Lamezia Terme (Catanzaro). Nel corso della mattinata la Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro, rende noto un comunicato stampa della Dia che qui riportiamo integralmente, ha avviato le procedure per l’esecuzione del decreto di confisca del patrimonio aziendale riconducibile al trentanovenne Giuseppe Trichilo, imprenditore lametino, già condannato dal gup del Tribunale di Reggio Calabria a due anni e due mesi di reclusione per il reato di illecita concorrenza (513 bis c.p.) e minaccia (612 c.p.), aggravati dall’art. 7 della legge n. 203/91.
L’odierno provvedimento di confisca, adottato dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, colpisce sostanzialmente i cespiti oggetto di precedente decreto di sequestro emesso due anni prima dalla stessa autorità giudiziaria, a cui si attribuiva un valore di circa 55 milioni di euro. La circostanza deve essere intesa quale autorevole conferma della bontà delle investigazioni patrimoniali esperite e confluite nella proposta a suo tempo redatta dal Direttore della Direzione Investigativa Antimafia.
In sintesi, sono stati confiscati:
- capitale sociale ed intero compendio aziendale della “EDIL TRICHILO srl” con sede in Lamezia Terme (CZ) e dedita alla fabbricazione di strutture e parti assemblate metalliche ed al commercio di materiale da costruzione;
- capitale sociale ed intero compendio aziendale della “C.T. COSTRUZIONI srl”, con sede in Falerna (CZ) e dedita alla costruzione di edifici residenziali;
- 50% del capitale sociale e del corrispondente compendio aziendale della “MAGMA srl” con sede in Lamezia Terme (CZ) e dedita alla compravendita, locazione, gestione e amministrazione di beni immobili di qualsiasi specie e tipo;
- 50% del capitale sociale e del corrispondente compendio aziendale della “CARAFFA COSTRUZIONI srl” con sede in Gizzeria (CZ) e dedita alla costruzione di edifici, strade ed autostrade;
- 30 beni mobili registrati;
- 30 rapporti finanziari;
- 14 beni immobili;
- 31 mezzi industriali.
Giuseppe Trichilo, coinvolto nell’operazione convenzionalmente denominata “Crimine”, dapprima è stato attinto da ordinanza custodiale in carcere, per altro confermata dal Tribunale della Libertà di Reggio Calabria, e successivamente, in data 08/03/12, condannato per i reati di illecita concorrenza e minaccia perpetrati “ … al fine di agevolare la associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta ed in particolare la cosca degli Aquino di Marina di Gioiosa Jonica. …”.
Nel dettaglio, le risultanze investigative confluite nel procedimento penale hanno consentito di appurare che “… l’esecuzione dei lavori per la realizzazione del tratto della SS 106- variante al centro abitato di Marina di Gioiosa Jonica … – da parte della Gioiosa Scarl sia stata pesantemente condizionata dall’ingerenza delle cosche operanti sul territorio, che hanno imposto al contraente proprie ditte di riferimento. La scelta dei fornitori non è stata dettata da logiche di libera concorrenza e da criteri di mercato ma orientata da imposizioni mafiose. …”. Pertanto, muovendo dai molteplici elementi raccolti, la EDILTRICHILO s.r.l., di cui il proposto a dispetto del dato formale deve essere ritenuto “dominus assoluto”, risulta avere agito quale “ … impresa di riferimento della cosca Aquino e, in particolare, di Rocco Aquino, il cui ruolo di primo piano all’interno del locale di Marina di Gioiosa è attestato da plurimi convergenti elementi di fatto. …”.
Appurata, quindi, la pericolosità sociale del proposto, il Collegio ha disposto l’applicazione della misura della “…sorveglianza speciale di P.S. per la durata di anni due e mesi sei, con l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale…”.
Al fine di opportunamente supportare la richiesta di aggressione patrimoniale la Dia di Catanzaro ha eseguito puntuali e rigorosi accertamenti che hanno riguardato, per un arco temporale compreso tra il 1998 ed il 2009, tutti i cespiti in qualunque modo riconducibili al Trichilo, l’analisi dei bilanci aziendali, copiosa documentazione bancaria, allo scopo di documentare la sproporzione del loro valore rispetto al reddito dichiarato ai fini delle imposte dirette o alle attività economiche esercitate o, in alternativa, di appurarne l’illecita provenienza.
Al riguardo, il Collegio adito, dopo avere inquadrato la EDILTRICHILO s.r.l. nel “genus delle imprese mafiose”, ha puntualizzato che nel caso di specie presupposto per “…l’ablazione non è, infatti, il requisito della sproporzione dell’investimento iniziale bensì l’esistenza di sufficienti indizi che portano a ritenere che la società, nella composizione di beni e capitali che aveva al momento del sequestro, sia stata il frutto di attività illecite. … In conclusione, devono essere confiscate le quote sociali ed il patrimonio aziendale della Ediltrichilo s.r.l. (a prescindere da ogni valutazione sulla proporzionalità degli investimenti compiuti dal proposto rispetto alle sue risorse e dalla congruità della crescita della predetta società sulla base degli affari ottenuti. …”.
Ulteriormente, osservato che il Trichilo ha dichiarato esclusivamente redditi derivanti dalla partecipazione alla suddetta società, tutti i cespiti acquisiti successivamente, come sopra indicato, devono ritenersi illeciti “… poiché rappresentano il reimpiego di danaro di provenienza illecita e come tali devono essere anch’essi confiscati. …”.
L’odierno risultato di servizio conseguito dagli uomini della Dia di Catanzaro si inquadra, peraltro, in un più vasto e complesso progetto denominato “Desk Interforze”, da tempo avviato e coordinato dalla Procura Distrettuale di Catanzaro, appositamente approntato per attuare una proficua circolazione delle informazioni tra le Forze di Polizia, allo scopo di aggredire sistematicamente e con maggiore efficacia ogni forma di illecito arricchimento conseguito dalle agguerrite consorterie criminali attive nel nostro comprensorio.