Operazione Antibes: nomi foto e dettagli dei 16 fermi della Polizia

Reggio Calabria. Alle prime ore della mattinata odierna, a conclusione di articolate indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, gli investigatori della locale Squadra Mobile diretta dal primo dirigente Francesco Rattà e dal suo vice Fabio Catalano e dell’aliquota della Polizia di Stato della Sezione di Polizia Giudiziaria diretta dal dott. Filippo Cangeri, hanno eseguito 16 fermi di indiziato di delitto nei confronti dei seguenti soggetti a vario titolo ritenuti presunti aderenti o contigui alla locale di ‘ndrangheta della frazione Pellaro di Reggio Calabria:

  1. FRANCO Paolo, 37enne nato a Reggio Calabria, per associazione mafiosa;
  2. CICCIÙ Vincenzo, 53enne nato a Reggio Calabria, per associazione mafiosa;
  3. MONTALTO Cosmo, 45enne nato a Reggio Calabria, per associazione mafiosa;
  4. DASCOLA Nicola Domenico, 46enne nato a Reggio Calabria, per associazione mafiosa;
  5. PAVONE Alessandro, 38enne nato a Reggio Calabria, per associazione mafiosa;
  6. DATTOLA Alfredo, 64enne nato a Reggio Calabria, per associazione mafiosa;
  7. OLIVA Filippo 63enne nato a Reggio Calabria, per associazione mafiosa;
  8. OLIVA Giuseppe, 67enne nato a Reggio Calabria, per associazione mafiosa;
  9. FRANCO Antonio Giuseppe, 72enne nato a Reggio Calabria, per associazione mafiosa;
  10. COZZUPOLI Natale,  71enne nato a Reggio Calabria, per associazione mafiosa;
  11. CUZZUCOLI Francesco, 70enne nato a Reggio Calabria, per associazione mafiosa;
  12. PAVONE Fortunato, 75enne nato a Reggio Calabria, per associazione mafiosa;
  13. AMBROGIO Antonino, 41enne nato a Montebello Jonico (RC), per procurata inosservanza di pena ed estorsione (consumata e tentata) aggravate dalle modalità mafiose;
  14. AMBROGIO Domenico, 42enne nato a Montebello Jonico (RC), per tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose;
  15. AMBROGIO Davide, 38enne nato a Melito Porto Salvo (RC), per tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose;
  16. AMBROGIO Demetrio, 43enne nato a Montebello Jonico (RC), per estorsione aggravata dalle modalità mafiose.

I fermi nei confronti dei primi 12 soggetti sono stati eseguiti dalla Squadra Mobile, gli altri dall’aliquota della Polizia di Stato della Sezione di polizia giudiziaria.

Nello stesso contesto operativo, sono stati eseguiti alcuni decreti di perquisizione emessi dalla D.D.A. nei confronti di altri indagati.

Le indagini, avviate dalla Squadra Mobile nel 2012, con l’ausilio di numerose intercettazioni telefoniche, ambientali e videoriprese, accompagnate da numerosi servizi di pedinamento ed osservazione, hanno consentito di catturare ad Antibes, in Francia, in data 07.11.2013, e di estradare successivamente in Italia, il latitante Giovanni Franco, presunto esponente di vertice della locale di ‘ndrangheta attiva nella frazione Pellaro di Reggio Calabria, condannato in via definitiva alla pena di 11 anni e 4 mesi di reclusione, per associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

Giovanni Franco era stato condannato in passato per emissione di assegni a vuoto, ricettazione, evasione, falsi in genere, porto abusivo e detenzione d’armi, favoreggiamento ed estorsione. Alcuni pentiti storici reggini lo avevano indicato come esponente di rilievo della ‘ndrangheta di Pellaro.

Giovanni Franco, venne arrestato ad Antibes, città rivierasca della costa Azzurra (da cui prende il nome l’odierna operazione) il 7 novembre 2013, nel corso di un’operazione congiunta della Squadra Mobile di Reggio Calabria e della Polizia Francese, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo e del Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia.

Alla localizzazione del ricercato si giunse grazie al lavoro svolto dagli investigatori della Polizia di Stato di Reggio Calabria che da tempo conducevano alacri indagini supportate da una mole impressionante di intercettazioni telefoniche, ambientali e video disposti dalla Direzione Distrettuale Antimafia, nonché da molteplici servizi di pedinamento ed osservazione eseguiti, a volte lungo tutta la dorsale della penisola, altre volte perfino in forma transfrontaliera – in forza delle autorizzazioni concesse dalle Autorità francesi in raccordo con quelle Italiane – entro il territorio transalpino e, più esattamente, fino alla suindicata località turistica del Sud della Francia.

