Processo Xenopolis. Trotta ricostruisce le proiezioni e gli interessi della cosca Alvaro a Reggio Calabria

Diego Trotta

Diego Trotta

Palmi (Reggio Calabria). Durante l’intera giornata di oggi, 23 gennaio 2015, nell’ambito del Processo “Xenopolis” è stato ascoltato dalla Sezione Penale del Tribunale di Palmi, presieduta dal Giudice Concettina Epifanio, il vice questore aggiunto Diego Trotta, attuale dirigente del Gabinetto Regionale di Polizia Scientifica per la “Calabria”.
Il Funzionario della Polizia di Stato ha nuovamente deposto sugli esiti delle indagini culminate nella nota operazione “Xenopolis” – dal greco Sinopoli – culminata, il 4 settembre 2013, con l’esecuzione di sette ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico di altrettanti presunti capi ed affiliati alla potente ‘ndrina Alvaro di Sinopoli.
All’epoca dei fatti Trotta, che coordinò le investigazioni, era il vice dirigente della Squadra Mobile della Questura reggina e dirigeva la Sezione Criminalità Organizzata.
Stamattina, Trotta, rispondendo nuovamente alle domande del pm Roberto Di Palma, ha proseguito la disamina dei riscontri probatori al Tribunale di Palmi riferendo nuovi dettagli sulle posizioni degli imputati arrestati nell’ambito dell’operazione “Xenopolis”.
Il funzionario ha sottolineato l’impegno costante della Polizia di Stato verso una delle più temute ‘ndrine della provincia di Reggio Calabria, la ‘ndrina Alvaro, già sfociato, negli anni scorsi, nelle operazioni “Arca”, “Cent’anni di storia” e “Virus”, anch’esse condotte dalla Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria con decine di arresti confermati in pesanti sentenze di condanna.
Con l’operazione “Xenopolis” finirono agli arresti presunti capi e luogotenenti della ‘ndrina Alvaro, operante nei “Locali” di Sinopoli, S. Eufemia d’Aspromonte e Bagnara con proiezioni e solidi interessi economici nel capoluogo reggino: Cosimo Alvaro (cl. ’64) inteso “Pelliccia”, già detenuto, figlio del carismatico Domenico Alvaro, inteso “Micu U Scagghiuni”; Domenico Laurendi (’69) inteso “Mimmo Rocchellina”; Antonio Alvaro (’66), inteso “U Giannazzu”; Domenico Alvaro (’77); Rocco Palermo (’61); Giasone Italiano (’69); e Carmelo Giuseppe Occhiuto (’68). Furono complessivamente indagati 22 soggetti per i reati di associazione mafiosa ed intestazione fittizia di beni, nonché per detenzione di armi e munizioni.

La ricostruzione secondo le risultanze delle indagini:
Nell’impianto accusatorio l’operazione “Xenopolis” dimostrò le proiezioni economiche, commerciali e politiche degli Alvaro, attraverso i suoi personaggi di vertice.
Proiezioni economiche, commerciali e politiche degli Alvaro spiegate durante il quarto ed articolato esame testimoniale.
Grazie alle indagini condotte dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria emerse, tra l’altro, come anche il noto e lussuoso albergo “Mediterraneo Park Hotel” di S. Eufemia d’Aspromonte, a pochi chilometri dalla stazione sciistica di Gambarie, e l’allora (biennio 2008/2009) notissimo ristorante “Tocco di Bacco” di Cannitello ancorché formalmente intestate a prestanome e gestite formalmente da altri soggetti legatissimi alla ‘ndrina Alvaro, sarebbero stati, in realtà nella totale disponibilità di Antonio Alvaro.
Egli si sarebbe avvalso per la gestione del “Mediterraneo Park Hotel” di S. Eufemia d’Aspromonte di due imprenditori, padre e figlio, entrambi di Pistoia e all’epoca titolari di partecipazioni azionarie in alcuni tra i migliori Hotel della Calabria e della Sicilia. Ma gli incassi sarebbero stati tutti per Antonio Alvaro. Per la gestione del notissimo ristorante “Tocco di Bacco” di Cannitello, Antonio Alvaro, vero “socio occulto”, si sarebbe avvalso di un imprenditore del luogo nel settore della ristorazione, oltre che cugino dell’Alvaro.
Il processo riprenderà mercoledì 4 febbraio, con la disamina del prosieguo dei riscontri probatori.

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