Operazione Breakfast: i dettagli sugli otto arresti dell’affaire Matacena

Reggio Calabria. Dalle prime luci dell’alba è in corso un’importante operazione della Dia di Reggio Calabria, che ha eseguito un’ordinanza di misure cautelari nei confronti di otto persone. Di queste, sei sono state eseguite, con l’arresto di:

  1. Claudio Scajola, 66enne nato a Imperia, ex ministro della Repubblica Italiana;
  2. Martino Antonio Politi, 47enne nato a Reggio Calabria (fac-totum di Matacena);
  3. Maria Grazia Fiordelisi, 52enne nata a Lauria (segretaria di Matacena);
  4. Roberta Sacco, 43enne nata a Torino (segretaria di Scajola);
  5. Antonio Chillemi, 74enne nato a Messina;
  6. Raffaella De Carolis, 72enne nata a Norcia (madre di Amedeo Matacena).

Sono invece attualmente ricercati:

  1. Amedeo Gennaro Matacena, 51enne nato a Catania; imprenditore ex deputato di Forza Italia;
  2. Chiara Rizzo, 43enne nata a Messina (moglie di Amedeo Matacena).

L’indagine, volta a impedire l’occultamento della proprietà del patrimonio di Matacena, attraverso la fittizia interposizione di prestanome nella catena di comando della galassia di società riconducibili all’imprenditore e ai suoi congiunti, con ampio ricorso alla creazione di schermi societari di aziende controllate estere e la contestuale disponibilità di conti bancari di società offshore, residenti in paradisi fiscali, è una costola della più ampia operazione Breakfast.
Il Centro operativo della Dia di Reggio Calabria, diretto dal colonnello Gianfranco Ardizzone, ha svolto una specifica, approfondita attività investigativa, avvalendosi dei più sofisticati strumenti tecnici di intercettazione e localizzazione di persone, nonché del tracciamento di complesse operazioni di fusione societaria con il connesso monitoraggio dei flussi finanziari, per smascherare i piani criminali dei soggetti coinvolti a vario titolo anche nel sistema di reinvestimento di capitali illecitamente accumulati, attualmente oggetto delle indagini di cui all’operazione Breakfast.
Infatti, Bruno Mafrici risultava in contatto, tra gli altri, con Amedeo Gennaro Matacena, interessato alla ricerca di provvista monetaria per lo sviluppo di operazioni finanziarie con la mediazione bancaria dello stesso Mafrici. Dai colloqui intercettati tra i due, sono emersi incontri tra gli stessi presso l’abitazione di Matacena, ubicata nel Principato di Monaco.
Da qui sono partiti gli accertamenti che hanno consentito di registrare e di tesaurizzare conversazioni coinvolgenti oltre Matacena e sua moglie, Chiara Rizzo, diversi soggetti, alcuni storicamente vicini all’entourage di Matacena, quali il suo fac-totum Martino Politi, Antonio Chillemi, la segretaria Maria Grazia Fiordelisi, la stessa madre Raffaella De Carolis, e altre persone. Queste si sarebbero adoperate fattivamente per interporsi fittiziamente, come prestanome di Matacena, acquisendo la qualità di amministratori e la titolarità di quote societarie nelle società: Solemar srl, Amadeus Spa, Amju International Tanker Ltd, e Athoschia International Tanker Ltd, queste ultime due costituite ed esistenti secondo le leggi della Repubblica della Liberia.
Con tale attività di intercettazione, inoltre, sono stati da subito captati svariati dialoghi di importanza investigativa tra Chiara Rizzo e Claudio Scajola, che hanno consentito di accertare come il politico, ex Ministro e parlamentare di Forza Italia, appariva in possesso di informazioni relative allo stato di latitanza di Matacena (fuggito a Dubai dopo la condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa ndr) delle cui condizioni e spostamenti in alcuni Stati esteri, funzionali per sottrarsi alla cattura, veniva costantemente aggiornato. Lo stesso Scajola, inoltre, sempre secondo l’accusa, con l’apporto determinante della sua segretaria Roberta Sacco, si sarebbe attivata alacremente oltre che nel favorire le operazioni di occultamento del patrimonio di Matacena, anche allo scopo di individuare uno Stato estero (il Libano secondo gli inquirenti) che evitasse, per quanto possibile, l’estradizione di Matacena, o la rendesse quanto meno molto difficile e laboriosa.
Questi fatti, che rappresentano uno dei più sofisticati modi di elusione delle norme in materia di prevenzione patrimoniale, dimostrano secondo l’accusa la pericolosità e il ruolo anche di soggetti che, pur non essendo mafiosi, prestano le proprie capacità professionali o la propria rete di influenti amicizie all’affermazione e alla realizzazione di interessi criminali.
A conclusione delle indagini, a seguito di richiesta di applicazione di misure cautelari, e contestuale decreto di sequestro preventivo, formulata dalla DDA reggina, il gip del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto:

a) l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di:

