Apicoltura calabrese. Arruzzolo (Ncd): “Gravi pericoli derivati dall’infestazione da aethina tumida”

Piana di Gioia Tauro (Reggio Calabria). “E’ uno scenario denso di pericoli, quello che si sta addensando sull’apicoltura calabrese e in particolare della Piana di Gioia Tauro”. Lo afferma in una nota il presidente del gruppo consiliare del Ncd, Giovanni Arruzzolo. “L’infestazione da ‘aethina tumida’ che colpisce oramai gli alveari di tutta l’area di Gioia Tauro e dei comuni limitrofi, ha compromesso seriamente questa fonte di reddito uccidendo, secondo le prime stime dei produttori, decine e decine di milioni di api, nonostante che nel 2014 la Regione avesse ordinato la distruzione col fuoco degli alveari colpiti. Qui non si tratta soltanto – afferma Arruzzolo – di un problema di sostegno economico e finanziario agli apicoltori che comunque rischiano il blocco totale dei contratti di fornitura che ne deriva, quanto la messa in discussione di una filiera produttiva di eccellenza, biologica e altamente specialistica, che verrà cancellata se non si provvederà con i mezzi scientifici a debellare l’aethina tumida’. Nel corso del 2015, risultano una trentina le aziende di apicoltura colpite nel reggino da questo flagello, con la conseguenza che gli alveari distrutti sono oltre 3300. Un colpo duro per questa nicchia di economia che sembrava nuovamente avviata con successo da tanti nostri agricoltori dopo la crisi degli anni ’80. Io credo che la Regione – dice Giovanni Arruzzolo – debba immediatamente intervenire, sul piano scientifico e degli aiuti finanziari, chiamando alla collaborazione le strutture universitarie calabresi, le facoltà di Agraria, o altri pubblici come il Consiglio nazionale delle ricerche, con l’intento di debellare definitivamente il coleottero che sta invece dimostrandosi molto combattivo ed aggressivo. Per tali ragioni, credo sia necessario altresì chiedere l’intervento dei livelli ministeriali poiché bruciare tutti gli alveari non può essere l’unica soluzione, e tutto ciò in tempi brevissimi almeno per arginare il morbo entro limiti fisiologici e giusto il tempo di approntare le contromisure, chimiche o biologiche, che lo allontanino definitivamente dagli alveari”.

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