Catanzaro. Ammortizzatori sociali, infrastrutture, fondi comunitari, formazione professionale, fiscalità di vantaggio per le imprese. Sono gli argomenti che Santo Biondo, neo segretario generale della Uil Calabria, affronta in una conversazione con l’Agi. Trentotto anni, già segretario della Uilm reggina e calabrese, dipendente dell’Ansaldo Breda, all’indomani della protesta degli 8.000 forestali che ha paralizzato Catanzaro con l’obiettivo di sollecitare alla Regione il pagamento delle mensilità arretrate, Biondo si sofferma sui temi di maggiore attualità sul fronte dell’occupazione in Calabria. Con un filo conduttore: il lavoro come antidoto alla ‘ndrangheta, la più potente e temuta delle mafie.
Per i calabresi il momento è delicato. Dopo le dimissioni del governatore Giuseppe Scopelliti, in seguito ad una pesante condanna, manca un governo legittimato dal voto popolare. “La Calabria – dice Biondo – da sola non può farcela. Questa regione non può essere abbandonata al suo destino. Le forze politiche sono occupate nelle schermaglie delle trattative per la scelta dei candidati, ma qualunque sia l’esito di tutto ciò serve un impegno forte anche da parte del governo e del Parlamento”. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha voluto una cabina di regia proprio per monitorare la spesa dei fondi destinati alla Calabria, “ma occorre – dice il segretario della Uil calabrese – darle piena operatività. Questo strumento non deve perdere di significato perché questo farebbe venire meno ancora di più la fiducia dei cittadini calabresi delle istituzioni. Vanno scelti, quinti, gli interlocutori di questa operazione e fra questi non possono mancare i lavoratori, i precari e i disoccupati. Bisogna mobilitare i fondi europei, cosa che la classe dirigente di questa regione non è riuscita a fare celermente e si rischiano ritardi ulteriori”.
La Calabria, fa rilevare ancora il segretario della Uil, ha una sua specificità perché fra le regioni del Mezzogiorno è la più debole. “Questo – sottolinea – perché diversamente dalla Puglia, dalla Sicilia o dalla Campania, che pure hanno i loro problemi, non ha un suo tessuto produttivo. Occorre quindi – fa rilevare – attivare gli strumenti necessari per movimentare la spesa disponibile e l’economia più in generale”. Un primo problema da affrontare è quello degli ammortizzatori in deroga che in Calabria riguarda 27.000 persone. “Sia chiaro – spiega Biondo – che va fatta una riforma in termini di produttività degli strumenti di protezione sociale, ma non è possibile sottrarre risorse a questo settore. Il deficit pubblico viaggia a ritmi impressionanti, milioni di miliardi, e non si vuole trovare qualche milione di euro per rifinanziare gli ammortizzatori in deroga, come se fosse questo il problema dei conti pubblici”. Ma la questione vera, secondo Biondo, è che il bacino dei lavoratori beneficiari degli ammortizzatori va svuotato attraverso un piano di riqualificazione finalizzato al loro reinserimento nel mondo del lavoro. “Fra le motivazioni per cui le imprese non investono in Calabria – dichiara – c’è anche la mancanza di certe figure professionali qualificate, che non sono mai esistite perché in Calabria non c’è mai stata l’industria. Per esempio, per reperire un saldatore occorre chiamarlo da fuori. E poi – aggiunge – occorre creare altre condizioni indispensabili per uno sviluppo duraturo, a partire da una fiscalità di vantaggio per le imprese che assumono fino a quelle infrastrutture necessarie per rendere il territorio calabrese competitivo”.
Su tutto incombe la presenza soffocante della criminalità, che uccide le imprese. “L’azione repressiva dello stato – dice il segretario della Uil calabrese – è necessaria. Ma il problema va affrontato con un progetto di sistema, altrimenti dicano chiaramente che la Calabria l’hanno voluta abbandonare. Senza la liberazione dei calabresi dal bisogno del lavoro – aggiunge – non si può battere la criminalità. Prendiamo il caso delle infrastrutture viarie. Intere zone della Calabria sono isolate e nell’isolamento la criminalità prospera. L’alta velocità ferroviaria – osserva – in questa regione non arriva e su 871 chilometri di rete ferroviaria, appena 270 sono a doppio binario ed elettrificati. Il resto è a binario unico e senza elettrificazione. Come si può parlare di sviluppo in queste condizioni?”.
Si potrebbe obiettare che mancano i soldi, che le politiche restrittive impediscono investimenti statali in questo settore. “Ci sono – è la risposta del sindacalista – i fondi comunitari. Anziché disperderli in mille progetti, possono essere concentrati sulle infrastrutture. In questo modo la Spagna ha costruito la sua rete ferroviaria. Quello alla mobilità – osserva – è un diritto garantito dalla Costituzione, oltre che un elemento necessario per rendere appetibile il territorio. Ferrovie dello Stato e Alitalia non possono abbandonare la Calabria. Il rilancio di questa terra passa anche per un impegno più deciso da parte delle imprese pubbliche che devono assicurare investimenti e servizi”.
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