Reggio Calabria. Tutti amano viaggiare, ma il sogno preferito di chi ama spendere il proprio tempo libero nel miglior modo possibile, di chi non vuole essere condizionato da consuetudini ed abitudini sedentarie o tradizioni ripetitive, spesso collegate all’incondizionato amore per il tavolo della cucina; di chi vuole godere delle bellezze della natura e sentirsi parte di essa, di coloro a cui piace l’improvvisazione e la piacevole decisione estemporanea, di chi può decidere fino in fondo cosa fare ai limiti della propria possibilità, è… di vivere viaggiando. E forse il miglior modo per far questo è possedere un camper. In America, dove il fenomeno è abbastanza frequente, vuoi perché quasi tutti possono permetterselo, vuoi per un senso irrefrenabile di libertà incondizionata, (probabilmente esagerato), non è raro lasciare la casa o la villa per vivere in camper. Un esempio per tutti l’attore Sean Penn.
L’idea inconsciamente stuzzica molti Italiani se non avessero il freno del… “ora lo faccio ma non subito”, filosofia che avvolge lunghi tratti della nostra vita, o di un lavoro che non permette spazi o comunque altre ragioni valide. Non è raro riscontrare a tal proposito, il virus del camperista che lo sorprende a pensare alla prossima uscita mentre non ha finito ancora l’attuale.
In tutti i viaggi che si rispettano, si nasconde spesso il pericolo di cadere in articolati quanto attraenti agguati tesi dalle sirene. E se si è sprovvisti di cera.. (vedi Ulisse), capita spesso che il mal capitato camperista, ahimè, si lascia sedurre. Proprio così, proprio quelle sirene, leggi Stati, Paesi o Comuni che conoscono le debolezze umane e sanno “ingannevolmente” approfittare, attirando i vacanzieri, in agguati di sano divertimento, d’arte in tutte le sue forme, spesso culinaria, sagre spettacoli vari e non ultimo serenità, sicurezza ed ospitalità, cose importanti per chi “ bellezza va cercando”. Il camperista cede, s’innamora ed e finisce con l’allargare i lacci della propria borsa con piacere.
Così facendo, le aree di sosta camper diventano ambite, spesso non bastano, d’altronde come non essere d’accordo con la storica classica tesi secondo la quale la civiltà di un popolo si misura dal grado d’accoglienza che sa offrire?
Bene, Reggio Calabria, una città che vuole sempre più essere Metropolitana, tra qualche giorno avrà il piacere di attrezzarsi di una piccola opera d’arte nel settore turistico, perché grazie al volere della Madonna dell’Eremo (il rione San Giovannello è a pochi passi dalla Basilica), grazie alla sensibilità del Sindaco Avv. Giuseppe Falcomatà, alla lungimiranza del consigliere Emiliano Imbalzano, al know how tecnico e dell’Urban Design dell’architetto Giulio Basile e dell’ingegnere Alfredo Mesiano, ai camper club italiani in città e soprattutto grazie al Reghion Camper Club, associazione cittadina, fondata nel 1990, al modesto ma costante contributo del sottoscritto, Presidente del Reghion, Antonio Cuoco e di tutti i soci che hanno fortemente voluto e cooperato alla realizzazione del sito, come l’architetto Gerardo Pizzone, il geometra Nino D’Agostino, grazie all’Associazione Nazionale Consumatori cittadina ed a quanti hanno contribuito, la città oggi, ha un valore in più, Reggio ha una splendida Area di sosta camper, un posto attrezzato, atto ad ospitare camperisti di tutto il mondo, turisti che vogliono godere della città della Fata Morgana, ospiti nostri e della nostra civiltà.
Nel Settecento, letterati, dotti, antropologi, donne emancipate, avventurieri, si avviano sulle strade del mondo spinti dalla curiosità della scoperta. L’Ottocento, vede tale fenomeno divenire molto più consistente e nel Novecento nascerà la figura del turista che conosciamo oggi.
Quando il viaggiatore elitario viaggiava, aveva l’abitudine di scrivere diari, appunti, impressioni, che normalmente rimanevano confinati negli scaffali di pochissime biblioteche, si stampavano pochi libri, vi erano molti analfabeti.
