Galleria della Limina. Arpacal invia report sulla misurazione del gas radon

In alcuni punti della galleria della Limina, posta tra i comuni di Cinquefrondi e Mammola, in provincia di Reggio Calabria, la concentrazione di radon, gas radioattivo naturale inerte prodotto principalmente dal suolo e dai materiali da costruzione, è superiore al livello di azione previsto dalla normativa.
E’ questo l’esito della misurazione realizzata dai laboratori fisici di Catanzaro e Reggio Calabria dell’Agenzia regionale per la protezione dell’Ambiente della Calabria (Arpacal), rientrante nel più ampio programma previsto per la determinazione dei livelli di radioattività ambientale all’interno della galleria, lunga 3,2 km con 8 piazzole di sosta d’emergenza ed altrettanti rifugi, nonché nell’area circostante. Piano operativo redatto dall’Arpacal, concordato in sede di riunione tecnica nella Prefettura di Reggio Calabria, e trasmesso a tutti gli Enti interessati già il 27 ottobre scorso.
Il laboratorio fisico “Ettore Majorana” del dipartimento Arpacal di Catanzaro è stato, quindi, incaricato ad effettuare la misura della radioattività naturale all’interno della galleria. Il radon, infatti, è stato classificato dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC/OMS) come agente cancerogeno di gruppo 1; nel nostro Paese la normativa in vigore, per limitare il rischio per i lavoratori, ha imposto che per questi siti, in quanto gallerie, i datori di lavoro siano obbligati ad effettuare la valutazione del rischio radon da inserire nel documento di Valutazione dei Rischi, sottoscritto dai rappresentanti dei lavoratori.
La prima fase dell’indagine, quindi, ha interessato la misura della radioattività naturale attraverso il posizionamento dei dosimetri lungo tutto il percorso della galleria, nelle otto piazzole di sosta e in due dei rifugi presenti nella piazzola n.1 e n.6. La disposizione delle piazzole, dislocate con regolarità su entrambi i lati della galleria è stata ritenuta valida ai fini della rappresentatività del sito d’interesse. Il periodo di misurazione, 101 giorni, viene considerato dai tecnici Arpacal “significativo ma non sostitutivo degli obblighi di legge, che sono e rimangono in capo al datore di lavoro del sito in oggetto”.
“L’obbiettivo primario – è detto nella relazione che l’Arpacal ha invitato agli enti territoriali competenti – è stato quindi quello verificare i livelli di radioattività naturale con misure brevi, procedura prevista e messa in atto all’occorrenza, per una prima valutazione in luoghi potenzialmente a rischio e dove accedono lavoratori di aziende diverse e per motivazioni altrettanto diverse, oltre che persone del pubblico”.
“La piazzola n. 3 dall’analisi dei risultati assume un valore più significativo – è detto nel report – a testimonianza che il livello di radioattività naturale è presente con valori da non trascurare, considerato che valutazioni più accurate possono essere effettuate avendo a disposizione una concentrazione annuale, così come prevede la norma. Il valore registrato supera l’attuale livello di azione previsto nella norma per i luoghi di lavoro, fissato a 500 Bq/m3, e di gran lunga superiore a quello previsto dalla nuova direttiva europea 2013/59/Euratom, già pubblicata e in attesa di recepimento in Italia, di 300 Bq/m3”.
Va inoltre evidenziato che, per i tecnici Arpacal, mancano importanti dati, sebbene richiesti, sul ricircolo dell’aria che, in gallerie di tale portata, dovrebbe essere prodotto da impianti di condizionamento, utili anche per la riduzione delle concentrazioni di gas radon. Se l’impianto di areazione non fosse in azione o non correttamente funzionante, fanno sapere i tecnici dell’Agenzia ambientale calabrese, “i dati acquisiti potrebbero addirittura essere sottostimati, in quanto condizionati dall’impianto. Di certo, la situazione descritta nel periodo di osservazione è quella reale. In altri termini potrebbe voler dire che se i risultati acquisiti verranno confermati dai dati di concentrazione annua, sarà necessaria un’eventuale rimodulazione di funzionamento dell’impianto di condizionamento forzato”.
