Reggio Calabria. I militari della Stazione Carabinieri di Pellaro erano rimasti increduli quando hanno letto le analisi delle urine di un’anziana signora ultranovantenne del posto. I dati erano inequivocabili, presenza di una elevata quantità di metadone. Conclusione incomprensibile, apparentemente. L’indagine dei militari viene avviata nel settembre del 2013 quando una donna del luogo si era recata in caserma ed aveva presentato una denuncia. La denunciante aveva riferito ai carabinieri che era particolarmente preoccupata dal fatto che da circa tre mesi il fratello, tossicodipendente, dormiva presso l’abitazione dell’anziana madre. Un gesto apprezzabile normalmente ma che in questa circostanza sottende una vera e propria tragedia familiare. Le preoccupazioni della donna derivavano dal fatto che l’uomo, tossicodipendente, aveva sempre creato problemi alla famiglia e
che nell’ultimo periodo le sue richieste di denaro erano continue e pressanti. In alcune circostanze l’uomo aveva aggredito la sorella ed il marito di quest’ultima, con spintoni e schiaffi, eventi per i quali i coniugi erano stati costretti a recarsi in ospedale dove avevano ricevuto diagnosi di 4 e 5 giorni.
La vicenda sino a questo punto apparirebbe simile a tante altre, ma la denunciante aggiungeva che era stata insospettita dal fatto che l’anziana madre era in preda a continui malesseri, normali vista l’età, e che in ogni circostanza chiedeva l’intervento del fratello in quanto lui solo conosceva “la medicina che la faceva stare bene”. L’anziana peggiorava continuamente, con tremori, mancanza d’aria, terrore nel rimanere sola. A nulla valgono i consulti che la figlia chiede ai migliori specialisti che si arrendono davanti ai sintomi dell’anziana. A quel punto, lo scoramento si impadronisce della denunciante che davanti all’irreparabile e grave patologia della madre, riunisce la famiglia per l’ultimo saluto alla propria cara. In quell’occasione le nipoti dell’anziana, si accorgono che c’è qualcosa di strano nella loro nonna, da attribuire, probabilmente all’assunzione di qualche dubbia sostanza. La donna a più riprese ribadiva che non voleva stare insieme ai propri cari, ma che voleva accanto a lei solo il figlio, unico a conoscere la medicina che la faceva stare bene. Per fugare ogni dubbio la donna preleva, di nascosto, un campione di urine della madre e l’esito la lascia di stucco in quanto evidenzia “presenza di metadone nell’organismo”.
A quel punto la donna si convince che dietro i malori della madre c’è lo zampino del fratello e decide finalmente di rivolgersi ai Carabinieri. Dalle indagini emerge subito che il responsabile, affetto da uno stato di tossicodipendenza da eroina da molti anni, veniva curato presso il Sert, e aveva l’affido del metadone, al fine di poter assumere la sostanza anche presso il proprio domicilio senza la necessità di recarsi presso la struttura sanitaria. Le indagini accertano che in nessuno dei farmaci che assumeva l’anziana vi era la presenza di metadone, facendo così ricadere le responsabilità inequivocabilmente sul figlio.
Alla luce delle indagini compiute dai Carabinieri della Stazione di Pellaro agli ordini del luogotenente Salvatore Piazza con il coordinamento del maggiore Pantaleone Grimaldi, il sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria, dottoressa Frustaci, ha avanzato una richiesta di misure cautelari al gip presso il Tribunale di Reggio Calabria, dott. Cortelli, il quale ha emesso una ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di T.D.P., 55enne reggino, con precedenti specifici per stupefacenti con le accuse di:
– tentata estorsione nei confronti della sorella e del cognato, in quanto mediante reiterate violenze e minacce tentava di costringere la sorella, titolare della delega a riscuotere la pensione della madre, a consegnargli parte del denaro derivante dalla riscossione della pensione in modo da trarne un ingiusto profitto in danno della madre;
– maltrattamenti nei confronti della madre convivente ultranovantenne, in quanto approfittando della condizione di debolezza fisica e psicologica dell’anziana donna e somministrando alla stessa della sostanza stupefacente del tipo metadone, in quantità tale da
cagionarle un perdurante stato di disagio, incompatibile con le normali condizioni di vita, ed in particolare procurandole tremori, mancanza d’aria, timore di rimanere sola, allucinazioni e sintomi da crisi d’astinenza.
Il gip nel suo provvedimento restrittivo evidenzia che dai reati accertati emerge l’assoluta spregiudicatezza dell’indagato, pronto a tutto, ad usare violenza contro la sorella ed il cognato e persino a drogare ripetutamente la madre novantenne, pur di ottenere somme di denaro. La pericolosità dell’indagato viene desunta dai precedenti per reati in materia di sostanze stupefacenti.
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