L’inchiesta Agi: vino di Cirò imbottigliato in Veneto, produttori preoccupati

Catanzaro. E’ uno dei marchi pregiati della vitivinicoltura calabrese; un vero e proprio simbolo delle produzioni agricole locali. Si tratta del vino Cirò, ricavato da un vitigno che prende il nome dal centro del Crotonese in cui è coltivato. Secondo un’inchiesta condotta dall’Agi le più recenti disposizioni comunitarie ne hanno allargato l’ambito di imbottigliamento oltre i confini regionali e così è possibile trovare nei supermercati bottiglie di Cirò confezionate in Veneto. Per gli addetti ai lavori non è una sorpresa, ma resta il timore che estendere l’ambito di confezionamento comprometta la qualità. “E’ – dice all’AGI il presidente della Coldiretti della Calabria, Pietro Molinaro – l’effetto dell’allargamento della zona di imbottigliamento deciso dal consorzio di tutela in conseguenza delle determinazioni della Commissione europea, che chiede l’ampliamento a tutta l’Europa dell’ambito di confezionamento di alcuni prodotti tutelati dai marchi Doc e Dop. Si tratta – aggiunge Molinaro – di una procedura che in teoria dovrebbe allargare gli spazi di mercato a tutti i paesi dell’Unione, ma che in realtà lede gli interessi dei territori di provenienza del prodotto. Non a caso riceviamo lamentele da parte di molte cantine della zona doc”. Il timore dei produttori è che estendere l’ambito di confezionamento del vino e di altre produzioni tutelate dai marchi d’origine comprometta la qualità del vino. “Siamo contrari a questa procedura – dice il presidente della Coldiretti calabrese – e riteniamo che tutti i livelli istituzionali, dalla Regione al ministero delle Politiche Agricole, debbano intervenire, quanto meno al fine di imporre procedure rigide di controllo affichè il vino imbottigliato come Cirò fuori dai confini regionali sia effettivamente quello prodotto in Calabria, senza sofisticazioni”.
Quello riferito al Cirò non è comunque un caso isolato e non riguarda solo il settore vinicolo. Già da tempo il disciplinare del caciocavallo silano, altro prodotto tipico locale, è stato modificato e la produzione è consentita anche in altre regioni del centro-sud d’Italia. Dunque, nulla di illegale. Ma non sempre le regole sono rispettate. “Abbiamo segnalato – spiega Giovanni Iannuzzi, direttore regionale della Confagricoltura – esempi di commercializzazione di prodotti, spacciati come patate silane o clementine, provenienti da paesi esteri, come la Spagna”. Il rischio di sofisticazioni e casi di concorrenza sleale, dunque, è sempre dietro l’angolo. Come la possibilità che partite di merce avariata inquinino il mercato agricolo regionale e nazionale. Nei giorni scorsi il presidente della Confagricoltura Calabria, Alberto Statti, si è rivolto all’assessore regionale al ramo, Michele Trematerra, segnalando l’arrivo in Italia di arance sudafricane contaminate da una fitopatia.
“Nei giorni scorsi – ha scritto Statti – sono stati riscontrati alle frontiere cinque carichi di agrumi provenienti dal Sudafrica contaminati da Black Spot, fitopatia altamente contagiosa ed al momento assente in Europa. L’agente causale della “macchia nera” degli agrumi – spiega Statti – è un fungo (Phyillosticta citricarpa), già inserita nelle liste dei patogeni e degli insetti di cui è vietata l’introduzione in Europa”. La Confagricoltura sollecita quindi un intervento della Regione sul ministro Nunzia De Girolamo “affinchè sostenga in sede di Commissione Europea la richiesta avanzata dal COPA-Cogeca, di sospendere immediatamente l’importazione nella Ue di agrumi provenienti dal Sudafrica fino alla completa eradicazione della malattia”.

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