Reggio Calabria. Questa è la storia di un clochard. Un essere umano che ha avuto la sventura di imbattersi in uno sfortunato quanto incognito percorso di vita che lo ha poi portato ritrovarsi nel mondo della solitudine e dell’indigenza. Una storia di una tristezza infinita che va avanti ormai da molti mesi sotto gli occhi di tutti in uno dei luoghi della città aperto al passaggio incessante di una moltitudine di gente che giornalmente assiste incredula e rassegnata agli squallidi scenari esistenti su quella strada divenuta teatro di questa triste vicenda umana. E’ questa, la storia di Mohamed, uno dei tanti senza tetto girovaghi che affrontano la quotidianità senza un futuro vivendo, si fa per dire, alla giornata tra sofferenze fisiche e le privazioni vissute sulla propria pelle sotto un cielo per lui sempre plumbeo. Via Cardinale Portanova è divenuta da ormai molti mesi la via in cui “risiede”. La strada in cui, da forse più di un anno, dimora in un ambiente “open space” pubblico senza limiti altamente indecoroso. Ha scelto di stazionarvi lì il Kosovaro, Mohamed, così dice di chiamarsi, a pochi metri da una farmacia e altre attività commerciali frequentatissime di giorno, ma chiuse di notte. Un gradino di un box di un palazzo presente sulla via costituisce il giaciglio dove trascorrervi le notti. Anche quelle con freddo pungente, piovose o ventilate che esse siano. Povero Mohamed. Si adatta, si protegge, combatte le avversità meteo rannicchiandosi quasi a scomparire sotto le numerose coperte che qualcuno gli ha offerto su quel gradino di marmo a pochi passi da una brandina ripiegata forse mai utilizzata. Gesti quotidiani compiuti nel tentativo di scaldarsi con lo stesso calore prodotto dal proprio corpo nella speranza di superare i morsi del freddo notturno. Tentativi di protezione mossi dall’istinto di sopravvivenza studiati, provati e riprovati chissà quante volte già nel corso della sua dura esistenza. Vicino a lui, ai piedi di un albero, una piccola discarica formata dal clochard composta da innumerevoli bottiglie dei fiumi di birra che assume giornalmente, buste e addirittura un materasso completano l’indicibile scenario di abbandono del luogo. Inizia le sue giornate bevendo birra già di prima mattina, mangiando qualche pasto caldo offerto dalle associazioni caritatevoli sempre operose e poco altro ancora durante le giornate Mohamed. Espleta i suoi bisogni fisiologici sui muri, vicino a qualche albero sotto lo sguardo distaccato ed indignato di molti tra il tram tram dei mezzi, dei passanti sbigottiti per le immagini vergognose incamerate. E così mentre qualche struttura che poteva ospitare tanti senza tetto rimane ferma nei suoi lavori da anni (“Il piccolo rifugio del buon samaritano” in località Eremo Botte che il compianto don Mimmo Geraci Presidente della Fondazione “Lucianum” avrebbe voluto vedere ultimato) Mohamed, creatura del Signore, rimane abbandonato a se stesso tra gli innumerevoli sguardi della gente. Bisogna intervenire per aiutare questo povero essere umano trasandato, sudicio e consumato dal trascorrere della vita. Toglierlo finalmente da quel palcoscenico vergognoso aperto 24 ore su 24 con i suoi riflettori che illuminano di una luce insensibile una quotidianità crudele che evidenzia, senza interruzioni di tempi e cambi di scene, la mortificante drammaticità delle numerose situazioni che la gente come Mohamed vive come fossero dei fantasmi che a volte si manifestano ma che purtroppo nessuno vede o finge di non vedere.
Guglielmo Rizzica