Reggio Calabria. “Non riconosco come mie quelle affermazioni attribuitemi dal Corriere”. Con queste parole il procuratore capo della DDA di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, ha smentito le parole a lui attribuite in un articolo di un inviato del Corsera. E così, dopo avere bacchettato qualche tempo fa mamma Rai durante una conferenza stampa, questa volta il procuratore strapazza il principale quotidiano del Paese. E’ accaduto a Polistena, nel salone del Comune assiepato per il dibattito sull’ultimo libro di Mimmo Gangemi, Il patto del giudice. A Cafiero De Raho sono affidate le conclusioni: “Alcuni dicono che sono contro i calabresi. Ma non è vero: io sono solo e soltanto contro la ‘ndrangheta”. Subito dopo un passaggio sulla stampa “che ha una funzione essenziale, ma se confonde o manipola fa un favore ai nemici della legalità”.
Il casus belli è fornito appunto dal Corriere della Sera, che in un virgolettato ha attribuito a Cafiero queste parole: «Le elezioni mi spaventano. Quando andrà via il commissario straordinario si dovranno fare. Qui non c’è libertà, “loro (le cosche ndr)” spostano la vittoria. Che razza di elezioni saranno?». “Devianti”, le definisce così il procuratore quelle affermazioni appena smentite, perché potrebbero far pensare che abbia voluto delegittimare “a prescindere” la sovranità popolare. Non lo ha detto, ha assicurato, e non lo ha pensato.
Alla luce di quanto accaduto con Cafiero De Raho, fanno sapere fonti vicine a Giuseppe Scopelliti, andrebbe riletta anche l’ultima frase contenuta nell’intervista al governatore dimissionario. Secondo il giornale Scopelliti, dopo avere rilasciato l’intervista, avrebbe telefonato alle ore 20 della stessa sera con la richiesta impossibile «Posso cambiare quello che ho detto?”. Gli uomini vicini a Scopelliti giurano che non sarebbe andata affatto “esattamente” così. «Infatti – commentano oggi – anche il procuratore si è lamentato».
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