Reggio Calabria. A margine dell’incontro, tenuto all’Auditorium Versace del Cedir, tra rappresentanze sindacali e dipendenti comunali è doverosa una ricostruzione limpida dei fatti inerenti la vicenda. Un punto deve essere chiaro: quei 22 milioni, che oggi si chiedono ai dipendenti, non potevano essere iscritti a bilancio. Fu una mossa azzardata e creativa della precedente amministrazione volta a far apparire meno profondo un buco di bilancio enorme. In che modo? Cercando di unire e tenere insieme situazioni e posizioni diverse come la progressione orizzontale per i dipendenti (fondi finalizzati per legge) e i compensi illegittimi per i dirigenti (cifre elevatissime per gli esterni e in alcuni casi risibili per i dirigenti interni) che secondo gli ispettori del Ministero, e le ipotesi della procura, sono compensi illeciti (in alcuni casi coperti dall’onnicomprensività della retribuzione dirigenziale). Quella scelta aveva un unico scopo: tenere in ostaggio mille dipendenti e far passare il solito ritornello che siamo tutti uguali e che tutti rubano. In ogni caso la vecchia Amministrazione è stata inattiva nel difendere un diritto dei dipendenti e ha messo in bilancio incredibilmente la restituzione di tutte le somme indistintamente. Analizzando, poi, le motivazioni del provvedimento, è possibile notare che il Collegio ha confermato la decisione del giudice monocratico puntando sui rilievi degli ispettori del MEF. Questo dimostra quanto sia stato grave l’errore di non aver chiarito la questione già nella fase in cui le contestazioni degli ispettori del Tesoro furono evidenziate e rese pubbliche. Se, infatti, il Comune avesse inviato le controdeduzioni ai rilievi posti dal MEF, queste avrebbero potuto attenuare, se non eliminare del tutto, le anomalie contrattuali mosse a seguito dei rilievi da parte degli Ispettori Ministeriali. Sarebbe un furto, questo si, se a pagare le conseguenze di un atto che si ritiene illegittimo fossero proprio gli anelli più deboli della catena, senza la benché minima valutazione delle responsabilità che si pongono “a monte” della corresponsione della P.E.O. È oltremodo offensivo porre sullo stesso piano il “semplice” impiegato comunale che ha percepito piccole somme previste dal proprio contratto di lavoro e “meteore” di passaggio dal Comune di Reggio Calabria generosamente pagate per attività e premialità estranee alle previsioni contrattuali dell’Ente e, spesso, di dubbia utilità. Sono proprio questi dirigenti esterni, percettori di centinaia di migliaia di euro che dovrebbero restituire immediatamente le somme indebitamente incassate. Proseguire nella procedura di recupero ignorando le osservazioni dei dipendenti e le richieste delle rappresentanze sindacali significherebbe trascinare l’Ente in un dispendioso e lungo contenzioso (contro se stesso) dagli esiti tutt’altro che scontati, con aggravio di spese a carico dell’erario comunale, già ridotto all’osso. E’ auspicabile, pertanto, che i Commissari comunali valutino l’opportunità di definire in via transattiva il contenzioso, a partire dalla sospensione dell’invio delle lettere per i prossimi 30 giorni durante i quali avviare una concreta trattativa con i sindacati, col MEF e con le rappresentanze parlamentari romane che consenta di riappacificare l’Ente con i suoi dipendenti. Gli effetti del disastro in cui Reggio si trova non dovranno essere subiti dai cittadini e dalle famiglie che oggi, purtroppo, sono gli unici a pagarne le conseguenze. Oltre mille persone vedono compromessa gravemente la loro condizione economica. Tale decurtazione retributiva innescherebbe, tra l’altro, un effetto moltiplicatore negativo per tutta l’economia locale, già al collasso.
Giuseppe Falcomatà
Partito Democratico