  1. Amedeo Gennaro Raniero Matacena, irreperibile;
  2. Chiara Rizzo, irreperibile;
  3. Claudio Scajola;
  4. Martino Antonio Politi

nei confronti del 1° per il delitto di cui agli artt. 12 quinquies L. 7 agosto 1992 n. 356;
nei confronti del 2° e del 4° per i delitti di cui agli artt. 81 comma 2, 110, 390 comma 1, e 61 n. 2 c.p., 12 quinquies L 7 agosto 1992, n. 356;
nei confronti del 3° per il delitto di cui agli artt. 81, comma 2, 110, 390, comma 1 e 61, n. 2 c.p.

b) l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari presso le proprie abitazioni nei confronti di:

  1. Raffaella De Carolis:
  2. Maria Grazia Fiordelisi, attualmente irreperibile;
  3. Roberta Sacco;
  4. Antonio Chillemi;

nei confronti della 1ª per i delitti di cui agli artt.  81 comma 2, 110, 390 comma 1, e 61 n.2 c.p., 12 quinquies L. 7 agosto 1992 n. 356;
nei confronti della 2ª e 3ª per i delitti di cui agli artt. 81 comma 2, 110, 390 comma 1 e 61 n. 2 c.p.;
nei confronti del 4° per il delitto di cui agli artt. 81 comma 2, 110, 12 quinquies L. 7 agosto 1992, n. 356

c) il sequestro preventivo dei seguenti beni:

  1. intero capitale sociale, quote societarie e patrimonio aziendale della Amadeus Spa, con sede legale a Roma e sede amministrativa a Reggio Calabria, nonché delle società partecipate Amju International Tanker Ltd e Athoschia International Tanker Ltd;
  2. intero capitale sociale, quote societarie e patrimonio aziendale della Solemar srl con sede legale a Roma
  3. intero capitale sociale, quote societarie e patrimonio aziendale della Ulisse Shipping srl, con sede legale a Reggio Calabria;
  4. intero capitale sociale, quote societarie e patrimonio aziendale della Lidico srl con sede legale a Roma
  5. intero capitale sociale, quote societarie e patrimonio aziendale della Seafuture SA, società con sede legale in Lussemburgo e domicilio fiscale a Roma;
  6. intero capitale sociale, quote societarie e patrimonio aziendale della New Life srl unipersonale, con sede legale a Roma;
  7. intero capitale sociale, quote societarie e patrimonio aziendale della Xilo SA, società con sede legale in Lussemburgo e domicilio fiscale a Roma;

per un valore complessivo di circa 50 milioni di euro.
Nel corso dell’attività di polizia giudiziaria, che ha visto coinvolti vari Centri operativi della Dia sull’intero territorio nazionale, sono state, inoltre, effettuate numerose perquisizioni nei confronti di altri soggetti a vario titolo coinvolti nelle indagini, finalizzate alla raccolta di ulteriori elementi investigativi e al chiarimento dei rapporti con gli odierni arrestati.

Il procuratore Cafiero De Raho: “Emerso quadro indiziario grave”
“Aspettiamo l’esito dei processi prima di gioire ma è emerso un quadro indiziario grave nell’ambito di un’altra indagine nata con una prospettiva diversa”. Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, nel corso della conferenza stampa convocata nella sede della Direzione investigativa antimafia reggina, alla presenza del direttore della Dia Arturo De Felice, per fornire i particolari della vicenda. Il riferimento è alla complessa inchiesta “Breakfast” sul riciclaggio di capitali della ‘ndrangheta al nord.
“Claudio Scajola – ha proseguito Cafiero De Raho – era in contatto con un ministro o persona di vertice dello stato libanese”. “Lo stesso Scajola – ha aggiunto il procuratore – era in rapporto strettissimo con Matacena e la moglie e parlava con loro del luogo in cui l’ex deputato avrebbe dovuto rifugiarsi”. De Raho, sempre riferendosi a Scajola, ha espresso rammarico per il ruolo svolto nella vicenda “da una personalità che ha ricoperto incarichi così importanti a favore di una persona condannata per reati gravissimi”.

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