“Se sarò costretto ad abbandonare la mia terra non sarà per paura, ma perché lo avranno voluto le istituzioni”. Il calvario di Bentivoglio alla Commissione contro la ‘ndrangheta

Reggio Calabria. Riportiamo di seguito la relazione integrale presentata questa mattina da Tiberio Bentivoglio nel corso dell’audizione alla Commissione regionale contro la ‘ndrangheta. Tiberio Bentivoglio, testimone di giustizia e titolare della Sanitaria Sant’Elia, è stato uno dei primi commercianti ad aver denunciato a Reggio Calabria i tentativi di estorsione ai suoi danni. Nemico della ‘ndrangheta locale, ha subito diversi attentati, tra questi un tentato omicidio che gli ha procurato un danno alla gamba. Un calvario lungo vent’anni che lui stesso ha riassunto nel documento che segue:

Sono Tiberio Bentivoglio, 34 anni fa, insieme a mia moglie ho avviato una attività per la rivendita di articoli sanitari e prodotti per la prima infanzia, denominata “Sanitaria S Elia”. Sin dall’inizio il fatturato della mia piccola azienda è stato in continua crescita, tanto che il giro d’affari mi ha permesso di assumere diversi dipendenti e di ingrandire più volte la superficie di vendita, ma tutto questo è stato interrotto circa 20 anni fa e precisamente all’inizio del ‘92”. Era appena terminata la seconda guerra di ‘ndrangheta, e la mia fiorente impresa apparve come una facile preda alla criminalità, alla quale con determinazione e senza mai pentirmi mi sono opposto, e per questo motivo sono stato più volte punito. Infatti, la mia attività è stata oggetto di numerosi e devastanti attentati di evidente matrice estorsiva e intimidatoria, da me sempre denunciati: ho infatti fornito e continuato a garantire la più ampia collaborazione alle autorità inquirenti. Gli eventi delittuosi diretti contro il mio negozio, ai quali nel tempo si sono aggiunti numerosi episodi di esplicita minaccia epistolare e telefonica rivolti sia a me che a mia moglie, hanno cagionato il progressivo nostro indebitamento e una rilevante perdita dell’avviamento commerciale. Furti, incendi, bombe e distruzione di automezzi, hanno messo in crisi la mia piccola ma sana azienda. I numerosi clienti di un tempo sono svaniti: per paura di farsi vedere nel mio locale, per lo scarso rifornimento di prodotti a cui sono stato costretto a causa dei tempi troppo lunghi che sono trascorsi prima di ricevere i risarcimenti spettanti per legge, per la netta chiusura che le banche hanno adottato nei miei confronti – infatti non usufruisco più di alcun affidamento – né di elasticità da parte degli istituti di credito, per giunta i fornitori oggi pretendono pagamenti anticipati o assegno allo scarico della merce. Anche per loro sono diventato un cliente a rischio. Nei procedimenti penali dove sono stato riconosciuto parte offesa non ho esitato a costituirmi parte civile e anche per questo sono stato più volte minacciato e intimidito, non è questa la sede per nominare i mafiosi da me denunciati assieme ai personaggi che hanno cercato di ostacolare la mia scelta di vita testimoniando il falso: i giornali ne hanno date ampie notizie sottolineando più volte la pericolosità dei soggetti con cui mi sono dovuto e mi devo confrontare, dal momento che ancora vi sono dei procedimenti in atto mentre altri devono cominciare. Tre anni fa, in seguito alla condanna in primo grado di alcuni malavitosi da me accusati, sono stato vittima di un tentato omicidio. Gli autori tuttora restano ignoti, mentre io continuo a trascinarmi su una sola gamba dal momento che l’altra riporta lesioni permanenti causati dai proiettili che mi hanno colpito, uno dei sei proiettili, quello probabilmente fatale, è stato trattenuto dal marsupio di cuoio che portavo a tracolla sulle spalle. Terminata la degenza fatta in parte in ospedale, mi è stato assegnato un dispositivo di tutela, per questo motivo oggi vivo con due carabinieri al fianco. Anche per quest’ultimo e grave evento doloso ho presentato prontamente domanda per l’accesso al fondo di solidarietà alla Prefettura di Reggio Calabria, poiché come avevo già fatto per gli eventi precedenti, mi sono messo a disposizione delle Autorità Giudiziarie riferendo fatti e particolari di cui ero a conoscenza, cercando di agevolare più possibile