Venti piantagioni di canapa rinvenute in 2 mesi nella Locride dai Carabinieri

Locri (Reggio Calabria). Negli ultimi due mesi, i Carabinieri del Gruppo di Locri, con il supporto dei loro colleghi dello Squadrone Eliportato “Cacciatori di Calabria” e dell’8° Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia, con il supporto e delle unità cinofile del Gruppo Operativo Calabria, hanno compiuto una energica attività di controllo del territorio di competenza, in prosecuzione delle operazioni di contrasto alla criminalità diffusa, pianificate dall’inizio del corrente anno con particolare riguardo al contrasto
dei fenomeni legati alla produzione detenzione e traffico di sostanze stupefacenti.
I militari sono stati (e sono tuttora) impegnati in molteplici servizi finalizzati alla ricerca di piantagioni di canapa indiana e dei loro coltivatori su tutto il territorio della Locride. Essi stanno perlustrando sia con l’ausilio degli elicotteri dell’Arma, sia a piedi, letteralmente palmo a palmo, l’Aspromonte, nei cui anfratti i Carabinieri svolgono prolungati servizi di appiattamento e di osservazione in attesa di sorprendere, alle volte alle prime luci dell’alba, altre al tramonto, chi si reca a prendersi cura delle coltivazioni.
Vari i metodi di occultamento delle piantagioni di canapa indiana utilizzati. Il più delle volte le c.d. “piazzole” vengono realizzate in località impervie, di difficile accesso, caratterizzate da terreni scoscesi e immerse nella fitta vegetazione in modo tale da occultare sia la piantagione, sia il suo ingresso, le piante vengono messe raramente a dimora in filari (metodologia particolarmente diffusa in precedenza), posto che ora, si preferisce confonderle fra le altre culture presenti, nel convincimento di trarre in inganno l’ormai esperto occhio dei Carabinieri.
Inoltre, oltre a controllare minuziosamente il tragitto di avvicinamento alle piazzole, i malfattori lasciano sui sentieri dei piccoli ostacoli (come fasci di rami, mucchi di fogliame et similia), per verificare, qualora trovati spezzati/calpestati, l’eventuale passaggio di persone estranee/indesiderate. Le piantagioni, facilmente mimetizzabili e occultabili tra la fitta e rigogliosa vegetazione tipica dell’Aspromonte, oltre che dotate di ogni accortezza finalizzata ad evitare l’accesso di “estranei”- in alcune occasioni, sono state anche munite di sistemi di videosorveglianza con “foto-trappole” (mutuati dal “fototrappolaggio”, tecnica utilizzata per realizzare foto o video di animali – tipica dei documentari – mediante apparati dotati al loro interno di un sensore a infrarossi passivo che rileva il passaggio di un animale o di una persona davanti all’obbiettivo, provocando lo scatto della foto o l’inizio di un filmato) e punti di
osservazione realizzati su promontori molto distanti e avvolti da folte piante, da dove, come sentinelle in tempo di guerra, vegliare sulle coltivazioni.
Gli impianti di irrigazione più comunemente utilizzati e conformi alla morfologia del territorio, oltre che al metodo di occultamento, presentano a monte una fonte di acqua, quasi sempre naturale o, a volte, costituta da un serbatoio di elevata capacità, abbastanza distante e posto ad un altitudine maggiore rispetto alla piazzola. Il collegamento tra la fonte e la piantagione avviene mediante l’interramento e l’occultamento – tra la vegetazione e gli anfratti del terreno – di tubi di gomma che giungono presso la piazzola ove viene realizzato un impianto c.d. “a goccia” che rilascia gradualmente l’acqua necessaria per l’irrigazione. Tale sistema, che si attiva con un rubinetto collocato a monte della fonte, consente a chi realizza la piantagione di
recarvisi solo saltuariamente, riducendo così il rischio di essere colto in flagranza. In alcune, rare circostanze, sono invece i “coltivatori” che idratano le piante utilizzando un tubo connesso, spesso, a rubinetti abusivamente allacciati alle condotte idriche comunali.

Di seguito, la rassegna di un primo bilancio delle indagini e delle attività svolte, ancorché tuttora in corso:

Nel computo non rientrano i risultati conseguiti dai Carabinieri della Compagnia di Bianco, nell’ambito dell’attività d’indagine svolta dalla Stazione di San Luca denominata operazione “Jamaica”, che ha portato, alle prime luci dell’alba del 30 giugno scorso, all’esecuzione di 7 provvedimenti cautelari nei confronti di altrettante persone indagate, a vario titolo ed in concorso fra loro, per  produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, avendo gli stessi partecipato attivamente – nel 2014 – alla coltivazione di 9 piantagioni di cannabis indica occultate in pieno Aspromonte, il cui prodotto, qualora immesso sul mercato, avrebbe fruttato oltre 1 milione di euro.

Complessivamente, quindi, dal 1° giugno 2015 al 31 luglio scorso, i Carabinieri del Gruppo di Locri hanno rinvenuto – per ora – 20 piantagioni di cannabis indica, distrutto 4.108 piante, sequestrato oltre 32 kg di marijuana e tratto in arresto in flagranza di reato 17 persone sorprese mentre erano intente nella coltivazione, denunciandone altre 8 in stato di libertà. In tutto l’anno scorso, invece, le piantagioni erano state 34, le piante 3.671, la marijuana 266,996 kg, gli arresti per lo specifico reato 13, mentre le denunce a piede libero 4. Il raccolto delle piante distrutte quest’anno e fino a questo momento, qualora immesso sul mercato, avrebbe fruttato oltre 4 milioni di euro. La marijuana già confezionata sequestrata, invece, almeno 250.000 euro.

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