Reggio Calabria. Tempi di crisi anche per la ‘ndrangheta. E non certo di natura economica, la più potente organizzazione criminale al mondo non conosce crisi finanziaria, piuttosto è crisi nel settore “risorse umane”. A furia di collaboratori di giustizia, infatti, e nonostante la pedissequa osservanza dei rituali arcaici, anche la ‘ndrangheta si trova a dover fare i conti con “volti nuovi”, giudicati non più affidabili come un tempo. E’ quanto emerge nell’indagine che ha condotto oggi all’esecuzione di 36 fermi nell’ambito dell’operazione Saggio Compagno. Nella casa di uno dei principali indagati, infatti, gli investigatori hanno captato un discorso (il 15 marzo 2014), che oggi il procuratore aggiunto Gaetano Paci, nel corso della conferenza stampa tenuta al Comando provinciale dei Carabinieri, ha voluto sottolineare (pur ricordando che nell’indagine odierna non vengono contestati fatti di sangue): “Dobbiamo trovare persone giuste quando sappiamo che ci dobbiamo guardare, altrimenti entrano in troppi nei nostri discorsi e si devono ammazzare dopo”.
Insomma si potrebbe interpretare come una strategia rivolta a dettare le linee guida nell’assunzione di “personale” che, in tempi in cui ci si deve “guardare le spalle”, non può essere troppo di larga mano: occorre valutare bene “curricula”, e propensioni personali, soprattutto quella a “chiacchierare” troppo, altrimenti inevitabilmente si dovrà poi “sfoltire” il numero di impiegati. Niente “cassa integrazione” o percorsi verso il prepensionamento, però, la “buonuscita” dalla ‘ndrangheta prevede solo la “cassa da morto” e l’accompagnamento al campo santo.
Fabio Papalia