Reggio Calabria. Questa mattina nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Roma, Latina, Macerata ed Agrigento, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, in collaborazione con quelli di Roma e Catanzaro, hanno dato esecuzione ad un provvedimento di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, nei confronti di 20 persone alle quali, a vario titolo, sono contestati i reati di:
- associazione di tipo mafioso (artt. 416 bis, commi 1°, 2°, 3°, 4°, 5°, 6° e art. 61 nr. 6 c.p. e art. 71 d.lvo nr. 159/11);
- concorso in omicidio, aggravato dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso (artt. 110, 112, 575, 577 nr. 3 e 4 e 61 nr. 4 e 6 c.p. e art. 7 d.l. 152/91 conv. in legge 203/1991);
- concorso in detenzione e porto in luogo pubblico di diverse armi da fuoco anche da guerra e clandestine, aggravati dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso (artt. 110, 112, 61 nr. 2 e 81 cpv c.p., artt. 1, 2, 4 e 7 della legge 895/1967, art. 23 comma 3° della legge 110 del 18 aprile 1975 e art. 7 d.l. 152/91 conv. in legge 203/1991);
- concorso in sequestro di persona, aggravato dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso (artt. 110, 112, 605 e 61 nr. 2 e 6 c.p. e art. 7 d.l. 152/91 conv. in legge 203/1991);
- concorso in intestazione fittizia di beni, aggravata dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso (art. 110 c.p., art. 12 quinquies D.L. nr. 306/92, convertito in legge 7 agosto 1992 nr. 356 e art. 7 d.l. 152/91 conv. in L. nr. 203/91);
- concorso in detenzione, vendita e cessione di sostanze stupefacenti del tipo marijuana e cocaina, aggravati dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso (artt. 110 e 81 cpv c.p., artt. 73 e 73 comma 1 bis D.P.R. 309 del 1990 e art. 7 d.l. 152/91 conv. in legge 203/1991);
- concorso in ricettazione, aggravata dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso (art. 110 e 648 c.p. e art. 7 d.l. 152/91 conv. in legge 203/1991).
Premessa
L’odierna operazione, rende noto un comunicato stampa dell’Arma che qui riportiamo integralmente comprese le fotografie, è il risultato di un’articolata attività d’indagine condotta dal Comando Provinciale di Reggio Calabria, svolta sotto le direttive ed il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, in cui sono confluite le risultanze investigative dei seguenti procedimenti relativi:
- all’omicidio di Domenico Bonarrigo (perpetrato in data 3 marzo 2012);
- all’omicidio di Vincenzo Ferraro (perpetrato in data 13 marzo 2012);
- alla scomparsa di Francesco Raccosta e Carmine Putrino (scomparsi il 13 marzo 2012 ed uccisi nel tardo pomeriggio dello stesso giorno);
- all’omicidio di Vincenzo Raccosta (perpetrato in data 10 maggio 2012);
- al favoreggiamento della latitanza di Domenico Polimeni (tratto in arresto dai Carabinieri di Reggio Calabria in data 14.07.2012 a Fiumefreddo Bruzio [CS]).
Le indagini, avviate nel mese di dicembre 2011 nell’ambito delle ricerche dell’allora latitante Domenico Polimeni, si sono sviluppate a seguito degli omicidi susseguitisi nel territorio di Oppido Mamertina nel 2012.
L’analisi dei singoli omicidi e della realtà criminale di quel centro ha evidenziato elementi – ritenuti gravemente indiziari – dell’esistenza in Oppido Mamertina di una “locale” di ‘ndrangheta, di cui fanno parte le cosche dei Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo e Ferraro-Raccosta; il medesimo grave quadro indiziario è stato ritenuto in ordine all’individuazione del presunto capo indiscusso della locale in Rocco Mazzagatti, deputato a conferire cariche e a decretare nuovi ingressi nella ‘ndrangheta, e del mastro di giornata in Nino De Pasquale. Gli elementi acquisiti hanno permesso di disvelare l’articolata struttura, la sua gerarchia interna, gli affiliati.
Le indagini hanno anche evidenziato che la “locale” operava sul territorio – con propaggini oltre i confini provinciali e regionali – per imporre la propria egemonia con “metodo mafioso”.
In particolare, le investigazioni hanno avuto ad oggetto le attività criminali poste in essere nel territorio di Oppido Mamertina e località limitrofe, nel catanzarese e nel Lazio dalla “locale” di Oppido Mamertina ed hanno consentito di acquisire il quadro ritenuto gravemente indiziario in ordine:
- agli esecutori materiali ed i mandanti degli omicidi sopra richiamati;
- agli aspetti strutturali (statici) ed a quelli dinamici della “locale” di Oppido Mamertina, disvelandone l’articolata struttura, la gerarchia interna e gli affiliati;
- agli stabili rapporti criminali intrattenuti con altre “locali” di ‘ndrangheta, quali quella di Sinopoli, San Luca e Platì, nonché con le cosche del vibonese, del crotonese e del catanzarese;
- numerosi reati-fine commessi nell’ambito della “locale” di Oppido Mamertina: alcuni di carattere violento (omicidi ed armi) e con finalizzazione estorsiva in danno di persone e patrimoni, costituenti espressione diretta del controllo del territorio; altri di natura più prettamente economica, sia in materia di stupefacenti che finalizzati alla dissimulazione della reale pertinenza dei beni, costituenti prodotto diretto ed indiretto delle attività illecite poste in essere, evidentemente al fine di eludere l’applicazione della normativa in materia di prevenzione patrimoniale.
