Operazione TNT: dettagli nomi e foto dei 10 arrestati dai Carabinieri

Reggio Calabria. Questa mattina in città ed in alcuni comuni limitrofi, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, in collaborazione con gli uomini del Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale di Cosenza e dello Squadrone Cacciatori di Calabria, hanno dato esecuzione ad un’Ordinanza di Custodia Cautelare, emessa dal gip presso il Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di 10 persone, accusate di far parte di un pericoloso sodalizio criminale dedito al traffico di esplosivo, armi, furti e rapine.

Premessa
L’odierna operazione rappresenta la prima fase di una complessa attività investigativa che prende l’avvio a seguito dell’arresto operato, in tempi diversi, a carico di due degli indagati: Domenico Demetrio Battaglia e Damiano Roberto Berlingeri.
Nello specifico, nel corso di una perquisizione domiciliare, i Carabinieri, nell’aprile del 2012, hanno tratto in arresto Battaglia, a seguito del ritrovamento all’interno della sua abitazione di 10 formelle di esplosivo del tipo tritolo per un peso complessivo di oltre 2 Kg., di 5 detonatori e di numerose munizioni di diverso tipo e calibro.
L’arresto di Battaglia per detenzione di tritolo, riconosciuto dello stesso tipo di quello rinvenuto nelle stive della nave “Laura C” affondata durante l’ultimo conflitto mondiale nei fondali antistanti Saline Joniche (RC), ha fornito l’input per avviare le indagini volte ad individuare la provenienza del materiale esplodente, indagini di cui in passato si era più volte occupata anche la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, ravvisandovi il coinvolgimento della criminalità organizzata.
Le attività di indagine hanno consentito di acclarare come, nella vicenda del tritolo, fosse coinvolto anche il Berlingeri, responsabile secondo l’impianto accusatorio di aver ceduto il tritolo a Battaglia, episodio per il quale, tra l’altro, Berlingeri è stato già condannato. Il tritolo, secondo gli inquirenti, sarebbe stato a sua volta sottratto ad una cosca di ‘ndrangheta operante nella zona sud di Reggio Calabria.

Il coinvolgimento della ‘ndrangheta
L’attività investigativa ha inoltre evidenziato il collegamento di alcuni dei personaggi coinvolti nelle vicende in esame con rilevanti figure della criminalità organizzata, dalla quale non appare distante l’operato degli odierni indagati, specie se si consideri l’elevata disponibilità e/o capacità di procurarsi armi da costoro dimostrata. È stata certificata la contiguità di alcuni degli odierni arrestati alla più vasta organizzazione criminale denominata ‘ndrangheta, con specifico riferimento alle cosche Serraino e Franco. Pur tuttavia, sebbene le indagini in tal senso continuano, va osservato che nessuna accusa di ‘ndrangheta, né di tipo associativo né l’aggravante dell’agevolazione, viene contestata a nessuno dei dieci indagati.

Svaligiata anche la villa sottoposta a sequestro di Luciano Lo Giudice
Tra i numerosi colpi messi a segno anche quello effettuato alla villa di Luciano Lo Giudice. Tra la refurtiva, in parte già recuperata, anche un maxi scooter Yamaha T-Max che Domenico Demetrio Battaglia, Damiano Roberto Berlingeri ed altri presunti correi avrebbero asportato dalla villa sottoposta a sequestro appartenuta al fratello di Nino Lo Giudice alias il “Nano”.

