Reggio Calabria. “Mio padre credeva di poter migliorare la sua città, la Reggio che ha dimenticato i cittadini onesti sotterrando i ricordi sotto la paura”. Ha esordito così Rosa Quattrone – figlia di Demetrio, ingegnere, ucciso dalla ‘ndrangheta il 28 settembre 1991 – una delle protagoniste della tappa reggina della Carovana internazionale Antimafia – promossa da Arci, Libera, Avviso Pubblico, Cgil, Cisl e Uil – che si è tenuta nella sede della cooperativa Rom 1995.
I temi dell’incontro – intitolato “Le mani sulla città. Impronte di cittadinanza negata” – sono stati quelli del rapporto tra mafie, ambiente, abusivismo edilizio e quelli della trasparenza e corruzione nelle pubbliche amministrazioni. “Sono passati più di vent’anni dall’omicidio di mio padre – ha proseguito la Quattrone – e gli autori, i mandanti e i moventi restano ancora sconosciuti. Mio padre amava l’ingegneria, era un professionista stimato e affermato, un uomo legato alla sua terra e alla sua famiglia, determinato in tutto quello che faceva. Mai avrebbe potuto immaginato che il suo lavoro gli sarebbe costato la vita”.
Domenico Porcino invece, della Polizia Municipale di Reggio Calabria, ha preso parte al tavolo dei relatori per ricordare un’altra vittima della mafia locale cui è stato dedicato l’incontro odierno: Giuseppe Macheda, vigile urbano, ucciso il 28 febbraio 1985. Macheda faceva parte di una task force che aveva facilitato numerosi arresti e denunce nell’ambito delle indagini sull’abusivismo edilizio; gli venne bruciata la macchina e il giorno dopo venne ammazzato. “Quelli furono anni di grande lavoro – ha raccontato Porcino – anni devastanti sotto il profilo ambientale: per ogni condono edilizio si diceva sempre che sarebbe stato l’ultimo. Purtroppo di fronte a questo tipo di azioni persino lo Stato si è sempre dimostrato troppo debole. Non capisco perché in Italia sia così difficile istituire uno Stato legale in cui le leggi vengano veramente rispettate”. Porcino conclude con un appello: “Chiediamo alla triade commissariale di intitolare a Macheda e ai colleghi caduti la sede della Polizia Municipale di Reggio Calabria”.
Spetterà a Nuccio Barillà della Segreteria nazionale di Legambiente – nonché membro di una commissione d’inchiesta istituita al Comune di Reggio appositamente – ripercorrere a grandi linee i numerosi “scandali” ambientali che tanto hanno fatto parlare, discutere e riflettere nel corso degli anni: “Ci eravamo accorti che era accaduto qualcosa in città. Stavamo assistendo ad un vero e proprio scempio urbanistico, ad un saccheggio della collina di Pentimele. Da lì a qualche anno avremmo capito che esiste una stretta correlazione tra la lotta alla ‘ndrangheta e la tutela dell’ambiente. Alcuni esempi li troviamo anche nella cronaca recente, costellata di casi con cui si dimostra che esistono dei sistemi di tangenti strutturati sul mercato del carbone piuttosto che delle energie rinnovabili. La commissione d’inchiesta di cui ho fatto parte è nata su impulso dello stesso consiglio comunale: la relazione che redigemmo alla fine del nostro lavoro non fu mai pubblicata né distribuita. Emerge, da quella relazione, uno spaccato di Reggio devastante, emergono vigliaccherie e resistenze, emerge persino una certa voglia di cambiare da parte di tante persone che però non trovano punti di riferimento. Quella relazione fu da alcuni definita un ‘romanzo a tinte fosche’ perché mette a nudo la così detta mafia del cemento o ‘illegalità legalizzata’, come a me piace definirla, perché le mostruosità edilizie trovano sempre copertura nel dedalo delle leggi. Chi ama la città critica – ha concluso Barillà – individua gli errori e prova a cambiarli. Mettiamoci insieme perché la difesa dell’ambiente è il punto di partenza per avere una città pulita e sicura, la città che vogliamo”.
Nel corso dell’incontro di stasera è emerso un quadro della situazione ambientale di Reggio Calabria devastante sotto molteplici aspetti, quello ambientale in primis. Un quadro che, senza una reale presa di coscienza da parte di tutti, non potrà che peggiorare nel tempo e incidere profondamente sulla vita dei cittadini. Occorre dunque impegno e occorrono azioni concrete. Dichiarerà a questo proposito il procuratore Federico Cafiero De Raho “vogliamo impegnarci al massimo ma non si può aspettare ancora tanto. Ho incontrato il ministro e altri e tutti mi hanno promesso più uomini, ma è sempre poco perché per rilevare tutto questo occorre tempo e occorrono i contributi di tutti. Io a incontri come questo partecipo sempre per dire noi ci siamo, ma dovete esserci anche voi”. Procura, associazioni e cittadini insieme nella denuncia e nel contrasto a tutto le mafie, nel segno del ricordo di Quattrone, Macheda e di tutte le vittime di mafia, ma anche e soprattutto per aspirare ad un futuro e ad un città migliore.
Giulia Polito