l’attività di indagine da parte degli inquirenti. In conseguenza a tali condotte lesive la mia attività ha subito un’ulteriore e notevole battuta d’arresto, e ai danni economici si sono aggiunti quelli psicologici e fisici scaturiti dal ferimento, gli stessi disturbi mentali si sono riversati anche sull’intera famiglia, pregiudicando quindi, non solo il lavoro ma anche la vita di relazione. Vivo in un continuo stato di allarme e di tensione. E per questo, con urgenza, ho chiesto in base alla legge 44/99 un aiuto allo Stato per poter far fronte anche al pagamento dei debiti contratti con i dipendenti, con i fornitori, col proprietario dell’immobile dove ha sede la mia attività, nonché quelli verso l’Inps, con l’Agenzia delle Entrate, col Comune e con la Regione Calabria. Sono trascorsi quasi tre anni, ed ancora non ho ricevuto neanche un centesimo. Tutti i ritardi dovuti al farraginoso e confuso iter hanno provocato non solo la completa paralisi del mio negozio, ma un ulteriore accumulo di debiti e per questo Equitalia ha provveduto prontamente ad ipotecare il mio bene immobile, peggiorando e accrescendo la già faticosa situazione di tutta la mia famiglia. Oggi con i miei familiari condividiamo ansia e preoccupazione: da un momento all’altro la mia casa potrà essere venduta all’asta: proprio ieri è iniziato il procedimento contro di noi per lo sfratto dai locali adibiti a negozio il cui canone da diversi mesi non riesco più a rispettare. E sempre oggi mi trovo senza la possibilità di pagare i debiti per riscattare la mia casa, quindi senza soldi, senza lavoro e senza una famiglia serena, i miei figli aspiravano ad ereditare una impresa sana e legale che avevo creato con grandi sacrifici, invece oggi sono disoccupati perché l’attività lavorativa familiare è ormai una chimera e per questo che tantissime volte ho cercato una sistemazione per loro, ma come senza dubbio comprenderete, a chi si è opposto al sistema mafioso in questa città si chiudono facilmente le porte. Nonostante i ripetuti solleciti e le richieste di informazioni sullo stato della mia pratica, non sono tutt’oggi riuscito a capire il perché di questi ritardi, gli ostacoli e le difficoltà che ho incontrato presso gli uffici preposti, sia a Reggio Calabria che a Roma, hanno determinato una paralisi assoluta della mia azienda, la quale già dalla scorsa settimana è stata messa in liquidazione. Per tutto questo provo una forte rabbia e una immensa delusione.
In seguito all’ultimo attentato subito, sono dovuti trascorrere due anni prima di essere sottoposto a visita medica da parte del CMO, mentre la stessa richiesta fatta da mia moglie per altrettanti gravi disturbi psicologici, peraltro largamente certificati anche da struttura pubblica, non è stata mai presa in considerazione, ho provveduto più volte a sollecitare queste pratiche ma sempre con esito negativo.
Quando ho deciso di denunciare mi sentivo un uomo forte, certo d’aver fatto la scelta giusta, non sono scappato neanche dopo che hanno tentato di uccidermi, continuo a combattere, cercando anche di convincere altri commercianti a denunciare, sperando che il mio esempio diventasse contagioso, ma non è stato così, un mio collega un giorno mi disse: “preferisco continuare a pagare, perché temo di fare la tua stessa fine, il mio negozio bene o male ancora resiste e riesco a campare la mia famiglia”. Non scorderò mai queste parole così crude ma altrettanto vere. Perché accade questo? Perché lo Stato non riesce o non vuole creare esempi positivi, chi denuncia viene completamente abbandonato, chi come me lo ha fatto è diventato un peso, un fastidio e a volte rischiamo di passare per arroganti, disturbando con le nostre richieste di aiuto. Preferisco subire altri attentati, ma mai, che i miei diritti possano essere definiti come “favori”.
Io sto combattendo anche contro il deserto, la terra bruciata, che i mafiosi ad arte hanno creato intorno. E’ un isolamento pesante, difficile da vincere, ma non perché sono stati i malavitosi a volerlo. La verità è un’altra: siamo davvero tanti ad appartenere alla società civile, ma ancora distanti dal diventare responsabili e questa è la ragione per la quale i negozi dei mafiosi e dei loro prestanome prosperano sempre di più.
