Reggio Calabria. È stato un sabato doppiamente speciale al Museo: palazzo Piacentini ha ospitato la “Giornata Nazionale delle famiglie al Museo“, promossa dall’Associazione Famu per favorire l’incontro tra famiglie e musei; con la mostra temporanea “Cibi e Pietanze del mondo antico” inaugurata dal nuovo direttore del Museo, Carmelo Malacrino, alla sua prima uscita pubblica. Per l’occasione, infatti, Famu ha scelto il tema “Nutriamoci di cultura per crescere”.
Curata da Rossella Agostino, funzionario archeologo del MIBACT, e Francesca Lugli, presidente dell’Associazione Italiana di Etno-archeologia; promossa dal Segretariato regionale della Calabria nella persona del segretario Salvatore Patamia in collaborazione con la Regione Calabria – Servizio1 “Programmazione Regionale, Settoriale e Territoriale” – nell’ambito del progetto Dall’Expo ai Territori, la mostra, che rimarrà allestita fino al 31 ottobre, è ospitata nella nuova saletta che è stata progettata per accogliere, da questo momento in poi, le mostre permanenti e, che viene usata oggi per la prima volta.
La mostra nasce dall’ambiziosa idea di indurre il visitatore a riflettere, prendendo spunto da un tema che sembra apparentemente semplice e scontato quale è il cibo, sul substrato sfumato che abbraccia il rito, il mito e la tradizione in un continuum spazio-temporale che lega il desco antico ai pranzi/cene moderni.
Grazie all’originalissimo allestimento, creato per l’occasione da Giovanni Brandolino, attraverso un non ordinario percorso colorato, che contrasta con il candore del Museo, il visitatore viene “accompagnato” attraverso le diverse sezioni.
Il viaggio si intraprende con la sezione “trasparente” dedicata all’acqua, dolce e salata; l’acqua come elemento primigenio purificante e rigenerante, che diviene, nel contesto, il filo conduttore e la colonna portante dell’intero progetto in quanto essa è, al tempo stesso, forza creatrice e devastatrice.
Il percorso ha diverse chiavi di “lettura”: quella tematica, che si caratterizza per tipologia di cibo, con approfondimenti e confronti sulle antiche modalità di preparazione rispetto a quelle moderne; la chiave per personaggio storico che, direttamente o indirettamente, è collegato con la città, attraverso l’immaginario “invito” alla sua tavola; il tutto chiaramente seguendo il criterio cronologico.
Ecco che quindi ci si ritrova a leggere stralci di inviti di centinaia di anni fa e scopriamo che la cena era, come è anche oggi, un momento di aggregazione fondamentale per la vita sociale, indipendentemente se fosse più o meno formale e ci rendiamo conto di come i nostri antenati siano così lontani dall’immaginario formale comune ed, al contrario, siano stati persone normali, semplici, spiritosi e, per di più, con problemi “attualissimi”, quando, ad esempio, Catullo simpaticamente scrive “Ti invito o mio Fabulo, ad una lauta cena … purché sia tu a portarti la cena abbondante e succulenta … (perché) purtroppo il borsellino del tuo Catullo è pieno solo di tele di ragno …”.
E leggiamo di un probabile menù gustato alla tavola dello scultore Pitagora, la cui sezione, di un giallo ocra richiama il colore del grano, ponendo l’accento sul pane, elemento intriso di simbologia e ritualità, essenza stessa della convivialità e condivisione, e sugli antichi manufatti correlati.
La sezione arancio, il cui “invito” ci proviene nientemeno che dal filosofo Aristotele, vede “protagonista” il formaggio, quale alimento fondamentale nell’alimentazione greca e romana. Questo non veniva, infatti, consumato solo allo stato “naturale” ma anche come ingrediente per la preparazione di numerose pietanze e dolci. Un alimento indispensabile per la dieta degli atleti e dei legionari, tanto che, numerosi autori latini hanno addirittura tramandato attraverso i loro scritti le tecniche di preparazione del pregiato alimento.
Fintanto che si arriva ad essere “ospitati” alla tavola del grande Alessandro in un giorno immaginario subito dopo la caccia. E sorprendentemente scopriamo che la carne non era un alimento “privilegiato” anzi, addirittura, il suo consumo era considerato “incivile” e limitato solo in occasione dei sacrifici religiosi. Ma è in questa sezione che troviamo una meravigliosa sorpresa: “il mosaico della caccia all’orso” (II-I secolo a.c. Casa Brettia, Taureana di Palmi) che viene esposto, in questa occasione, per la prima volta.
Subito dopo la caduta dell’impero Romano, grazie anche all’invasione Araba, si riscontra negli usi gastronomici un sempre maggiore utilizzo di tipologie sempre più differenti di spezie. Apprendiamo che molte di queste piante furono poi “adottate” e coltivate divenendo caratteristiche dei nostri territori.
I nostri “inviti a cena” si concludono con il menù di Giulia, la figlia di Augusto, relegata a Reggio dal padre a causa della sua vita sregolata. Alla tavola di Giulia troviamo un possibile pasto a base di pesce e il percorso conoscitivo approfondisce, tra l’altro, la tecnica di pesca del polpo in vaso, rimasta sostanzialmente immutata fino ai giorni nostri.
Chiaramente la mostra offre solo alcuni spunti di riflessione ma riesce a dare una concreta indicazione sulle origini della “dieta mediterranea”.
Molti dei pezzi esposti nelle teche sono unici e da già da soli potrebbero “narrare” una straordinaria storia di cultura, uso, utilizzo ed evoluzione, “prestando il fianco” ad altre interessanti ricerche, approfondimenti e nuove scoperte.
Dietro, quindi, a un gesto ”ordinario” come può essere quello di un semplice e moderno invito a cena, che presuppone la programmazione di un menù caratteristico e, ovviamente, la scelta di determinati ingredienti per la preparazione di ogni piatto, si cela un intero mondo fatto di tradizioni, simbologia, riti e conquiste che testimoniano il nostro percorso attraverso i “gustosi testimoni” che ritroviamo sulle nostre tavole.
Monica Bolignano