Reggio Calabria. Avete mai provato a immaginare cosa significhi muoversi a Reggio su una sedia a rotelle?
A Reggio Calabria, dove le emergenze strutturali e ambientali sono all’ordine del giorno, manca da sempre un piano urbanistico pensato “a misura” di disabile: il Peba (Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche, varato con la legge 13 del 1989 che in realtà pochissime città hanno adottato) dove per disabilità – attenzione – non si intende l’esito di uno stato patologico, bensì il gap tra la persona e l’ambiente circostante (incluso l’atteggiamento sociale). Ecco perché si parla di ambiente per tutti, perché tutti sono coinvolti anche se in modo differente: i bambini piccoli quanto gli anziani, le donne incinte quanto chi ha una caviglia slogata; oltre, ovviamente, alle persone con disabilità.
Sono trascorsi cinque mesi dal rientro dei Bronzi di Riace al nuovo Museo e l’onda dell’entusiasmo per una nuova possibile stagione turistica dalla luce salvifica sembra essersi spento. Sui giornali l’attenzione dei lettori è stata focalizzata, da una parte, sulle questioni ambientali (dall’emergenza rifiuti alla riqualificazione e valorizzazione di determinate aree, fino agli annosi problemi idrici) e sull’inadeguatezza dei servizi di trasporto pubblico; e, dall’altra, sulle questioni politico-amministrative (la necessità di uscire dalla fase commissariale e accantonare definitivamente il paventato dissesto finanziario, tanto per dirne solo alcune).
Tutti temi importanti su cui necessariamente le forze politiche e sociali della città dovranno quanto prima confrontarsi. Nel frattempo anche Newz.it si è chiesto quale potesse essere una chiave di lettura vincente per il buon turismo a Reggio Calabria. E tra tante possibili ipotesi abbiamo pensato che il turismo, anzitutto, deve poter essere accessibile a tutti e sotto ogni profilo. Così, una domenica pomeriggio, abbiamo pensato di fare un giro per il centro storico della città immaginandoci di percorrere quei luoghi tanto familiari non sulle nostre gambe, bensì sulle quattro ruote di una sedia a rotelle.
Scopriamo così che tra le poche cose “utili” sotto questo profilo che fanno oramai parte in pianta stabile dell’assetto urbanistico cittadino ritroviamo il famigerato tapis roulant di via Giudecca, un progetto prima ideato da Italo Falcomatà e poi fortemente sostenuto e voluto dal sindaco Giuseppe Scopelliti e divenuto nel giro di pochi anni, proprio per le feroci critiche prima e durante i lavori, un vero e proprio simbolo del potere scopellitiano sulla città. Fortemente contestato dagli oppositori politici, il tapis roulant resta tuttavia l’unica struttura che rende un po’ più agibile il centro cittadino. Peccato che questo presenti, sotto il profilo dell’accessibilità, gravi (e grossolane) carenze strutturali: le uscite sui marciapiedi, infatti, risultano di difficile imbocco per un paio di gambe, figurarsi per quattro ruote. Nelle immagini abbiamo immortalato due scorci di via del Torrione e di via Tripepi: i marciapiedi sono visibilmente troppo stretti e costellati dai dissuasori di parcheggio che rendono impossibile il passaggio. Il tapis roulant, ben poco offre, rispetto a quelle che potevano essere le speranze iniziali, sotto il profilo dell’accessibilità, dal momento che le vie parallele e perpendicolari sono totalmente inaccessibili.
Dalla via Tripepi al Corso Garibaldi il tratto è breve. E anche lì dove ci si aspetterebbe di non trovare barriere, trattandosi di un’isola pedonale, ad una prima occhiata attenta (ma non troppo) ci si accorge di quanto il principale passeggio cittadino sia disseminato di pericoli di ogni tipo: buche, mattonelle rialzate, gli scarichi fognari troppo bassi rispetto al livello della strada e spesso posizionati proprio in corrispondenza degli scivoli che portano dalla strada al marciapiede. Non solo, ma le stesse attività commerciali – in gran parte – non presentano i requisiti minimi per garantire l’accessibilità per le persone non deambulanti. Innanzitutto nessuna di queste presenta l’ombra di una pedana; in secondo luogo, e ciò interessa soprattutto le principali attività ristorative del centro storico, si constata che i servizi igienici sono spesso posizionati in fondo a una scala, in un piano seminterrato, e che solo poche di esse sono attrezzate per l’abbattimento delle barriere (anche la toilette regolamentare è in fondo ad una scalinata o comunque poco accessibile).
Istituzioni a parte, insomma, cittadini e imprenditori certo non semplificano le cose: passeggiando ancora sul Corso Garibaldi nel pomeriggio domenicale, quando la città è ancora sonnecchiante e quindi poco trafficata, scorgiamo – tanto per gradire – un’automobile parcheggiata con le quattro frecce proprio nel posto riservato che fa quasi ad angolo del celebre bar Cordon Bleu, forse per l’ansia di accaparrarsi gli ultimi bignè della domenica.
Ci dirigiamo infine verso piazza De Nava, un punto dal quale poter osservare “dall’alto” il Museo nazionale della Magna Grecia, fiore all’occhiello e orgoglio della città. Il progetto di riqualificazione di piazza De Nava è un altro di quei punti sul quale forze politiche e sociali dibattano ormai da moltissimo tempo. Intanto, fino a questo momento, per rendere la piazza accessibile non occorrono futuristici progetti che richiederebbero, a loro volta, ingenti investimenti di denaro. Basterebbero, tanto per iniziare, le pedane di accesso: come si evince dall’immagine proposta, infatti, l’accesso alla piazza presenta un dislivello che potrebbe causare problemi ad una carrozzina.
Ovviamente nulla si registra a favore delle persone con disabilità sensoriale, per esempio le persone che non ci vedono e quelle che non ci sentono. Sul Lungomare Falcomatà, per esempio, mancano i semafori pedonali che, ovviamente, dovrebbero contenere i dispositivi per le persone cieche e per quelle sorde.
Se il 2014 rappresenti davvero l’anno zero a Reggio Calabria lo vedremo nel tempo. Ma intanto è quanto meno improbabile pensare ad un nuovo modello di sviluppo, ad città a misura d’uomo, moderna e vivibile, senza tener conto di quella fetta di popolazione più debole sotto il profilo della mobilità. Non esiste alcuna alternativa: la modernità e la civiltà dipendono dall’accessibilità. Per tutti.
Giulia Polito
Foto di Mimmo Notaro