Reggio Calabria. Situazione di difficile risoluzione per il clochard che da diversi anni ormai dimora per le strade del quartiere di Tremulini. Mohamed, questo è il nome del senza tetto, è divenuto forse il barbone più conosciuto di Reggio Calabria perché ha deciso, così sembra possa fare, di trascorrere le sue giornate proprio su via Cardinale Portanova, una delle vie più trafficate del rione posto a nord della città.
In mezzo al tram tram del traffico veicolare, sotto gli sguardi di migliaia di passanti, tra la gente che lo sfiora, lo evita, spesse volte, tantissime, lo ignora. Come se non esistesse. Come se quella barba incolta, quegli abiti in inverno marci di acqua ed in estate aridi, si muovessero trasportati da qualcosa di misterioso o entità sconosciuta.
Sotto quei poveri indumenti invece c’è e sopravvive alle asperità della vita un uomo. Un essere umano che vive grazie alla sua forte tempra nonostante il suo fisico mostri i segni dell’inedia e della sofferenza (è quasi pelle e ossa!) ma anche all’interessamento che molte persone hanno nei suoi confronti. Portano abiti nuovi, coperte e soprattutto qualche pasto caldo da mangiare che difficilmente assimila al contrario dei fiumi di birra che beve forse per non sentire “i dolori di schiena” che dice di avere in continuazione.
Oltre a qualche passante, che conosce da tempo la “vecchia” situazione di Mohamed, vi sono i membri delle associazioni caritatevoli che si interessano a lui. Mense e associazioni ecclesiastiche. La Caritas della Chiesa della Santa Maria della Candelora, ad esempio, aveva fatto ben sperare, come avevamo accennato nel mese di marzo, in una felice conclusione a riguardo del clochard.
Era arrivata, l’associazione parrocchiale, a compiere un’impresa impensabile per Mohamed. Lo aveva messo in comunicazione con l’ambasciata del Kosovo, terra d’origine di Mohamed, che era riuscita a ricucire parte del suo passato dopo essere risalita alla sua identità. Il tentativo però di ottenere il nulla osta a quanto sembra, pare essersi arenato in alto mare. In ogni caso lui, per quanto possa esser capace di intendere e di volere, dice di non voler tornare in Kosovo. La sua stessa mitezza, del resto, lo mette al sicuro da qualsiasi intervento d’autorità. Si attende che lo consumino il freddo o l’alcol.
Tra pochi giorni quella strada pullulerà di migliaia di persone devote che si riverseranno sulla via Cardinale Portanova, così come su tante altre vie, per i festeggiamenti dedicati alla Madonna della Consolazione.
Quel giorno siamo certi che Mohamed non ci sarà. Così come non ci saranno il suo materasso, le sue coperte raccolte in un angolo di un box, le sue buste, le bottiglie di birra raccolte ai piedi di un albero. Tutto verrà spostato, almeno per quel giorno, in un altro luogo. Anche l’uomo non molesto che da anni dimora su una delle strade più popolate della città. L’essere umano che chiede elemosina con la mano protesa e lo sguardo perso in un orizzonte che per lui sembra allontanarsi sempre di più in attesa che un “evento straordinario” avvenga su quella strada che da diversi anni ormai accoglie il povero Mohamed nell’alternanza delle stagioni. In ogni interminabile attimo della sua vita.
Guglielmo Rizzica