Reggio Calabria. La brutta figura multimediale ci è costata quasi due milioni di euro. La genesi della pubblicità da “peracottari” denunciata da Selvaggia Lucarelli sta nel decreto dirigenziale numero 5078 del 29 aprile del 2014. Un atto, vistato a pochi mesi di distanza dal ritorno alle urne che fece registrare la vittoria di Mario Oliverio, che aveva ad oggetto l’avviso pubblico “per individuare soggetti proprietari e/o concessionari di spazi pubblicitari di compagnie aeree. Approvazione verbali commissione valutazione e assegnazione contributi ai beneficiari”.
Il decreto dirigenziale assegnava i fondi per il potenziamento dell’immagine del territorio calabrese. Per far volare la Calabria fuori dai suoi confini l’ex giunta di centrodestra, ormai in scadenza di mandato, aveva scelto di trovare la fonte di finanziamento dentro i capitoli del Programma ordinario convergenza che prevedeva un asse specifico per promuovere e sostenere la competitività del sistema aeroportuale calabrese.
Tagliate fuori Alitalia e Valentour, la commissione di valutazione decise di puntare forte sulle capacità promozionali di Ryanair, Vueling, Volotea e New Livingston. Alla società irlandese, sul cui magazine di bordo la blogger ha scovato la pubblicità con fondo schiena e infradito in primo piano, la Regione Calabria ha destinato 1 milione e 702 mila euro. Alla Vueling, società con sede legale a Barcellona, sono andati poco più di 220 mila euro. Il finanziamento alla Volotea, invece, era di poco superiore ai 100 mila euro.
Per promuovere l’immagine della Calabria e potenziarne il suo sistema aeroportuale, poi, il dipartimento turismo ha assegnato 858 mila euro alla New Livingston. Peccato che questa compagnia aerea solo pochi mesi dopo ha sospeso le operazioni di volo, finendo nel giugno del 2014 col vedersi sospesa la licenza dall’Enac. I finanziamenti ricevuti dalla Regione Calabria non sono bastati alla società con sede a Varese per evitare l’avvio, lo scorso anno, della procedura di concordato preventivo stabilito dal Tribunale di Busto Arsizio come stabilito
dalla legge fallimentare.
Giovanni Verduci