E lo Stato che si preoccupa di sostenere la cultura alla legalità, non può sentirsi assolto solo perché promuove qualche iniziativa nelle scuole. I convegni, le fiaccolate e i cortei contro i criminali non possono bastare.Io spero di ricevere immediatamente quello che mi spetta per riattivare ancora una volta la mia azienda, ma se un giorno sarò costretto ad abbandonare la mia terra non sarà per paura, l’avrei fatto prima altrimenti. La fuga l’avranno voluta le istituzioni, con la loro assenza. Assieme alla mia famiglia e con l’aiuto dei nostri collaboratori abbiamo sempre resistito, cercando di ripartire, basta pensare che dopo uno dei tanti attentati subiti che ha visto la completa distruzione del mio negozio dovuta ad un incendio, abbiamo continuato a vendere in mezzo alla strada come se fossimo dei venditori ambulanti e davanti alle serrande bruciate cercavamo di accontentare i clienti vendendo loro le poche cose rimaste e prelevate dal nostro deposito. Il mio nome è iscritto alla centrale rischi della Banca d’Italia perché sono stato protestato, mentre mia moglie, titolare dell’azienda, è stata già condannata per appropriazione indebita non avendo potuto pagare i contributi ai dipendenti, perché abbiamo preferito, fino a quando è stato possibile, dare loro lo stipendio. Ecco, noi stiamo rischiando di andare in galera, mentre chi mi ha messo le bombe, chi mi ha bruciato il negozio e chi mi ha sparato, ancora sono liberi o in attesa di giudizio. Già in passato ho chiesto aiuto a tutte le autorità, dal Sindaco di questa città al Presidente della Repubblica, passando per tutte le cariche Istituzionali, nessuna risposta, e tornata indietro solo la cartolina postale che mi dava conferma dell’avvenuto ricevimento, questa volta di certo non accetterò nessun rimando. Cercherò a tutti i costi di far valere i miei diritti, la mia storia e le ragioni per le quali la mia azienda chiuderà, diverranno di certo una vicenda pubblica con l’aiuto di tutti gli organi di stampa e delle televisioni. Per tutto questo chiedo il vostro interessamento affinché possiate prendere in considerazione e con urgenza tutto ciò che è di vostra autorità e competenza, ma nello stesso tempo desidero che vi facciate portavoce ai Deputati e ai Ministri preposti, quali potrebbero essere quelli della Commissione Parlamentare Antimafia finalmente eletti, o ancora meglio al Ministro Alfano che ha sottolineato qualche giorno fa: “Non c’è sviluppo senza repressione alla criminalità”. Ecco appunto, io con la mia scelta un po’ di impedimento alle mafie l’ho dato, ma purtroppo senza ottenere alcuno “sviluppo”.
Mi auguro che queste urgenti necessità potranno essere discusse in Parlamento, perché chi come me si trova in trincea, chi come me ha pesantemente subito la ‘ndrangheta e ha lottato e lotta contro di essa, chi come me, nonostante l’avvenuto collasso economico, è così onesto da non rivolgersi neanche agli usurai, oggi più che mai dallo Stato pretende fatti non parole, impegni e non promesse.

Per questo chiedo che possiate prendere in considerazione i seguenti punti:
– Esenzione dai tributi regionali (tassa automobilistica, addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche-Irpef, imposta regionale sulle attività produttive – Irap, addizionale regionale all’imposta di consumo sul gas metano usato come combustibile -Arisgam, tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, imposta regionale sulle concessioni statali dei beni demaniali e del patrimonio indisponibili, tasse di concessione regionale-Tcr, tassa per l’abilitazione professionale, tassa per il diritto allo studio universitario, tassa fitosanitaria Bollo di circolazione) per chi denuncia estorsione, usura e per i testimoni di giustizia.
– Cancellazione delle ipoteche sui beni immobili denuncianti e testimoni di giustizia. Solo così le banche possono concedere prestiti o mutui oppure ristabilire l’affidabilità al cliente in difficoltà.
– Diritto all’assunzione per chiamata diretta presso l’amministrazione regionale o enti e società strumentali o controllati per il denunciante, il testimone di giustizia ovvero, in alternativa, per il coniuge o per i suoi figli.
– Debiti nei confronti di Equitalia o di altre società di riscossione. Per sanare i debiti che la vittima ha prodotto potrebbe intervenire il fondo di solidarietà o predisporne uno all’uopo, poiché l’imprenditore si trova in passivo perché è stato vessato e intimidito, non per altri motivi.
– Attuazione immediata delle Leggi regionale nn. 3 e 5 del 2011 e n. 31/2008 e individuazione delle risorse per garantirne il funzionamento.
– Video sorveglianza degli obiettivi sensibili, anche attraverso il sovvenzionamento o la previsione di agevolazioni fiscali per l’installazione. Si è spesso parlato di una simile misura, ma non è stata mai attuata.
– Prevedere la possibilità per un rappresentate della Regione o della Commissione regionale anti ‘ndrangheta di monitorare e presentare osservazioni sui procedimenti amministrativi avviati in attuazione delle leggi a sostegno delle vittime di usura, di estorsione, della criminalità organizzata e dei testimoni di giustizia, sia presso le Prefetture sia presso il Comitato di solidarietà nazionale.
– Possibilità per l’imprenditore denunciante o testimone di giustizia di usufruire, con priorità, di un bene sequestrato o confiscato per poter riorganizzare l ‘attività distrutta o danneggiata dalla criminalità organizzata.
– Condizioni di maggior favore per il rilascio del certificato Durc. Avere diritto al suo rilascio, nella misura in cui i contributi non pagati siano da mettere in relazione al danno sofferto per mano della criminalità organizzata.
– Creazione di un fondo regionale per le vittime che possa intervenire anticipando l’elargizione governativa e fornire un pronto intervento per riavviare l’attività imprenditoriale.
– Costituzione di parte civile della Regione e di enti e società strumentali o controllati a sostegno delle vittime della criminalità organizzata
Costituzione dei suddetti enti in maniera non meramente formale, ma prendendo attivamente parte al processo, nell’interesse della persona giuridica ma anche a sostegno della vittima persona fisica presente in aula. Effettiva deve essere l’esecuzione delle condanne al risarcimento ottenuto.

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