Armi chimiche a Gioa. Nicolò: “Non solo un problema della provincia, ma di tutta la Calabria”

Reggio Calabria. La questione dell’arsenale chimico che Damasco si è impegnata a smantellare riguarda indubbiamente tutti, in primis Russia, USA, Cina ed anche i singoli Stati europei che, in proprio, hanno offerto risorse, uomini e mezzi per garantire la risoluzione del problema, sotto l’occhio vigile dell’Opac. L’Italia, a dicembre, nell’ambito del Vertice dei Ministri degli esteri Ue, ha dato la propria disponibilità a concedere un porto italiano per il programma di smantellamento di tali armi, senza preoccuparsi delle reazioni negative che tale notizia avrebbe provocato negli animi degli abitanti del posto prescelto. Se si fosse trattato di un’operazione a rischio ed impatto zero, sarebbe significato per l’Italia ricoprire un ruolo di primo piano in una missione internazionale, allora perché dal Governo non sono state diramate notizie in tal senso, bensì è stato richiesto di “non fare polemiche e … comportarsi col necessario decoro?”. La consultazione preventiva delle forze politiche è stata ignorata, ponendo gli impegni internazionali del Paese al di sopra di tutto e tutti. Dapprima si è ipotizzato di effettuare il trasbordo in Sardegna o in Puglia e subito vi sono state le mobilitazioni politiche e popolari per impedire che le loro regioni diventassero «la pattumiera d’Italia», anche in Puglia il clima si è accesso e le proteste sono state accorate e comuni. Preoccupazioni colte anche oltreoceano tanto che il Wall Street Journal, non senza una nota di polemica, aveva parlato delle proteste dei cittadini e dei gruppi ambientalisti. Arriva, a questo punto, la decisione governativa di utilizzare Gioia Tauro perché considerato lo scalo più sicuro e di più facile gestione in caso di proteste e manifestazioni e perché ben attrezzato e capace di svolgere le operazioni in sicurezza. Certamente non mancano da parte del Governo le argomentazioni a sostegno della scelta, ma more solito è stata ignorata la volontà di ascoltare preventivamente il parere della classe politica locale. La Piana di Gioia Tauro è un territorio segnato da diverse vicissitudini negative ed il Governo anzichè considerarla meritevole di altri tipi di iniziative costruttive idonee al rilancio dell’area (quali ad es. accordi commerciali, potenziamento zone franche, elargizione contributi all’occupazione, …), la considera ben attrezzata e gestita – alla stregua di altri porti internazionali – per svolgere un trasbordo di armi chimiche, senza peraltro informare i diretti interessati degli eventuali – anche irrisori – imprevisti che potrebbero succedere. La mancanza di informazioni certe ha creato caos e panico tra i residenti della zona. Si è trattato di un’imposizione calata dall’alto e non può essere gestita seguendo le regole aziendali, vale a dire cercando ormai di massimizzare il profitto ottenendo un risultato positivo. Non è un problema circoscritto a Gioa Tauro ma all’intera regione Calabria. Oggi il porto, domani l’aeroporto e così via… La reazione delle forze politiche dovrebbe essere unanime e congiunta di fronte ad una situazione potenzialmente pericolosa e priva di concertazione con le parti interessate.

Alessandro Nicolò – Vicepresidente del Consiglio regionale

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