Davvero spiccata secondo gli inquirenti la professionalità dei fiancheggiatori del latitante. In alcuni casi, per eludere le investigazioni, avevano spedito i loro telefoni cellulari accesi in una località turistica del Nord Italia che avrebbero raggiunto, con mezzi presi a noleggio, dopo aver incontrato il ricercato in Francia, mentre in altri casi avevano affidato i loro telefoni radiomobili ad altri fiancheggiatori rimasti a Reggio Calabria, al fine di simulare la loro presenza in loco.

L’operazione colpisce frontalmente la vecchia e la nuova generazione della locale di Pellaro. Vecchi e giovani ‘ndranghetisti siedono allo stesso tavolo per affiliare nuove leve, proposte dal figlio del latitante in nome del padre, con la sua “benedizione”, e non mancano di lamentare, a margine del summit, la carenza di picciotti da mettere per strada.

La continuità ed assiduità dei rapporti tra i sodali, evidenziati dai numerosi contatti tra di loro, tutti ancora attuali, la materiale partecipazione alla gestione della latitanza del capo cosca, l’elaborazione e l’adozione di un linguaggio convenzionale unico e, infine, i luoghi comuni di incontro tra i partecipi, fra i quali quello del summit di cui si ha contezza dalle intercettazioni ambientali disposte nel corso delle indagini, hanno consentito alla Direzione Distrettuale Antimafia di acquisire solidi elementi indiziari idonei a suffragare la contestazione associativa.

Ed invero, l’insieme dei risultati acquisiti, ad esito delle prolungate indagini finalizzate alla cattura del latitante Giovanni Franco, hanno permesso ai magistrati della D.D.A. di Reggio Calabria di contestare agli indagati anche il delitto di associazione mafiosa per aver preso parte – con altri soggetti non individuati – alla ‘ndrangheta, nella sua configurazione di organizzazione criminale unitaria operante sul territorio della provincia di Reggio Calabria, del territorio nazionale ed estero, costituita da molte decine di locali ed articolata in tre mandamenti (Tirrenica, Ionica e Reggio Calabria città) e con organo di vertice denominato “Provincia” e, più nello specifico, per aver fatto parte (con altre persone non ancora individuate) di una locale di ‘ndrangheta che opera prevalentemente nel Comune di Reggio Calabria, segnatamente nel territorio comprendente la frazione di Pellaro e zone limitrofe, allo scopo di commettere, tra gli altri, delitti contro il patrimonio (estorsioni) e favoreggiamento di latitanti.

I pregnanti esiti investigativi, acquisiti dalle intercettazioni ambientali eseguite sulle autovetture dei principali fiancheggiatori del latitante, hanno consentito di delineare anche i ruoli specifici rivestiti dai componenti della locale di Pellaro.

Ed invero, FRANCO Giovanni, COZZUPOLI Natale, PAVONE Fortunato e FRANCO Antonio Giuseppe, sarebbero stati i capi e promotori dell’organizzazione, con compiti di direzione, decisione, pianificazione e individuazione delle azioni e delle strategie della locale di Pellaro.

Il loro ruolo sarebbe consistito nell’impartire – talvolta nonostante lo stato di detenzione o di latitanza – le direttive agli altri associati; nel dirigere ed organizzare il sodalizio, proponendo ed assumendo le decisioni più rilevanti, comprese le scelte relative all’affiliazione di nuovi sodali; nel comminare e proporre sanzioni agli associati subordinati; nel decidere e partecipare ai riti di affiliazione; nel curare i rapporti con le altre articolazioni della ‘ndrangheta e nel dirimere i contrasti insorti all’interno e/o all’esterno della locale di cui erano esponenti di vertice.

FRANCO Paolo, CUZZUCOLI Francesco, CICCIÙ Vincenzo, DATTOLA Alfredo, OLIVA Filippo ed OLIVA Giuseppe sarebbero dirigenti ed organizzatori del sodalizio, sicché avrebbero ricevuto e attuato le direttive impartite – anche dal carcere o dal luogo di latitanza – dai soggetti di vertice della locale di appartenenza (comprese le scelte relative all’affiliazione di nuovi sodali); avrebbero diretto e organizzato il sodalizio, proponendo sanzioni agli altri associati subordinati; avrebbero impartito loro ordini e disposizioni, pianificando e coordinando le scelte più rilevanti ai fini del mantenimento e del rafforzamento della locale (compresa – con riguardo a FRANCO Paolo – la gestione dello stato di latitanza all’estero del padre FRANCO Giovanni); avrebbero curato la “formazione” dei nuovi sodali affiliati (e di quelli prossimi all’affiliazione); avrebbero deciso, organizzato e partecipato ai riti di affiliazione alla ‘ndrangheta; curato i rapporti con le altre articolazioni dell’associazione dirimendo – sulla base delle direttive ricevute ed in occasione di apposite riunioni ristrette – contrasti sorti all’interno e/o all’esterno del sodalizio.