Le vittime
In molti casi è emerso che la banda preferiva colpire vittime, di cui i rapinatori conoscevano abitudini e orari, prediligendo in modo particolare anziani indifesi. Solo per citare alcuni esempi, per la rapina commessa a Cardeto nell’aprile del 2012 ai danni di due anziane donne, madre e figlia, Teodoro Moro, originario di Cardeto, temeva che potesse essere riconosciuto dalle due donne o da quel “bastardo del figlio”, perché “lo avevano visto crescere”.
Conosciuti alla banda erano anche una donna ed i suoi familiari a cui Massimo Murina, Alessio Cirillo, Massimo Piccolo e Osvaldo Surace hanno svaligiato la casa, approfittando della circostanza che un parente della donna fosse ricoverato insieme ad una congiunta del Murina, il quale, in tal modo, aveva modo di sapere esattamente quando colpire, essendo l’abitazione della vittima incustodita.
Ancora Murina e Piccolo, in un’altra occasione, dopo essersi guadagnati la fiducia di un impiegato di Reggio Calabria, dapprima si sono fatti prestare la sua auto, una Bmw nuova di zecca, e successivamente, dopo aver simulato il furto dell’auto, si sono fatti consegnare da questi 3.000 euro in contanti, quale prezzo per l’intermediazione con una fantomatica banda di pericolosi ladri d’auto, somma consegnata dal malcapitato con enormi sacrifici e che Murina avrebbe poi provveduto a sperperare alle slot machine nel giro di qualche ora.

Violenza e ferocia inaudite
Durante i colpi la banda aveva fatto più volte ricorso all’uso delle armi e della violenza per terrorizzare le anziane vittime. I banditi erano soliti, infatti, colpire armati di coltelli, pistole, spranghe, bastoni, a volte utilizzando fucili a canne mozze, come nel caso di una rapina commessa a Pellaro.
Zampaglione, ad esempio, spiegava ai correi che durante i colpi, lui la pistola la portava sempre, in quanto se la vittima avesse reagito, gli avrebbe tranquillamente sparato “se uno prende a fare… almeno lo tira, si deve difendere poi una persona per davvero, se deve andare male che vada male, vaffanculo … oh, un’arma è sempre un’arma”. Continuava spiegando che una volta entrati nell’abitazione da rapinare, era importante picchiare subito le vittime, specificando che più forte venivano picchiate e maggiore sarebbe stata la sudditanza psicologica ottenuta sulle stesse.
Non sempre però le vittime si arrendevano facilmente, come nel caso della rapina commessa ad un’anziana donna picchiata con ferocia e lasciata in una pozza di sangue e successivamente ricoverata per oltre un mese in ospedale.

I ricettatori
Le indagini consentivano, inoltre, di individuare alcuni soggetti, attualmente indagati per il delitto di ricettazione. Nei confronti degli stessi, in data odierna, è stata eseguita perquisizione domiciliare.

In pochi mesi di indagine sono stati circa una ventina gli episodi certificati e contestati agli odierni arrestati, commessi principalmente a Reggio Calabria ed in altre località limitrofe (Cardeto, Pellaro, Bocale, Campicello di Pellaro e Rosario Valanidi).
Nel corso dell’indagine, a distanza di pochissimo tempo dall’inizio della stessa, i Carabinieri del Comando Provinciale traevano in arresto nella flagranza di reato alcuni degli indagati, ponendo in tal modo fine alle loro pericolose scorribande.

Dati operativi
Nel corso dell’operazione sono stati impiegati oltre 100 Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, supportati dai militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori e del Comando Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza.

Le persone tratte in arresto sono:

  1. Domenico Demetrio Battaglia, di 51 anni, nato a Reggio Calabria;
  2. Damiano Roberto Berlingeri, di 28 anni, nato a Melito Porto Salvo;
  3. Giovanni Cilione, di 38 anni, nato a Melito Porto Salvo;
  4. Ivano Alessio Cirillo, di 26 anni, nato a Reggio Calabria;
  5. Vincenzo Fortugno, di 46 anni, nato a Reggio Calabria;
  6. Teodoro Moro, di 59 anni, nato a Cardeto;
  7. Massimo Murina, di 39 anni, nato a Reggio Calabria;
  8. Massimo Piccolo, di 35 anni, nato a Reggio Calabria;
  9. Osvaldo Surace, di 36 anni, nato a Reggio Calabria;
  10. Giuseppe Zampaglione, di 39 anni, nato a Montebello Jonico.

[youtube]P-jW9gT4y7U[/youtube]

[youtube]jL1UCnFWJPk[/youtube]

[youtube]2IZnB74xvoM[/youtube]

[youtube]ROjjkHVx7E0[/youtube]

Exit mobile version