Ben presto l’Occidente comincia ad usare telefono e servizi postali, per raccontare terre meravigliose, incontaminate, dai nomi strani. Gli inviati dei giornali esaltano il senso dell’avventura estrema e alimentano la voglia di fuga dalla sempre più alienante quotidianità.
Arrivano così i mensili di viaggio con servizi su terre esotiche e lontane.
Gli uomini di scienza, i letterati, gli intellettuali inquieti ed in cerca di originalità, cercano nel viaggio ragioni e fonti di ispirazione diverse per studiare e per approfondire.
Agli albori del Novecento incontriamo una serie di scrittori itineranti famosi che con le loro opere, creano forti emozioni d’evasione che ben presto diventano realtà per i più abbienti.
Non fa eccezione la Calabria che è stata luogo di grande ispirazione di viaggiatori/scrittori inglesi, tedeschi e francesi, che nel 1800 giunsero alla fine dello stivale d’Italia per raccontarlo al resto del mondo. Tra le principali firme che descrissero la Calabria c’è quella dello scrittore inglese Edward Lear. Il 1847 fu particolare per il riferimento alla provincia reggina. Fu proprio la Calabria ad essere al centro della pubblicazione di Lear a Londra nel 1852 ‘Journals of a Landscape Painter in Southern Calabria’, preceduta di un anno da una analoga con i paesaggi della Grecia e dell’Albania e seguita da quella dedicata ai paesaggi della Corsica. I paesaggi italiani sono protagonisti anche di altre opere come ‘Views in Rome and its Environs’ (1841) e ‘Views in the Seven Ionian Isles’ (1863). Edward Lear viaggiò ora a piedi ora a dorso di mulo nella provincia reggina tra il 25 luglio ed il 5 settembre 1847 illustrandoci ancora Scilla, Bagnara, Montebello Jonico, Palizzi Superiore, Pentedattilo, Stilo, la veduta dell’Etna e Polsi. In particolare di questa scrive: ’Senso del mistero, solitudine delle montagne che alcuna penna o matita possono descrivere’. Proprio l’illustrazione di Reggio, nella sua versione ad olio originale, fu per lungo tempo esposta a Londra presso la Tate Gallery. Gli scorci reggini appassionarono anche il pittore inglese William Brokedon sempre nell’Ottocento.
Sono i paesaggi a rapire in particolare l’illustratore inglese che scrisse di Reggio ‘Mosso da puro godimento estetico e spirituale, contemplazione della natura come un vasto giardino. Reggio, uno dei più bei posti visti sulla terra.
Il rilievo assume anche la permanenza di Lear a Bova nell’agosto del 1847 ed il contributo del pittore/scrittore alla verità sulle origine antiche, di cultura grecofona, della popolazione di Bova, tutt’altro che affine all’identità arbereshe sulla quale si erano soffermati invece i connazionali, anche loro scrittori viaggiatori, Swinburne e Craven.
Oltre che dai paesaggi, la Calabria, infatti, attraeva intellettuali per via dei vari gruppi etnici e linguistici.
Molti letterati, archeologi, naturalisti, scrittori, pittori, e anche ufficiali-scrittori dell’esercito napoleonico, cronisti, ritrattisti, nonché precettori di giovani appartenenti a famiglie nobili o ricche, fecero tappa in Calabria, attirati anche dalle comunità albanesi e da quelle greco-bizantine. Tra questi Henry Swinburne (1743 – 1803) che in “Travels in the two Sicilies” aveva indicato la minoranza arbëreshe nel capitolo dedicato alla comunità grecofona di Bova, classificandola erroneamente come italo-albanese. Nello stesso errore incappò anche Richard Keppel Crafen, tipografo e osservatore inglese (1779 – 1851) che nel 1821 pubblica ‘A tour through the Southern Provinces of the kingdom of Naples’ opera sulla periegetica calabrese e siciliana; un viaggio storiografico nell’epoca ellenistica le cui tappe furono occasione di studio della cultura e dell’origine dei popoli del luogo, attraverso la raccolta di testimonianze dirette.
