Reggio Calabria. “Quando siamo arrivati in vista del gommone altri migranti gli stavano praticando il massaggio cardiaco nel tentativo di rianimarlo, abbiamo provato a salvargli la vita ma non c’è stato nulla da fare”. Lo ha detto a Newz.it Paola, il medico del Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta che insieme a un’infermiera del Cisom ha prestato le cure sanitarie ai 224 migranti a bordo della motonave “Fiorillo” della Guardia Costiera durante la navigazione fino al porto di Reggio Calabria, dove stamani ha attraccato trasportando anche 4 salme, un uomo e tre donne. Sul molo la consueta macchina organizzativa coordinata dalla Prefettura, con le associazioni di volontariato, gli enti e le istituzioni coinvolte e le forze dell’ordine.
Sono 195 uomini, 22 donne e 7 minori, le anime tratte in salvo nel corso di più di un intervento di soccorso al largo delle coste libiche e trasportate a bordo della Fiorillo. Nel primo caso i migranti sono stati salvati da morte certa. Il gommone su cui viaggiavano, lo stesso dell’uomo deceduto, era forato a poppa e già imbarcava acqua. Sarebbero finiti tutti in acqua, pochi di loro sanno nuotare, provengono da paesi interni dell’Africa. Cento di loro saranno trasferiti in Toscana, altri 100 in Veneto, gli altri resteranno a Reggio Calabria.
I corpi delle tre donne, che saranno esaminati dal medico legale della Polizia Mario Matarazzo, presentano segni di ustioni, dovuti probabilmente al contatto con idrocarburi. Si ipotizza siano morte per le ustioni o per le esalazioni. La pelle durante la traversata sovente sta a continuo contatto con acqua e carburante che fuoriesce dai motori malandati o dai bidoni usati come serbatoi. Se non ti ammazzano le esalazioni, ci pensa l’esposizione a quella miscela a provocare gravissime ustioni alla pelle, i raggi del sole poi completano l’opera distruttiva. I migranti non sapevano che sulla nave erano stati imbarcati anche i quattro corpi. Anche durante le operazioni di sbarco donne e bambini sono stati tenuti all’oscuro, hanno potuto mettere piede a terra pensando che ce l’hanno fatta tutti.
Fabio Papalia
photo Domenico Notaro