Reggio Calabria. Mai e poi mai avrei pensato di trovarmi a scrivere una lettera in cui avrei raccontato le mie vicende familiari visto che, di queste cose, non ne ho mai parlato con nessuno, ma adesso sento la necessità di doverle fare sapere a tutti. Sono G.C., sono nato a Reggio Calabria ed ho 27 anni, ho una compagna e due figli piccoli, uno maschio che ha circa 3 anni e mezzo di età e un’altra dell’età di 1 anno e mezzo.
Le mie condizioni di vita e della mia famiglia, sono sempre state precarie, continuando a vivere di stenti che mi hanno reso una persona debole visto che ormai da anni non riesco più ad avere i soldi per potere comprare quelle cose che mi servono per i bambini. Se solo sono riuscito ad andare avanti, è grazie all’aiuto economico di alcuni miei familiari. Dopo questo periodo, ho perso anche il lavoro visto che sono stato licenziato e quindi mi sono sentito veramente una persona inutile anche con mia moglie visto che non stiamo passando un buon periodo.
Il mio cervello non riusciva a trovare la volontà di lottare per trovare una soluzione e il giorno 19 aprile, subito dopo pranzo, senza capire cosa stessi facendo, ho preso mio figlio e sono uscito di casa senza dire niente a nessuno.
Con la mia macchina, sono andato con mio figlio alla Stazione ferroviaria di San Gregorio per farla finita. Non avevo parlato con nessuno, ma appena sono arrivato dentro la Stazione, ho chiamato il 112.
Mi ha risposto una persona gentile che ha detto di essere Angelo e con lui ho parlato, gli ho detto cosa volevo fare. Lui mi ha parlato come se fosse un amico, un fratello, cercando di farmi capire che stavo sbagliando e quindi con lui ho cominciato a parlare tranquillamente.
Ad un certo punto, sono arrivati 4 Carabinieri e di corsa hanno preso me e mio figlio portandoci via dal binario proprio quando stava arrivando il treno che aspettavo.
Con questa lettera, voglio ringraziare tutti i Carabinieri che ogni giorno cercano di difendere tutte le persone e ringrazio Angelo che con me ha parlato al telefono tenendomi impegnato mentre Ciccio e Peppe, appena sono arrivati hanno preso mio figlio dalle mie braccia mentre Santo e Nicola, a braccetto mi hanno portato fuori dalla Stazione dove avevo deciso di farla finita.
Non dimenticherò mai la generosità dei Carabinieri intervenuti anche perché hanno regalato a mio figlio, dopo quel maledetto 19 aprile (o forse benedetto) dei vestiti visto che non ne aveva abbastanza e anche perché mi hanno regalato la possibilità di vedere crescere mio figlio anche con i problemi quotidiani della vita.
Grazie di tutto
LETTERA FIRMATA
Abbiamo ricevuto la lettera di ringraziamento ai Carabinieri del sig. G.C., del quale abbiamo deciso di pubblicare le sole iniziali omettendo il nome di battesimo dei suoi due figli. Innanzitutto va sottolineato il plauso per i Carabinieri: Angelo alla sala radio, che come da manuale ha allacciato con l’aspirante suicida una conversazione esaltando i rapporti umani, strappando tempo prezioso per permettere agli equipaggi delle gazzelle di recarsi sul luogo indicato. Ciccio, Peppe, Santo e Nicola, sono i 4 angeli in divisa che hanno poi completato l’opera iniziata dal loro collega al centralino, mettendo in salvo il bimbo e il padre lontano dal binario.
Ma la lettera di G.C. tocca anche altri temi su cui riflettere. Soprattutto il dramma della perdita del posto di lavoro. G.C. non potrebbe esprimere meglio l’angoscia che deriva dal licenziamento: “sono stato licenziato e quindi mi sono sentito veramente una persona inutile”. Ma da come G.C. racconta, affermando che le condizioni di vita e della sua famiglia “sono sempre state precarie”, e di avere avuto bisogno dell’aiuto economico di alcuni suoi familiari, e solo dopo racconta di essere stato licenziato, sembrerebbe insomma che anche quando aveva un lavoro le cose non gli andassero troppo bene. Non stenterei a crederlo, visto che non solo il lavoro è sempre meno, ma viene anche pagato sempre meno. Attenzione a non sottovalutare il fenomeno. Il dramma di G.C. non è solo il singolo caso di una persona debole che ha perso il lavoro, ma è il dramma collettivo di un intero Popolo sottopagato o disoccupato. Non a caso i due termini, Popolo e lavoro, figurano entrambi nell’articolo 1 della nostra “bella e impossibile” Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione“. Quando accanto al Popolo non si coniuga più il lavoro, resta spazio solo per l’angoscia.
Fabio Papalia
foto d’archivio