Catanzaro. L’ora più buia per Pietro Citrigno: i dettagli della Dia sul sequestro di beni e due cliniche all’imprenditore condannato per usura

Catanzaro. Questa mattina, rende noto un comunicato stampa della Dia che qui riportiamo integralmente, gli uomini della Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro hanno eseguito un decreto di sequestro del patrimonio riconducibile al sessantunenne Pietro Citrigno, noto imprenditore del capoluogo bruzio, ex editore del quotidiano “L’Ora della Calabria” (gruppo editoriale non colpito dal provvedimento in esame, l’attuale editore è il figlio) tratto in arresto e condannato in via definitiva a quattro anni ed otto mesi di reclusione per il reato di usura aggravata (art. 644 c.p., commi 1 e 5 n. 3 e n. 4) nell’ambito dell’operazione convenzionalmente denominata “Twister”.
Il provvedimento di sequestro disposto dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Cosenza sulla base di un’articolata proposta avanzata ai sensi del c.d. codice antimafia (decreto legislativo n.159/11) dal Direttore della Direzione Investigativa Antimafia, Arturo De Felice, e di capillari e complesse indagini patrimoniali svolte dagli uomini della Sezione Operativa di Catanzaro, colpisce una serie composita di cespiti a cui si è ritenuto di attribuire un valore di circa cento milioni di euro.

L’attività della Dia ha consentito di individuare e sequestrare:

Fra i presupposti del sequestro si riporta l’attenzione su come in seno al procedimento penale denominato Twister, tra l’altro, è stato evidenziato “ … non solo il consolidato ed allargato sistema di usura posto in essere dal Citrigno almeno già dagli anni settanta, ma altresì la contiguità del medesimo ad alcuni esponenti di spicco delle consorterie criminose operanti nel territorio cosentino …”. Ulteriormente, le sopra citate risultanze investigative, hanno consentito di qualificare l’odierno proposto come “… soggetto equidistante da entrambi i clan di spicco operanti nel territorio cosentino, che aveva bisogno di protezione a livello delinquenziale, al fine di tutelare le proprie attività imprenditoriali, …”.

Le ombre rilevate sull’origine del cospicuo patrimonio ascrivibile a Pietro Citrigno, unitamente alla pendenza presso il Tribunale di Paola (CS) di un procedimento penale per estorsione (art. 629 c.p.), hanno indotto gli investigatori della Dia di Catanzaro a ritenere tali obiettivi accadimenti come seri indizi da cui desumere che il proposto avesse condotto un tenore di vita superiore alle proprie possibilità economiche. In altri termini, la considerazione che dal sistematico svolgimento delle suddette attività delittuose, ovviamente remunerative, possano essere derivate risorse utili all’acquisizione di una rilevante mole di beni, è stato ritenuto sufficiente per avviare i conseguenti accertamenti.

Pertanto, al fine di dare concretezza all’ipotesi investigativa e quindi opportunamente supportare la conseguente richiesta di aggressione patrimoniale, la Dia di Catanzaro ha eseguito puntuali e rigorosi accertamenti che hanno riguardato, per  un arco temporale compreso tra il 1988 ed il 2011, tutti i cespiti in qualunque modo riconducibili a Citrigno, l’analisi dei bilanci aziendali, copiosa documentazione bancaria, allo scopo di documentare la sproporzione del loro valore rispetto al reddito dichiarato ai fini delle imposte dirette o alle  attività economiche esercitate o, in alternativa, di appurarne  l’illecita provenienza.
Le investigazioni hanno consentito di ritenere “ … ragionevolmente probabile che Citrigno Pietro abbia posto in essere una condotta simulatoria, che si è esplicitata attraverso lo strumento della fittizia intestazione dei beni ai propri congiunti, ovvero a società costituite e di proprietà di tali prossimi congiunti ed affini …”. A rendere, se possibile, ancor più arduo il lavoro degli investigatori si evidenzia che “ … alcuni immobili, in precedenza di proprietà dei familiari del Citrigno, siano stati successivamente alienati a società pur sempre riconducibili al nucleo familiare del medesimo, e ciò nell’ambito di una fitta trama di partecipazioni societarie chiaramente finalizzate ad evitare la riconducibilità di tali beni proprio al Citrigno…”.
Al riguardo, il Collegio adito, ha puntualizzato che nel caso di specie  “… i componenti la famiglia di Citrigno Pietro hanno sempre dichiarato, almeno fino al 2005, redditi non elevati; tuttavia essi sono risultati possessori di beni immobili ed aziende di valore oltremodo rilevante e cospicuo. …”. Più esplicitamente,“ … verificata la capacità reddituale del nucleo familiare del proposto (in  ragione della nota presunzione di disponibilità in capo al prevenuto convivente) e, parallelamente, la consistenza dell’asse patrimoniale accumulato dallo stesso nucleo nel corso degli anni, al netto di eventuali atti di donazione, e tenuto conto della spesa familiare annua mediamente sostenuto secondo gli indici ISTAT, si è evidenziato un dato chiaramente sperequativo. …”. Muovendo dall’esito degli accertamenti condotti dalla Dia di Catanzaro, il Tribunale della Prevenzione ha concluso che “ … mai dal 1981 al 2005 il nucleo familiare Citrigno ha prodotto lecitamente un reddito pari o prossimo al valore dei beni entrati nel suo patrimonio. …”.

L’odierno risultato operativo conseguito dalla Dia si inquadra, in un più vasto e complesso progetto da tempo avviato e coordinato personalmente dal Direttore della Direzione Investigativa Antimafia, Arturo De Felice, che, attraverso una mirata azione di intelligence, mira a contrastare l’illecita accumulazione di ricchezze da parte delle organizzazioni criminali calabresi, a ragione ritenute tra le più pervasive ed opprimenti il tessuto socio economico.

 

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