Gli investimenti della “locale”
Accanto ad un nitido ed incontrastato dominio nel territorio di Oppido Mamertina, attuato secondo i tipici metodi della ‘ndrangheta, è emerso il quadro di una “locale” molto proiettata agli investimenti e con tendenza a progetti economici fuori provincia, resi possibili grazie anche all’azione del “capo della locale”, Rocco Mazzagatti che – trasferendo la propria residenza nella provincia di Catanzaro – aveva dislocato uomini e mezzi anche su quel territorio.
Grazie al supporto del sodale Domenico Scarfone, referente per gli investimenti dell’organizzazione criminale su Roma, dove poteva contare su amicizie con avvocati e soggetti gravitanti nell’orbita delle aste giudiziarie e delle procedure fallimentari, le mire espansionistiche nel settore economico-finanziario della cosca Mazzagatti confluivano nel Lazio, con la finalità di trarre vantaggio dagli incanti pubblici, con l’aggiudicazione di beni che venivano intestati fittiziamente a terzi.
Le convergenze con altre indagini sul fenomeno unitario della ‘ndrangheta
Dall’indagine sono poi emerse conferme a pregresse acquisizioni giudiziarie (c.d. operazione “Crimine”, “Reale” ed “Infinito”) relative al fenomeno ‘ndranghetistico in generale e alla sua organizzazione a livello territoriale, dal momento che ancora una volta è stata posta in luce l’esistenza di “locali” che, pur agendo con una certa autonomia all’interno del territorio sul quale operano, devono in ultima analisi rispondere alla Provincia, organo di vertice dell’organizzazione unitaria denominata ‘ndrangheta.
Del pari la struttura della “locale” di Oppido Mamertina rispecchia la medesima composizione di tutte le strutture similari, insistenti in ogni località ove esiste il fenomeno ‘ndrangheta.
Il materiale probatorio acquisito nel corso dell’attività di indagine si combina in modo assolutamente armonico, sia con quanto accertato nell’ambito dell’operazione Crimine, sia con quanto emerso nell’ambito dell’operazione Infinito e, anzi, fornisce ulteriori ed interessanti elementi per ricostruire esaustivamente il retroscena e la causale di uno dei più gravi delitti di ‘ndrangheta commessi in Lombardia negli ultimi anni: l’omicidio di Carmelo Novella, perpetrato in San Vittorio Olona (MI) il 14 luglio 2008.
In proposito, si può affermare che le emergenze del processo Infinito, nella parte relativa alla “locale” di Bresso, si rivelano particolarmente interessanti in quanto coinvolgono, sia pur tangenzialmente, il principale indagato del presente procedimento, Rocco Mazzagatti, confermando che si tratta di un personaggio di vertice della locale di Oppido e, più in generale, di un personaggio di altissima levatura della ‘ndrangheta a livello nazionale.
Gli omicidi
Nel corso dell’anno 2012 (precisamente tra marzo e maggio 2012) in Oppido Mamertina venivano perpetrati cinque omicidi (quelli di Domenico Bonarrigo, Vincenzo Ferraro, Vincenzo Raccosta, Francesco Raccosta e Carmine Putrino), che coinvolgevano entrambe le fazioni storicamente operanti in quel centro (Ferraro-Raccosta e Polimeni-Mazzagatti-Bonarrigo).
Non si trattava però di una vera e propria faida, ma di una fibrillazione registrata all’interno della locale di Oppido Mamertina da parte di una cosca, quella Ferraro-Raccosta, immediatamente sopita da parte del gruppo ‘ndranghetista egemone, quello facente capo ai Mazzagatti, intenzionato a non abdicare il proprio maggiore potere mafioso conquistato negli anni della guerra.
La complessiva attività investigativa condotta sugli omicidi dell’anno 2012, registratisi ad Oppido Mamertina, in sintesi, ha consentito di ricostruire gli scenari e acquisire elementi ritenuti gravemente indiziari circa:
- la responsabilità dell’omicidio di Domenico Bonarrigo, elemento di vertice della ‘ndrangheta oppidese, in capo a Francesco Raccosta, Vincenzo Ferraro e Vincenzo Raccosta;
- l’eliminazione, nei mesi successivi, dei tre responsabili del primo omicidio, unitamente a Carmine Putrino (cognato di Francesco Raccosta e genero di Vincenzo Raccosta);
- la decisione di eliminare Francesco Raccosta, Vincenzo Ferraro, Vincenzo Raccosta e Carmine Putrino, adottata dagli elementi di vertice della cosca Mazzagatti-Bonarrigo-Polimeni;
- la riconducibilità a Simone Pepe, “figlioccio” di Domenico Bonarrigo, dell’esecuzione di tutti gli omicidi degli appartenenti alla cosca Ferraro-Raccosta.
