Reggio Calabria. Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di un cittadino che ieri ha seguito dall’inizio alla fine i lavori al centro di accoglienza per i migranti allestito al Palazzetto dello Sport di Pellaro e che ha chiesto di restare anonimo:
Questa volta non sarà Reggio Calabria centro ad accoglierli, ma la frazione di Pellaro. La notizia trapela in sordina e subito travolge il sopito orgoglio dei pellaresi che hanno sempre coltivato il sogno della ritrovata autonomia. Non sono “reggitani”, sono “pellaroti”: Pellaro non è un quartiere a sud di Reggio, è un ex Comune. E come tale si è comportato poiché, in piena autonomia di fatto, attraverso il solo passaparola, ha organizzato in due ore una task force di pediatri, di medici, di farmacisti, di volontari di ogni estrazione. E in più c’è la gente semplice che passeggiando sul lungomare ha notato lo spiegamento inusuale delle forze dell’ordine attorno al Palazzetto dello Sport, già chiuso per inagibilità, e subito reso agibilissimo con tanto di docce e bagni perfettamente funzionanti. Dietro la costruzione si stende un piccolo parco dei divertimenti, che abbraccia insieme il Palazzetto e la struttura della Lega Navale Italiana, il cui presidente, Dott. Caratozzolo, pediatra, ha lanciato l’allarme ai colleghi una volta saputo che il carico umano in arrivo vantava la presenza di ben 79 bambini molto piccoli (poi saranno 45 circa); considerato però che gli adolescenti fino a 16 anni sono di competenza pediatrica, può darsi che il numero di 89 sia esatto. Con due ore di ritardo sul previsto, circa alle 21, arrivano gli autobus dal porto di Reggio Calabria. Il primo, trasporta esclusivamente donne e bambini. I pellaresi in attesa non sono tantissimi ma sono già arrivati da ore con i pacchi pieni di vestiti e generi di prima necessità. L’emergenza, in questi giorni è diventata ordinaria amministrazione: Lampedusa, Malta, Porto Empedocle sono da naturalmente allertate per la loro posizione geografica ma dopo una settimana di notizie sempre più drammatiche sugli sbarchi, la gente di Pellaro ha reagito con l’immediatezza e la naturalezza di chi sa accogliere non per dovere ma per naturale inclinazione. Tutti attendono con calma e trepidazione i nuovi ospiti, come amici che non si vedono da tanto tempo, con commozione particolare dal momento che la notizia nella notizia è la presenza massiccia di bambini piccoli. Ed è così che i piccoli scendono dagli autobus, attesi e accolti; qualcuno persino sorride. Mancano i baci e gli abbracci, ha il sapore di una forzatura non esprimere calore con un gesto di saluto; tanto è tutto irrealmente normale. Da questo momento tutto si svolgerà come in un film. Scendono per primi due bambini che si tengono per mano, uno di circa 12 anni e uno più piccolo di circa 7; tranquilli, intimiditi, meravigliati dai colori pastello del Palazzetto, zaino in spalla. Sentono gli sguardi su di se, sguardi colmi d’affetto per chi – è stato detto – forse ha subito lo strappo dai genitori proprio a causa del mare. Seguono gruppetti di ragazzine in jeans attillati, felpe e maglioncini, zainetti in spalla e velo sulla testa; si stringono fra di loro, come le adolescenti che incontriamo sul Corso sussurrandosi parole da vicino. Qualcuna si lascia andare ad un sorriso sornione, rivolto al pubblico, e subito ricambiato. Ed ecco madri giovani, nonostante gli abiti tradizionali che le invecchiano e con i bimbi, due o tre per ciascuna. Dignitose e forti, stanchissime ma molto presenti con i bambini, affettuose come chiocce che non perdono mai la conta dei loro pulcini. E arriva lui, prende la distanza tra chi lo precede e chi lo segue: età fra i nove e i dodici anni, jeans, giubbottino catarifrangente verde acido, zaino in spalla, la mano sinistra in tasca, e la destra tesa a stringere, ad una ad una, le mani inguantate di lattice degli uomini in mascherina e in divisa. Gesto lento su cui l’ometto indugia con soddisfazione, rendendo e ricevendo onore e riconoscenza. Insieme alla gente, che era rimasta per conoscere da vicino il bestiario umano, i volti del dolore, i disperati, i diseredati, quelli respinti, non voluti, i cattivi per bisogno, ho avuto subito il senso della fregatura: ho ricevuto una schiaffo dalla dolcezza premurosa della mamme, dall’allegria delle adolescenti, e ora quest’ometto, sì, è davvero troppo. No, non ho sbagliato indirizzo forse sono dentro un’allucinazione qui non c’è uno sbarco di profughi, c’è una lezione di civiltà senza pari, c’è un’amabilità in ogni gesto, che in Italia abbiamo dimenticato. C’è l’odore buono della dignità, della compostezza, della signorilità oso dire. E non riesco a trovare termini giusti per descrivere cosa accade a noi – i buoni e i giusti – dietro le transenne. Molti di noi piangono, ammutoliti e commossi, grati a queste persone che con la loro non disperazione, non ci hanno rovinato la domenica. E finalmente salta fuori il bimbo scalzo e in canottiera, il volto triste della vicenda che tanto cercavamo e che ci riporta alla realtà. E scatta la corsa al telefonino, alla chiamata ad amici e parenti per avvertire del bisogno. Scatta, tra un autobus e un altro, la caccia al volontario per saperne di più: chi sono, da dove vengono, cosa serve, cos’è urgente. E tutti raccontano tutto di altre esperienze, di altri sbarchi, di piccole sapienze, piccole conoscenze di usi e abitudini e comportamenti tipici dei vari blocchi di migranti incontrati in altre occasioni. E la gente ascolta, curiosa, affamata di notizie, grata di scene che sanno di giustizia. Il secondo autobus contiene già qualche uomo: è quasi sempre il padre di una famigliola. Il terzo ed il quarto contengono solo uomini che scendono disciplinati, in fila, molti i giovani, sotto la trentina, bellissimi, l’incedere un po’ dinoccolato, tipico dell’altleta alto di statura. Loro sì, sono un po’ più scuri in viso, scuri d’umore. Anche curati nel vestiario: jeans e giubotto di pelle o simile. Il Palazzetto dai colori pastello fagocita anche gi ultimi ospiti: non li vedremo più. Il nostro egoistico incanto si infrange.
Valorizzare i beni confiscati, accelerando i processi di assegnazione e utilizzo
Milano - Valorizzare i beni confiscati presenti in Lombardia, mettere a sistema ogni informazione utile ad accelerare i processi di...
Read more