In merito alla presenza di radioattività artificiale, oggetto specifico e previsto dal programma messo in opera dall’Arpacal, il documento tecnico evidenzia, infine, che “i dosimetri utilizzati stimano la radioattività naturale, condizione necessaria e sufficiente per poter discriminare eventuali anomalie radiometriche generate dalla presenza di sostanze radioattive di tipo artificiale. L’esame di dettaglio dei dosimetri, inoltre, ha permesso di osservare che nel punto di misura, il dosimetro a più diretta esposizione con la parete del tunnel ha registrato un valore in media più alto rispetto all’altro, posto ad alcuni centimetri di distanza. Il dato tradotto potrebbe non essere significativo, in quanto anche la parete in cemento ha una sua radioattività naturale che può giustificare tale comportamento. Soltanto una caratterizzazione spettrometrica, relativa alle caratteristiche radiometriche del materiale che compone la parete del tunnel, quindi con un carotaggio delle pareti della galleria, potrà certificare la presenza nel sito di eventuali radionuclidi artificiali”. Attività, quest’ultima, per la quale l’Arpacal sin dalla prima ora ha dato la sua disponibilità, sul piano scientifico, agli enti eventualmente chiamati a disporre tali fasi operative.
A tale proposito, i tecnici dei laboratori fisici dell’Arpacal, hanno inteso replicare a quanto riferito da alcune trasmissioni televisive nazionali sulla presunta presenza di scorie radioattive all’interno e/o in prossimità della galleria della Limina. “Durante la trasmissione Presa Diretta su Rai Tre, lunedì 10 febbraio scorso – affermano i tecnici Arpacal – il giornalista che curava il reportage dalla Galleria della Limina ha mostrato valori di radioattività, misurati appunto nei pressi del tunnel, intorno a 0.20 microSievert/ora e che, a detta del giornalista, “aumentano” fino a 0.26 man mano ci si avvicinava all’ingresso della stessa, sottolineando, fra l’altro, che tali livelli risultavano anomali rispetto al naturale fondo radioattivo (intorno a 0.10, sempre secondo lo stesso giornalista). A tal proposito è opportuno sottolineare, anche per evitare eccessivo allarmismo nella popolazione – proseguono i tecnici – che le misure radiometriche sono fortemente influenzate dal fattore geometrico, dall’altura, dalla tipologia di roccia sottostante e da numerose altre variabili. Mentre in laboratorio si eseguono misure in condizioni di assoluta riproducibilità geometrica, e quindi più accurate, le misure in campo forniscono tipicamente un ordine di grandezza e le incertezze che vanno considerate sono diverse: tra queste il valore corretto del fondo ambiente naturale, essendo i livelli di radioattività naturale assai variabili da luogo a luogo in quanto dipendenti dalle condizioni geomorfologiche del territorio (esistono zone nella nostra Penisola con valori di fondo naturale nettamente superiori a 0.2 microSv/h e non per questo considerati anomali), oppure la geometria di misura corretta (posizione del rivelatore rispetto alla sorgente di radiazioni), o la quota (l.m.), i tempi di misura, eventuali effetti di schermo, ed altro ancora”.
“Inoltre il rilevatore Geiger-Muller usato dal giornalista – fanno notare i tecnici – è tra quelli più soggetti alle fluttuazioni statistiche, e per questo motivo l’utilizzo di quello strumento è sconsigliato per misurazioni scientifiche attendibili. Ci sono zone del territorio italiano, come Valle Cervo (Biella), dove davanti ad alcune scuole elementari vi è un fondo naturale pari a 0,70 microSievert/ora. Quindi, se i valori misurati impropriamente dal giornalista nei pressi della Limina, fossero veri, un bravo ed efficiente esperto di radiazioni eviterebbe di approfondire l’indagine scientifica perché i valori sarebbero trascurabili. L’Arpacal, invece, ha scelto un’altra strada, avviando una serie di indagini radiometriche nella galleria, un’attività specifica di campionamento per approfondimenti in laboratorio in aggiunta all’attività di indagine di tipo campale, alcune delle quali in fase di conclusione come quella relativa alla misurazione del gas radon. Quanto emerso e quanto emergerà dalle indagini, visto che ogni atto prodotto dall’Arpacal che può riguardare la protezione della popolazione non è segreto di Stato, sarà reso disponibile, pubblicato oltre che notificato agli stessi Sindaci, in quanto preposti per norma alla tutela della salute pubblica”.

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