Reggio Calabria. Ma i militari dell’Esercito che ci sono a fare? La domanda, più che legittima, rimbalza di bocca in bocca alla notizia della bottiglia contenente nafta rinvenuta stanotte davanti al portone della Procura Generale della Repubblica, in via Cimino. Quello stesso portone che fu letteralmente scardinato, nel 2010, quando due persone a bordo di uno scooter Honda Sh 300 fecero scoppiare una bombola di gas con innesto al tritolo davanti all’entrata della Procura Generale. Era il 2010, e da allora la zona è presidiata h24 dall’Esercito italiano. Una presenza “discreta”, l’aveva definita il prefetto dell’epoca, Luigi Varratta, quando chiese l’invio dei militari in città. E loro discretamente, in mimetica e mitra tra le mani, dal 2010 stazionano davanti alla Procura Generale, alla vicina Corte d’Appello, al Cedir, sede del Tribunale e della Procura, oltre che davanti casa di magistrati. Esattamente davanti alla Procura Generale no, il loro automezzo verde militare è parcheggiato una ventina di metri prima del portone, più vicino in linea d’aria al portone della Chiesa degli Ottimati. Che abbiano sbagliato portone da sorvegliare in tutti questi anni? Sicuramente no, ma intanto con stanotte è già la seconda volta che il portone della Procura Generale è oggetto di allarme bomba, da quando ci sono i militari. L’altra volta è successo nel 2011, quando fu rinvenuto un borsello vuoto. Allarme cessato non appena si appurò che il borsello era vuoto, ma oltre al danno la beffa, quel borsello era stato lanciato lì davanti al portone della Procura Generale da due stranieri che fuggivano via dopo avere rubato il borsello e averlo svuotato del contenuto. Anche quella volta, sotto il naso dei militari.
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