Vincenzo Ferraro è stato eliminato nella mattinata del 13 marzo 2012, in località Rocca, a soli 11 giorni dalla morte di Vincenzo Bonarrigo, perché ritenuto il “mandante” del suo omicidio. Dall’attività investigativa effettuata, è emerso che l’autore materiale dell’omicidio di Vincenzo Ferraro sarebbe stato Simone Pepe, coadiuvato da altro soggetto allo stato non identificato.
In relazione alla scomparsa di Francesco Raccosta e Carmine Putrino, dalla complessiva attività di indagine effettuata, è emerso che si sarebbe trattato di un di duplice omicidio e non di scomparsa da allontanamento volontario e che gli autori di quel crimine – che si connoterà per la spietatezza e massima efferatezza, atteso che Francesco Raccosta sarebbe andato in pasto ai maiali quando era ancora vivo – sarebbero intranei alla cosca Mazzagatti-Bonarrigo-Polimeni.
L’omicidio di Francesco Raccosta e Carmine Putrino sarebbe stato perpetrato, in concorso morale e materiale tra loro, da Simone Pepe, Rocco Mazzagatti, Domenico Scarfone, Pasquale Rustico ed altri allo stato non identificati, con l’“autorizzazione” e l’ausilio fattivo, e pertanto con il concorso morale e materiale del capo della cosca Ferraro-Raccosta, Giuseppe Ferraro che “consegnò” i suoi uomini, fornendo preziose indicazioni per farli trovare dagli avversari, quale “condizione” per la cessazione delle ostilità con la ‘ndrina dei Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo, scaturite dall’uccisione di Domenico Bonarrigo.
L’ultimo omicidio, quello di Vincenzo Raccosta, sarebbe stato perpetrato da Simone Pepe, supportato dal cugino Valerio Pepe.
Pericolo di fuga
La scelta della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria di disporre il fermo degli indagati è stata dettata dall’acquisizione, durante l’attività d’indagine, di elementi specifici, concreti ed attuali in ordine alla sussistenza del pericolo di fuga, essendo state captate diverse conversazioni dalle quali è emerso che gli indagati:
- avevano consapevolezza dell’esistenza di un’attività di indagine a loro carico;
- avevano la possibilità di procurarsi continue informazioni sullo stato dell’indagine e sull’eventuale emissione di provvedimenti restrittivi;
- stavano valutando se darsi o meno alla fuga.
Sequestri
Contestualmente all’esecuzione del provvedimento di fermo, i Carabinieri di Reggio Calabria, in collaborazione con quelli di Roma e Catanzaro, hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo in via d’urgenza emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, di 14 imprese (quote sociali, annesso patrimonio aziendale e conti correnti), 88 immobili, 12 beni mobili e 144 Rapporti Bancari e Prodotti Finanziari, per un valore complessivo di circa 70 milioni di euro.
Dati operativi
Nel corso dell’operazione sono stati impiegati oltre 300 Carabinieri dei Comandi Provinciali di Reggio Calabria, Roma e Catanzaro, supportati dai militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori e dell’8° Nucleo Elicotteri.
L’elenco degli arrestati
Sono 20 i maggiorenni colpiti da fermo spiccato dalla DDA, mentre un minore è stato fermato grazie al provvedimento emesso dalla Procura dei Minori di Reggio Calabria. Dei 20 maggiorenni, uno è irreperibile in quanto da tempo si è trasferito all’estero, un altro è il latitante Giuseppe Ferraro.
Di seguito l’elenco dei 20 maggiorenni destinatari di fermo:
- Simone Pepe, di 24 anni;
- Rocco Mazzagatti di 40 anni;
- Giuseppe Mazzagatti di 29 anni;
- Antonino De Pasquale di 28 anni;
- Leone Rustico, di 32 anni;
- Giuseppe Rustico di 33 anni;
- Pasquale Rustico di 28 anni;
- Rocco Bonina di 35 anni;
- Domenico Scarfone di 56 anni;
- Cosmo Polimeni di 26 anni;
- Paolo Polimeni di 32 anni;
- Rocco Alessandro Ruffa di 22 anni;
- Francesco Mazzagatti di 22 anni;
- Diego Zappia di 28 anni;
- Carmine Murdica di 20 anni;
- Domenico Lentini di 19 anni (all’estero);
- Giuseppe Ferraro di 45 anni (latitante da diversi anni);
- Valerio Pepe di 22 anni;
- Leandro Pepe di 39 anni;
- Matteo Scarponi di 21 anni.