Sulle comunità calabro-albanesi scrivono anche l’autore inglese George Gissing, nel 1897, nel suo celebre libro di viaggi ‘By the Ionian sea’’, nel capitolo intitolato “Catanzaro”, e lo scrittore/viaggiatore che colse l’intima essenza della Calabria, visitandola nel 1907 e nel 1911, nell’opera ‘Old Calabria’ pubblicata nel 1915, Norman Douglas (Thuringen 1868 – Capri 1952).
La Sila, un posto molto apprezzato dai camperisti, ci ricorda del regista Renato Guzzardi che ha dedicato all’opera ‘Old Calabria’ il film ‘Il ritorno di Norman’, realizzato in massima parte a San Demetrio Corone, in provincia di Cosenza, che racconta il ritorno di Norman Douglas, negli stessi luoghi ma cento anni dopo.
I racconti della Calabria, le sue bellezze ma anche alcune sue problematiche, alimentano il patrimonio culturale dei libri di viaggio, materia di scrittori in movimento come Marco Polo (‘Il Milione’), Wolfgang Goethe (‘Viaggio in Italia’), Stendhal (‘Passeggiate Romane’).
Nel frattempo, dal lento transatlantico, che impiega settimane per raggiungere alcune mete si passa ben presto all’aereo, con il quale ogni località si raggiunge in qualche ora, nasce così il moderno turismo dove i sogni di pochi divengono avventura allargata ai più. Il turismo letteralmente esplode.
Una nicchia di detto turismo è rappresentata dal Campeggiatore. Il primo camper in Italia, é stato costruito dall’Arca, fabbrica di Pomezia (1961), chiamato “Arca di Noè”, presentato al salone nautico di Genova, da lì, incomincia a diffondersi verso il 1975 un personaggio giovanile versatile ed ambientalista che affida al viaggio ed alla conoscenza il proprio modo di condurre la vita, segue percorsi inusuali, percorre strade lontane, raggiunge mete esotiche, persegue avventure appassionanti, trasmette e riceve il dono dell’amicizia, approfondisce il proprio bagaglio culturale, ama viaggiare con la famiglia, riporterà numerosi dettagli e particolari con lo smartphone, userà gadget sempre più sofisticati per ritornare a vivere in modo naturale.
Il Campeggiatore itinerante, pertanto, essendo per lo più una persona illuminata del nostro tempo, affida il soddisfacimento dei propri bisogni soprattutto a sé stesso. Ed ecco perché Turista di eccellenza!
“Viaggiare in camper è un esperienza surreale, è come vivere in uno schermo gigante, l’attraversare paesini di provincia ti fa sentire come un voyeur che si intromette nell’intimità della gente del posto. Forse il sentimento è reciproco. Sono convinto che gli sguardi sfuggenti della gente siano uno degli spunti più interessanti per uno scrittore. Il richiamo della strada affonda le sue radici nei giorni in cui ero un clandestino negli Stati Uniti”….. Michael Collins, scrittore Irlandese, nato a Limerick 1960, racconta la sua vita vagabonda con moglie e figli, alla rincorsa di un’ispirazione dietro l’altra, dividendo col camper il suo lavoro universitario, autore di romanzi di successo, importati in Italia da Neri Pozza, come “ L’altra verità” Ha ricevuto il Pushcart Prize, per il miglior racconto ed è stato indicato dalla rivista francese Lire come uno dei quaranta scrittori più importanti del ventunesimo secolo. The secret life of E. Robert Pendleton”, “Morte di uno scrittore”, “Emerald Underground”, “La strada per la libertà”, Il suo ultimo romanzo, contempla l’idea di un nuovo mondo di un moderno nomadismo a seguito di una crisi terribile dell’era informatica che causa il disfacimento del mondo e dei confini come sono ora considerati e l’abbraccio consolante della natura.
