppe Montalbano una proposta di applicazione, ai sensi dell’allora vigente legge 31 maggio 1965, nr. 575,m della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di p.s. con l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale.
Giuseppe Montalbano è figlio di Pietro, anziano uomo d’onore della “famiglia” mafiosa di Alcamo (TP), nonché nipote di Nunzio Montalbano, cl.1943, indiziato mafioso ucciso in Alcamo (TP), la sera del 26.04.1991.
Il Montalbano era ritenuto fiancheggiatore nonché prestanome di latitanti alcamesi, inserito nella cosca capeggiata dall’allora noto capo mafia alcamese, Vincenzo Milazzo, classe 1956 (ucciso nel 1994 insieme alla fidanzata Antonella Bonomo).
Sul finire degli anni 90’, la Dia ha condotto una articolata indagine avente ad oggetto proprio l’agguerrito sodalizio mafioso operante nel mandamento di Alcamo (TP), cui fanno capo le “famiglie” di Alcamo (TP), Castellammare del Golfo (TP) e Calatafimi (TP), alimentata, in massima parte, dalle propalazioni di alcuni collaboratori di giustizia tra cui Giuseppe Ferro, Vincenzo Ferro, Armando Palmeri ed altri.
A conclusione delle suddette indagini, il G.I.P. presso il Tribunale di Palermo, nella persona del Dr. B. Fasciana, ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, nr. 3519/ 97 R.G.N.R. e nr.491/98, a carico di 43 soggetti, indagati a vario titolo per una serie di efferati delitti tra, cui l’associazione per delinquere di stampo mafioso, omicidi, sequestro di persona, estorsioni, riciclaggio di denaro di provenienza illecita, danneggiamenti, detenzione e porto illegale di armi.
Tra i destinatari del predetto provvedimento restrittivo, oltre ad alcuni esponenti di primissimo piano della cosca, posti al vertice dell’organigramma mafioso, ispiratori di quelle strategie criminali che hanno insanguinato, per più di un decennio il territorio della provincia trapanese, vi era anche Giuseppe Montalbano, tratteggiato come soggetto di particolare valenza strategica per l’organizzazione, a cui “cosa Nostra” affidava compiti di supporto logistico a latitanti e l’esecuzione di danneggiamenti finalizzati all’attività estorsiva.
In particolare, a Giuseppe Montalbano veniva contestato di aver predisposto quanto necessario per garantire rifugio ed assistenza a vari appartenenti all’organizzazione “cosa nostra”, al tempo latitanti, tra cui Vincenzo Milazzo, Antonino Alcamo, Pietro Interdonato e Vito Di Liberto, fungendo da tramite tra costoro ed altri appartenenti all’organizzazione mafiosa, per il recapito di messaggi, fornendo agli uomini d’onore, anche di propria iniziativa, informazioni e notizie comunque utili al perseguimento dei fini dell’associazione “cosa nostra”.
In occasione dell’arresto dei latitanti Vincenzo Melodia, Antonino Alcamo, Pietro Interdonato e Vito Orazio Di Liberto, avvenuto in Calatafimi (TP) nel 1993, veniva rinvenuto un cellulare che si accertava avere avuto numerosi contatti telefonici con un cellulare in uso a Giuseppe Montalbano.
Inoltre, Giuseppe Montalbano veniva ritenuto responsabile, unitamente ad altri accoliti, di un attentato incendiario dell’abitazione di un sottufficiale della Guardia di Finanza e di aver illegalmente detenuto, e portato in luogo pubblico, tre candelotti esplosivi avvolti con nastro adesivo con innesco formato da miccia catramata, innestata all’interno di un pacco.
Sotto il profilo patrimoniale, il Tribunale di Trapani – Sez. M.P. – ha ritenuto illeciti i flussi patrimoniali e finanziari, accogliendo appieno la rilevanza macroscopica, accertata dalla Dia, di sperequazione patrimoniale in capo a Giuseppe Montalbano.
Il sequestro ha interessato ditte individuali e società di capitali, appezzamenti di terreno, fabbricati, veicoli industriali, autovetture e disponibilità finanziarie.
In particolare, con l’operazione odierna, sono stati sequestrati:
- 8 appezzamenti di terreno;
- 38 fabbricati di recente realizzazione;
- 7 autoveicoli/autocarri/betoniere;
- 3 compendi aziendali;
- 7 quote societarie;
- 10 deposti bancari;
- 3 polizze assicurative.
Il valore complessivo dei beni in sequestro è stato stimato in oltre 10 milioni di euro.