Presunto caso di malasanità all’Ospedale di Polistena: due medici condannati in primo grado

Il Tribunale di Palmi

Il Tribunale di Palmi

Palmi (Reggio Calabria). Si è concluso con la condanna di entrambi gli imputati a un anno e due mesi, con pena sospesa, il processo che si è celebrato in primo grado presso il Tribunale di Palmi, davanti al giudice monocratico Antonella Crea, che ha visto imputati i dottori Pietro Interdonato e Francesco Romeo, in servizio presso la divisione di ostetricia e ginecologia dell’ospedale “Santa Maria degli Ungheresi” di Polistena, di lesioni colpose procurate al piccolo A.D.S. in occasione della sua nascita.
Il processo ha vissuto il momento più intenso e drammatico quando i genitori, in sede di esame, hanno dovuto ripercorrere le ore trascorse tra la notte del 30 e la mattina del 31 agosto 2010, quando venne alla luce il loro bambino. Il dibattimento è stato caratterizzato anche da un serrato confronto tra il perito nominato dal Tribunale, professore Maurizio Bresadola, ed i consulenti della difesa, professori Domenico Arduini ed Antonino Nicolò, e quelli dei coniugi, professore Enrico Marinelli e dott.ssa Teresa Politanò.

Il professore Bresadola, corroborato dal consulente delle parti civili prof. Marinelli, in udienza ha sostenuto che il feto, quando la madre si è recata all’ospedale, era già in sofferenza cronica. “Tuttavia – ha evidenziato – la sofferenza cronica non comporta un danno celebrale poiché ove la signora avesse partorito alle ore 2:30, e non alle 8:30 com’è poi avvenuto, il bambino sarebbe nato più delicato, un bambino molto magro, di basso peso, ma sano.
Il piccolo A., invece, è nato con un’ecefalopatia ipossico ischemica neonatale che ha causato la tetraparesi spastico-distonica che impedisce al bambino di camminare, di alimentarsi, se non con cibi semi liquidi, di vedere, di parlare, di afferrare gli oggetti. A. inoltre, ha un gravissimo ritardo mentale e soffre di epilessia. L’unica cosa che fa è accennare un sorriso alle persone che conosce perché le riconosce dalla voce
“.
Il professore Bresadola ha, altresì, rilevato che la prescrizione di una spasmex, nel momento in cui la signora nella notte del 30 agosto, intorno alle ventidue e trenta circa, avrebbe telefonato al dott. Romeo, lamentando dei forti dolori, dovuti alla preeclampsia, era un trattamento inidoneo e che il medico avrebbe dovuto consigliare il parto non presso l’ospedale di Polistena, struttura di primo livello, ma presso un ospedale di secondo livello. Il dottore Romeo, ad avviso del perito, avrebbe inoltre sottovalutato il ritardo della crescita intrauterina del feto.

Conclusa l’istruttoria dibattimentale il Pubblico Ministero, Ignazio Vallario, dopo aver esaminato le prove emerse nel processo e ritenuto configurabile una responsabilità medica nella causazione del danno da parte di entrambi i medici, il dottor Pietro Interdonato per la gestione della fase relativa al periodo tra il ricovero presso l’ospedale di Polistena e l’effettuazione, da parte del dottor Romeo del parto cesareo, ed il dottor Francesco Romeo per il periodo in cui ha seguito la signora durante la gravidanza, ha chiesto la condanna a 1 anno e 6 mesi per il dott. Pietro Interdonato e 1 anno per il dott. Francesco Romeo.
La parte civile, rappresentata dall’avvocato Antonino Napoli, all’inizio del suo intervento ha sostenuto che seppur “Il riconoscimento di responsabilità degli imputati non potrà guarire il piccolo A., perché la patologia è irreversibile, la sentenza avrà la funzione sociale di evitare che condotte simili si possano ripetere” ed ha chiesto, pertanto, la condanna di entrambi i medici alla pena ritenuta di giustizia ed al risarcimento dei danni nei confronti delle costituite parti civili.
Dopo l’intervento degli avvocati Antonio Strangi e Vincenzo Borgese, nell’interesse del dottore Pietro Interdonato, ed Antonio Romeo, in difesa del dottore Francesco Romeo, che hanno chiesto l’assoluzione dei loro assistiti, il giudice Antonella Crea, ha ritenuto i dottori Pietro Interdonato e Francesco Romeo responsabili del reato di lesioni personali colpose e li ha condannati entrambi alla pena di un anno e due mesi di reclusione, con pena sospesa, oltre al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede civile, riconoscendo alle parti civili, in proprio e nella qualità di genitori del piccolo A., una provvisionale di 70 mila euro, riservando la motivazione della sentenza a 90 giorni.

L’avv. Antonino Napoli
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