Eliseo è un’altro scrittore, pittore e fotografo e soprattutto, un autentico Viaggiatore. Le sue avventure vissute a bordo del suo camper, offrono un perfetto esempio di quanto varia, stimolante ed a tratti molto difficile, possa essere questa scelta di vita. Bergamasco viaggia dall’Egitto alle isole Figi, dall’Australia alla Nuova Zelanda. Da quell’esperienza è nato il suo primo libro (Il Passaggio Giusto al Momento Giusto, 2001). Nel 2002 vende tutto ciò che possiede e parte per un viaggio di due anni descritto in un altro libro (VagaMondo, 2008), che lo porta dall’Alaska alla Terra del Fuoco per arrivare fino al Sud-Est Asiatico attraversando 24 paesi in 24 mesi. Nel 2007 salpa da Panama con un catamarano per arrivare alle Isole Galapagos e alle Isole Marchesi nella Polinesia Francese, fino a raggiungere Tahiti con un viaggio in mezzo al Pacifico durato quattro mesi. Dal 2010 vive da fulltimer nel Wanderer, il camper con cui viaggia, vive e lavora tra Marocco, Spagna, Portogallo, Francia e Italia, (dipinge, scrive e si diletta nella fotografia), “Resto nella mia essenza un viaggiatore, un “vagabondo” appartenente a quella famiglia di anime amata da scrittori come Hermann Hesse e Bruce Chatwin. Tuttavia, lasciare ogni volta un lavoro per viaggiare, e poi quando necessario ricercarne un altro, è sempre stato complesso. Ultimamente si è trasformato in una vera e propria battaglia. Alcuni anni fa mi trovavo a riflettere su questa condizione di difficoltà nel trovare lavoro, unita all’esaurirsi delle mie risorse economiche.” Vivere in camper non è sempre ben visto é un argomento su cui ho riflettuto molto in questi anni di vita itinerante e sto scrivendo un libro (che s’intitola come il mio blog di viaggio, “Gentleman Gipsy”) dedicato ai viaggiatori nomadi, come contributo all’utopica libera circolazione degli esseri umani su questo pianeta”. La vita delle genti nomadi è stata studiata e ammirata da poeti e scrittori tra i quali il già citato Bruce Chatwin, esperto d’arte e archeologo, giornalista, fotografo, esploratore e narratore. L’autore di In Patagonia e Le vie dei canti, scrisse anche un libro dal titolo Anatomiade dell’irrequietezza, dove indicava il nomadismo come un’alternativa alla cosiddetta civiltà stanziale. “Oggigiorno le difficoltà burocratiche, unite all’antico negativo retaggio legato agli zingari (talvolta giustificato) e alle inconsapevoli invidie provate da molti “stanziali”, fanno sì che il nomade venga percepito destabilizzante per la società e per la sua economia, così legata al lavoro fisso ( peraltro non più così sicuro) e alla manodopera che lo sostiene. Pertanto la vita in camper, in quanto itinerante, è un’esperienza difficile da scegliere, tranne che per i pensionati ormai liberi dai meccanismi del lavoro. Mi piacerebbe continuare fin quando le forze mi sosterranno. Non ho molti altri obiettivi se non quello di vivere e scoprire il più possibile questo pianeta con i miei occhi, piuttosto che davanti a uno schermo televisivo. Sono consapevole delle difficoltà pratiche ed economiche, e un giorno potrei anche desiderare di fermarmi a vivere in qualche angolo del mondo; ma per ora lo spirito nomade che alberga in me ha ancora voglia di dissetarsi con paesaggi sempre nuovi”. Quando si ama il viaggio prolungato, si provano stimoli e gioia di vivere ineguagliabili in altri modi. E anche se a volte ci si deve fermare per lavorare, prima o dopo si prova il bisogno di tornare a vivere quelle sensazioni.
In una società sempre più parolaia, i viaggiatori fanno eccezione, non c’è bisogno di troppe parole per capirsi e bisogna pur dare spazio ed ascolto alla natura ed ai sogni. In fondo il camperista vuole tornare a percepire quella realtà considerata esterna, che è parte di noi con i suoi stimoli sensoriali, avvertiti attraverso processi intuitivi, psichici, intellettivi, colori, odori, suoni e scenari ricchi di significati.
Buona vita e buona strada a tutti.
Antonio Cuoco