Dia esegue maxi-confisca per circa 25 milioni di euro a un noto imprenditore edile

Reggio Calabria. La Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria, a seguito di una proposta del Direttore della Dia, ha eseguito un decreto di confisca di beni emesso dal Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione, presieduto dal giudice Ornella Pastore, nei confronti di Giuseppe Malara, 60enne di Reggio Calabria, imprenditore operante nel settore edilizio. Malara, nel 2007, unitamente ad altri 37 soggetti, era stato arrestato in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria, nell’ambito dell’Operazione Gebbione. Le indagini avevano permesso di svelare le infiltrazioni mafiose dei fratelli Labate in attività imprenditoriali della zona sud di Reggio Calabria (quartieri di Sbarre e Gebbione), messe in atto mediante estorsioni consistenti sia nel pagamento di “mazzette”, sia nelle fornitura di beni e servizi da parte di imprese controllate dagli associati, ma anche attraverso la protezione di imprenditori collusi tra i quali figurava, secondo le accuse, il Malara.
Pur se a suo tempo la vicenda giudiziaria si era conclusa con l’assoluzione del Malara, il Tribunale che ha emesso la confisca, chiamato a giudicare sulla proposta di misura di prevenzione, ha affermato che: “E’ vero che Giuseppe Malara, nel citato procedimento penale, è stato assolto dall’imputazione contestata, e tuttavia stante l’autonomia del giudizio penale di condanna rispetto a quello di prevenzione lumeggiata in premessa, ritiene il Collegio che residuino in linea di fatto indizi di una sua contiguità e cooperazione con il sodalizio capeggiato dai fratelli Labate operante nella zona sud della città di Reggio Calabria”.
Dalle indagini Giuseppe Malara è emerso quale “imprenditore colluso …omissis.. che entra in rapporto sinallagmatico con l’associazione mafiosa tale da produrre vantaggi per entrambi i contraenti, consistenti, per l’imprenditore nell’imporsi nel territorio in posizione dominante e per il sodalizio criminoso nell’ottenere risorse, servizi o utilità.
L’attività di confisca è il risultato di una articolata attività di indagine patrimoniale, coordinata dalla DDA di Reggio Calabria, retta dal procuratore capo Federico Cafiero De Raho, svolta dal Centro Operativo di Reggio Calabria, finalizzata ad aggredire i patrimoni mafiosi illecitamente accumulati. Le investigazioni si sono concentrate sulle modalità di acquisizione dell’ingentissimo patrimonio societario e personale del Malara che, negli ultimi anni, ha incrementato notevolmente la sua attività imprenditoriale. Gli accertamenti hanno evidenziato l’evidente sproporzione tra gli investimenti effettuati sin dalla fine degli anni 70 rispetto a quanto fiscalmente dichiarato. Al riguardo, l’organo giudicante ha rilevato che: “si può affermare – con ragionevole certezza – che per il periodo in rassegna (1978/2011) il nucleo familiare del Malara abbia vissuto al di sopra delle proprie possibilità economiche accumulando, correlativamente, un patrimonio illecito se riferito alle entrate ufficiali”.

La confisca a carico del Malara ha riguardato un ingente patrimonio, intestato anche ai suoi familiari, stimato in circa 25 milioni di euro, tra cui figurano:
− una ditta individuale con sede a Reggio Calabria, operante nel settore edilizio;
− 73 immobili, tra appartamenti, villette a schiera, cantine, garage e terreni in parte adibiti ad uso personale ed in parte ad uso aziendale siti a Reggio Calabria;
− tre autovetture;
− disponibilità finanziarie aziendali e personali, ammontanti a circa 500 mila euro.

Nei confronti del Malara è stata infine inflitta la misura della sorveglianza speciale, aggravata dall’obbligo di soggiorno nel comune di dimora della durata di 3 anni.

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