Foto video e dettagli dell’arresto del latitante Paolo Balsamo: catturato a Rossano dalla Dia di Catania

Catania. Personale della Direzione Investigativa Antimafia di Catania, diretta dal primo dirigente Renato Panvino, congiuntamente a personale del Centro Operativo di Torino e a quello della Sezione Operativa di Catanzaro ha tratto in arresto il latitante Paolo Balsamo, di 50 anni, condannato alla pena di 30 anni per associazione mafiosa e omicidio. Peraltro, sull’uomo grava un provvedimento di cumulo pene emesso dalla Procura Generale presso la Corte d’Appello di Catania.

Balsamo è stato rintracciato a Rossano, in provincia di Cosenza, in viale Santangelo, in prossimità della Stazione Ferroviaria, a bordo di un’autovettura Fiat Punto, di proprietà di una delle due donne in compagnia delle quali è stato fermato. La cattura del ricercato è avvenuta a seguito di numerosi e prolungati servizi di osservazione protrattisi a Rossano sin dalle prime ore del mattino del 14 luglio, effettuati contestualmente ad attività tecniche. All’atto della cattura il ricercato si stava facendo accompagnare presso la vicina stazione per allontanarsi dalla città di Rossano, ma vistasi preclusa ogni possibilità di fuga dal personale della  Dia, non ha opposto alcuna resistenza e si è fatto arrestare.

Paolo Balsamo, alias Sucasangu-Buttafuoco, ritenuto appartenente al clan catanese dei “Cursoti”, si era reso irreperibile il giorno 16 giugno 2015, non facendo rientro presso la struttura carceraria di Bologna, al termine del turno di lavoro che avrebbe dovuto espletare quale operatore volontario presso la cooperativa sociale “Sammartini” di Bologna, in conseguenza del regime della semilibertà cui era stato ammesso.

Gravato da numerosi e gravi precedenti per associazione a delinquere di stampo mafioso, reati concernenti le armi e le sostanze stupefacenti, ha subito diversi attentati alla sua vita ad opera delle avverse organizzazioni criminali etnee ed è stato, di contro, condannato dalla Corte d’Assise di Appello di Catania, nel 2002, alla pena di 30 anni di reclusione per l’omicidio di Carmelo Murabito, strangolato il 21 gennaio 1991 con un filo del telefono e poi bruciato, omicidio maturato nell’ambito di una guerra di mafia che vide contrapposti i clan “Laudani” e “Cappello”.

Secondo le accuse organico negli anni 80, fino al 1991, al clan “Pillera-Cappello”, sarebbe transitato poi nel clan dei “Cursoti”, in particolare in una frangia capeggiata da Rosario Pittarà, Antonio Giustolisi e Salvatore Privitera, alleati con i “Cursoti” Milanesi del noto Jimmy Miano. Più volte, nel corso del 1991, Paolo Balsamo ha manifestato l’intenzione di collaborare con l’autorità giudiziaria di Catania, mostrandosi tuttavia inaffidabile e sottraendosi in più occasioni al programma di cui fruiva. Al termine delle formalità di rito Balsamo è stato condotto presso la casa circondariale di Cosenza a disposizione dell’autorità giudiziaria.

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