MONTALTO Cosmo, DASCOLA Nicola Domenico e PAVONE Alessandro, in qualità di partecipi attivi del sodalizio, avrebbero avuto il compito di assicurare le comunicazioni tra gli associati (anche se latitanti); di aiutare FRANCO Giovanni a sottrarsi, anche all’estero, all’esecuzione di un provvedimento giudiziario di carcerazione a pena definitiva ad anni 11 e mesi 4 di reclusione, inflitta per i reati di cui agli artt. 73 e 74 D.P.R. n. 309/90 con sentenza divenuta irrevocabile il 16.02.2012; di partecipare alle riunioni ed eseguire le direttive dei sodali aventi un ruolo di direzione ed organizzazione della locale di cui facevano parte, riconoscendo e rispettando le gerarchie e le regole interne al sodalizio; di partecipare attivamente ai riti di affiliazione alla ‘ndrangheta, mettendo al contempo a disposizione – PAVONE Alessandro – l’immobile ove periodicamente si svolgevano i riti.

AMBROGIO Antonino è accusato del delitto di procurata inosservanza di pena a favore del latitante FRANCO Giovanni, ritenuto capo, promotore e organizzatore dell’articolazione territoriale della ‘ndrangheta denominata locale di Pellaro, aiutato a sottrarsi all’esecuzione del provvedimento giudiziario di carcerazione alla pena definitiva di 11 anni e 4 mesi di reclusione, mettendo a disposizione dei familiari e dei fiancheggiatori del latitante l’area recintata – sita lungo la S.S. 106, nel comune di Montebello Ionico, ove insiste un’abitazione civile ed un capannone adibito alla vendita di materiale edile – all’interno della quale avveniva lo “scappotto” (ovvero il passaggio di persone e cose da un’autovettura oggetto di monitoraggio tecnico ad una “pulita”) e/o la sosta temporanea delle autovetture successivamente utilizzate di volta in volta per i “viaggi; nonché accompagnando, almeno in una occasione, FRANCO Paolo a ritirare presso una concessionaria, un’autovettura “pulita”, utilizzata per la trasferta organizzata da FRANCO Paolo per raggiungere il padre Giovanni, latitante in Francia.

Ai risultati delle indagini svolte dagli investigatori della Squadra Mobile, si sono aggiunti quelli ottenuti dalla Sezione di polizia giudiziaria – aliquota della Polizia di Stato presso la Procura della Repubblica, su alcuni episodi estorsivi che sarebbero stati posti in essere, ai danni di un operatore economico del luogo, dai fratelli AMBROGIO, uno dei quali (Antonino) è stato fermato anche per aver aiutato il latitante FRANCO Giovanni a sottrarsi all’esecuzione di una pena definitiva.

Ed invero, AMBROGIO Antonino ed AMBROGIO Demetrio, sono accusati dalla Procura, in concorso tra loro, di estorsione aggravata (dal fatto di aver agevolato la ‘ndrangheta) per avere costretto – con reiterate minacce, molteplici atti intimidatori e l’avviso che era necessario aiutare le famiglie dei carcerati – un ristoratore del luogo (titolare di un bed & breakfast) a consegnare loro 3.000 euro, in aggiunta a 2.000 euro dovuti quale corrispettivo di una fornitura di sabbia e calcestruzzo; nonché ulteriori 1.000 euro per l’emissione della fattura, necessaria per scomputare il costo sostenuto per i lavori dal canone mensile di locazione versato al proprietario dell’immobile, fattura, in realtà, mai emessa, nonostante l’indebita percezione dei 1.000 euro.

AMBROGIO Antonino, AMBROGIO Domenico e AMBROGIO Davide sono, altresì, accusati di tentata estorsione continuata ed aggravata, in concorso tra loro, per aver tentato di costringere – con reiterate gravi minacce di attentati all’incolumità fisica, con diversi gesti intimidatori, con danneggiamenti ed asportazione di beni strumentali all’esercizio commerciale – il titolare del bed & breakfast a versare periodicamente, a titolo di estorsione, la somma mensile di 500 euro per poter svolgere l’attività di ristorazione senza subire danneggiamenti e senza patire ripercussioni per l’incolumità propria e dei familiari, inducendo la vittima a chiudere l’attività di ristorazione.

In forza della gravità indiziaria e sul presupposto che gli indagati potessero concretamente darsi alla fuga, la Direzione Distrettuale Antimafia ha disposto d’urgenza i provvedimenti di fermo di indiziato di delitto, eseguiti nella notte dalla Polizia di Stato.


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