Monreale. Contestualmente all’odierna esecuzione dell’operazione “Sola Andata”, sempre nella giornata di oggi il Nucleo Investigativo di Monreale (rende noto un comunicato stampa dei Carabinieri che qui riportiamo integralmente) ha dato esecuzione a 6 misure cautelari in carcere emesse dal Tribunale del riesame divenute definitive dopo che la Procura della Repubblica di Palermo aveva ricorso contro il rigetto parziale del gip alla richiesta di ordinanza nei confronti di altrettante persone già detenute perché tratte in arresto nel corso dell’operazione Nuovo Mandamento dell’8/4/2013.
Si tratta di:
- Salvatore Mulè, presunto ex reggente del mandamento di San Giuseppe Jato;
- Giuseppe Lo Voi, zio di Mulè e presunto vice capo mandamento di San Giuseppe Jato;
- Francesco Vassallo, presunto affiliato alla famiglia di Altofonte;
- Giuseppe Lombardo, presunto ex reggente della famiglia di Montelepre;
- Francesco Lo Cascio, presunto affiliato alla famiglia di Camporeale;
- Giuseppe Libranti Lucido, presunto affiliato alla famiglia di Monreale.
Le accuse sono di associazione per delinquere finalizzata alla coltivazione e al traffico di sostanze stupefacenti, nonché concorso nelle condotte illecite finalizzate alla produzione di cannabis indiana.
Genesi dell’indagine
L’operazione “Nuovo Mandamento 2” (che il 17/9/2013 aveva già consentito di trarre in arresto 8 tra presunti vertici e gregari) è una costola dell’indagine di più ampia portata denominata convenzionalmente “Nuovo Mandamento”, che ha documentato la riorganizzazione territoriale di Cosa nostra nella parte occidentale della provincia di Palermo (con la creazione di una nuova sovrastruttura di coordinamento, individuata nell’area di Camporeale, dei due storici mandamenti mafiosi di “San Giuseppe Jato” e “Partinico”) e che ha portato, l’8/4/2013, all’esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 37 persone, tra capi e gregari (procuratore aggiunto Maria Teresa Principato e Vittorio Teresi, sostituti procuratori Francesco Del Bene, Sergio Barbiera, Sergio Demontis e Daniele Paci).
In particolare, le indagini, avviate nel settembre 2011, hanno consentito di:
– verificare come una delle fonti di reddito dell’associazione mafiosa investigata fosse la coltivazione di canapa indiana, finalizzata alla produzione e alla successiva immissione sul mercato di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente del tipo marijuana, con il fine di provvedere al mantenimento dell’organizzazione criminale e, soprattutto, al sostentamento dei detenuti e delle loro famiglie, come manifestazione del vincolo di solidarietà che lega gli affiliati;
– a riscontro dell’attività investigativa, individuare:
- alcune piantagioni nell’entroterra della provincia di Palermo, specie nella valle del fiume Jato, con il contestuale arresto in flagranza di 3 persone deputate alla loro coltivazione;
- due luoghi di stoccaggio della sostanza stupefacente, pronta per essere immessa sul mercato locale, con l’arresto in flagranza di 8 custodi e il sequestro di circa 40 kg di marijuana già essiccata;
– denunciare a piede libero altre 13 persone, di cui 8 già detenute a seguito dell’operazione “Nuovo Mandamento” e nei confronti delle quali il GIP, pur evidenziando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, non ha ritenuto esistenti le esigenze cautelari.
Le piantagioni
A cavallo dell’estate 2012, le indagini hanno evidenziato come una delle fonti di reddito dell’associazione mafiosa investigata fosse la coltivazione di canapa indiana, finalizzata alla produzione ed alla successiva immissione sul mercato di ingenti quantità di sostanza stupefacente del tipo marijuana, con il fine di provvedere al mantenimento dell’organizzazione criminale e, in particolare, al sostentamento delle spese per i detenuti.
Il monitoraggio degli indagati ha permesso di individuare tre piantagioni di stupefacente, tutte insistenti nell’area territoriale compresa tra San Giuseppe Jato e Camporeale, nonché di recuperare una grossa quantità di canapa indiana (circa 40 kg) già essiccata e pronta per essere posta in commercio, del valore commerciale al dettaglio di circa 500.000 €.
Nello specifico, il gruppo criminale investigato ha provveduto, quale prima attività del disegno criminoso, alla creazione di una piantagione di grandi dimensioni in contrada Argivocalotto di Monreale, composta da oltre 6000 piante ed alla cui realizzazione hanno partecipato i maggiori esponenti delle famiglie mafiose. Successivamente, a causa del timore che la piantagione potesse essere individuata, provvedevano allo spostamento delle piante che costituivano la coltivazione e alla loro collocazione in altre più piccole, di più difficile individuazione per le forze dell’ordine e di più facile gestione per l’organizzazione. L’attività d’indagine ha consentito l’individuazione di due di queste piantagioni dalle dimensioni più contenute, una sequestrata il 4.8.2012, in località Tagliavia (riconducibile direttamente al gruppo Lo Voi – Mulè) ed una in contrada Monte Petroso, agro di Camporeale, di cui è stata documentata l’esistenza solo in un momento successivo alla sua distruzione (riconducibile al gruppo capeggiato da Antonino Sciortino).
La prosecuzione delle investigazioni si è rivelata nondimeno assai proficua e significativa per confermare l’unicità del disegno criminale dell’organizzazione e la riconducibilità ad essa della piantagione più grande di Argivocalotto.
Infatti, in data 26.09.2012 e 09.10.2012, il Nucleo Investigativo di Monreale individuava due grossi quantitativi di stupefacente già stoccati e pronti per l’immissione sul mercato, custoditi in luoghi ritenuti sicuri e tutti riconducibili a personaggi di spicco della consorteria criminale: la masseria di Giuseppe Lo Voi e Salvatore Mulè, già indicata dagli indagati quale “sede centrale” del mandamento mafioso, ed un fabbricato rurale ubicato sempre in contrada Arcivocale, a poche centinaia di metri dall’azienda di Giuseppe Lo Voi e Salvatore Mulè, roccaforte dell’organizzazione criminale.