Reggio Calabria. I palombari del Comsubin della Marina Militare hanno definitivamente sbarrato l’accesso alle stive del relitto della “Laura C”, la nave mercantile affondata da un sottomarino alle ore 11:45 del 3 luglio 1941 davanti alle acque di Capo D’Armi, in provincia di Reggio Calabria, col suo carico di 5 mila tonnellate di materiale bellico, tra cui 1500 tonnellate di tritolo. Esplosivo che, come emerso nel corso di diverse indagini negli anni scorsi, di tanto in tanto la ‘ndrangheta ha prelevato per i propri scopi criminali. La notizia è stata data stamani dal Prefetto di Reggio Calabria, Claudio Sammartino, che ha tenuto una conferenza stampa alla presenza del procuratore capo della Repubblica, Federico Cafiero De Raho, dell’ammiraglio Eduardo Serra, comandante del Comando marittimo Sud di Taranto, del comandante della Direzione Marittima di Calabria e Lucania, Andrea Agostinelli, e del comandante del Comsubin, Therry Trevisan, del Questore e dei comandanti provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.
I Comsubin sono un reparto d’eccellenza della Marina Militare, fiore all’occhiello delle nostre Forze Armate. Hanno agito, dopo una lunga quanto discreta attività preparatoria che si è protratta per circa un anno, alla profondità di 50 metri, dove giace il relitto. Le operazioni sono state eseguite a settembre e ottobre con l’appoggio di una nave cacciamine della Marina Militare, e l’ausilio della Guardia Costiera. Condizioni proibitive per i nostri specialisti, che in 50 minuti di immersione avevano solo 16-17 minuti di tempo, ha spiegato il comandante Trevisan, per poter lavorare nel relitto. Grande soddisfazione è stata espressa dal procuratore della Repubblica, che ha elogiato la professionalità e l’operato degli specialisti della Marina, sottolineando come un “market” della ‘ndrangheta dove era possibile reperire panetti tritolo per compiere ogni tipo di azioni criminose era una elemento di grande rischio e pericolo. Nel corso degli anni un quantitativo di tritolo era stato recuperato dal relitto dalla Marina, altro quantitativo era stato sequestrato in diverse operazioni alla ‘ndrangheta. Non si conosce però l’esatto ammontare di esplosivo che giace ancora in fondo al mare, quindi non è possibile fare una stima di quanto tritolo abbia effettivamente prelevato la ‘ndrangheta. Di certo si sa che ancora nelle stive ve ne è una grande quantità. Definitivamente inaccessibile, almeno con le attuali condizioni del relitto. In futuro, ha aggiunto il procuratore Cafiero De Raho, si spera che eventuali movimenti del relitto lo possano fare precipitare nel vicino precipizio, a profondità abissali che chiuderebbero una volta per tutte la questione.
(nella foto in alto da sinistra: Trevisan Agostinelli, Serra, Cafiero, Sammartino, il Questore Raffaele Grassi, il colonnello Lorenzo Falferi, il colonnello Adriano Barbera)