Reggio Calabria. Pene durissime, sebbene più basse rispetto alle richieste del pm Beatrice Ronchi, sono state inflitte dal Tribunale collegiale di Reggio Calabria presieduto da Silvia Capone, Maria Teresa De Pascale e Margherita Amodeo a latere, nel processo “Do Ut Des” scaturito dall’omonima operazione della Polizia contro la cosca Lo Giudice, operante in città. Luciano Lo Giudice, considerato la mente imprenditoriale della cosca nonché fratello dell’ex collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice, è stato condannato per il reato di associazione mafiosa a 20 anni di reclusione. L’ex ufficiale dei Carabinieri in forza alla Dia, il capitano Saverio Spadaro Tracuzzi, è stato condannato a 14 anni e 6 mesi di reclusione più 600 euro di multa. Antonio Cortese, considerato l’armiere del clan, è stato condannato a 18 anni di reclusione e 3500 euro di multa. Bruno Stilo e Giuseppe Reliquato, condannati ciascuno a 16 anni di reclusione, Salvatore Pennestrì condannato a 13 anni di reclusione e 1400 euro di multa. Fortunato Pennestrì condannato a 10 anni di reclusione; Giuseppe Lo Giudice condannato a 7 anni e 6 mesi e 3000 euro di multa; Antonino Spanò, imprenditore nel settore della nautica, condannato a 6 anni di reclusione; Giuseppe Cricrì, l’imprenditore calabrese operante a Milano, condannato a 4 anni e 6 mesi. Due sole le assoluzioni, per gli imprenditori Rocco e Antonio Arillotta, che erano accusati di essere “teste di legno” per conto di Luciano Lo Giudice. Il Tribunale, su richiesta del pm, ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura DDA di Reggio Calabria, per falsa testimonianza, per l’ex comandante del Ros, Valerio Giardina ed altri ufficiali e sottufficiali, tutti ascoltati nel corso dell’istruttoria.
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