Palermo. Le infiltrazioni di Cosa Nostra nel mercato ortofrutticolo: maxi sequestro della Dia

Il Centro Operativo di Palermo della Direzione Investigativa Antimafia, a conclusione di una complessa ed articolata attività di indagine, all’interno del Mercato Ortofrutticolo, disposta dal Direttore della Dia, Arturo De Felice, ha concluso un maxi sequestro di beni del valore di oltre 250 milioni di euro.
Gli investigatori della Dia palermitana sono riusciti a raccogliere una serie di elementi che hanno fatto emergere come “cosa nostra” si sia infiltrata nelle attività del locale Mercato, sia direttamente, che a mezzo di “prestanome”, considerata, altresì, l’influenza esercitata all’interno di esso dalla famiglia mafiosa dell’Acquasanta, facente capo al noto clan dei Galatolo.
La Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, concordando appieno con le risultanze investigative contenute nella proposta del Direttore della Dia, ha emesso un decreto di sequestro che ha colpito le attività economiche riconducibili, direttamente ed indirettamente, ad Angelo Ingrassia, 57 enne, Giuseppe Ingrassia, 57 enne, Pietro La Fata, 81 enne, Carmelo Vallecchia 74 enne e Giuseppe Vallechia 53 enne, tutti palermitani, ritenuti vicini e contigui a ”cosa nostra”, in particolare alla nota famiglia mafiosa dei Galatolo.
I cinque, titolari di vari stand all’interno del mercato ortofrutticolo, profondi conoscitori del “metodo di funzionamento” dello stesso, secondo la Dia monopolizzavano l’attività del mercato palermitano anche attraverso l’utilizzo dei servizi forniti dalla Cooperativa “Carovana Santa Rosalia” (compravendita di merce, facchinaggio, parcheggio, trasporto e vendita di cassette di legno e materiale di imballaggio).
Nel corso dell’indagine, sono stati raccolti elementi che hanno indotto a ritenere l’esistenza, all’interno del mercato ortofrutticolo palermitano di una regia occulta, in grado di:

In tal senso, le convergenti dichiarazioni rese da numerosi collaboratori di giustizia, hanno evidenziato il totale controllo da parte di “cosa nostra” di un importante settore economico locale, provocando da un lato una grave distorsione del mercato ed eliminando, di fatto, qualsiasi forma di concorrenza con la conseguente imposizione dei prezzi, garantendo all’organizzazione criminale, la possibilità di conseguire ingenti guadagni attraverso attività solo apparentemente lecite.
La forza intimidatrice esercitata da “cosa nostra” si manifestava attraverso l’imposizione dei prezzi e delle forniture.
L’inquinamento del tessuto economico, avvenuto mediante l’immissione di denaro di sicura provenienza illecita, non si è limitato all’acquisizione di attività commerciali “lecite”, ma ha “occupato” interi settori del terziario, strettamente legati alle attività di vendita dei prodotti ortofrutticoli all’interno del locale Mercato.
Tutto ciò ha provocato una grave e profonda alterazione di tale tessuto economico che, privo delle regole proprie di un libero mercato, risulta fortemente condizionato da “cosa nostra”. Ai riscontri sulle convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, la complessa attività svolta dalla Dia ha fatto, altresì, emergere una totale sperequazione tra i redditi dichiarati dai soggetti ed i beni posseduti dagli stessi.

Ulteriori elementi, che hanno rafforzato l’ipotesi investigativa circa l’infiltrazione mafiosa nell’ambito del locale mercato ortofrutticolo, si traggono dalle Ordinanze applicative di misura cautelare, n. 46565/05 R.G.N.R. e n. 32710/06 R.G. GIP nonché n. 46565/05 R.G.N.R. e n. 20478/10 R.G. GIP, emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Napoli, laddove viene contestato agli indagati (tra i quali si annovera anche Gaetano Riina, classe 33, fratello del noto capo mafia Salvatore (detto Totò) Riina) tra l’altro, di controllare il trasporto su gomma da e per i mercati ortofrutticoli di Fondi, Aversa, Parete, Trentola Ducenta e Giugliano e da questi verso quelli del Sud Italia, interessando, in particolare, i mercati siciliani di Palermo, Catania, Vittoria (RG), Gela (CL) e Marsala (TP).

Fra i beni oggetto dell’odierno sequestro figurano:

per un valore complessivo di oltre 250 milioni di euro.

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