Vibo Valentia. La ‘ndrangheta non vuole essere parlata. Quando un giornalista squarcia il velo sugli affari delle cosche i boss entrano nel panico e si muovono per castigare il professionista di turno e non certo ricorrendo alle cure di un legale esperto in diffamazione a mezzo stampa. Lo fanno muovendo le trame malavitose e preparando una risposta fisica contro il nemico con la penna caricata a soda caustica. E’ il caso di Pietro Comito, valente giornalista vibonese in forza all’emittente televisiva “La C”. E’ questo quanto emerge dall’inchiesta “Costa pulita” eseguita dalla Distrettuale antimafia di Catanzaro all’alba di oggi.
Pietro Comito, all’epoca dei fatti redattore di “Calabria Ora”, si era occupato della famiglia Accorinti e delle ricadute sulla pubblica amministrazione di un piccolo centro del vibonese. Gli articoli di Comito avevano dato fastidio ad Antonino Accorinti: il presunto boss del paese. Le cimici, piazzate dalle forze dell’ordine nelle auto a disposizione dei presunti membri della cosca, hanno registrato le discussioni ed i propositi vendicativi della famiglia Accorinti. “Ci hanno rovinato”, questo il commento delle persone finite in manette in riferimento a quanto scritto dal giornalista vibonese. “Non si può prendere questo che ha scritto questo articolo?”, si chiedono le persone intercettate mettendo in evidenza quello che i magistrati non esitano a definire “agire mafioso” finalizzato ad una immediata “ritorsione”. Il piano era preciso. La cosca voleva castigare Pietro Comito, lo aveva seguito per studiare il modo migliore per punirlo per ciò che aveva scritto. Dopo averlo avvisato con una lettera minatoria la famiglia Accorinti sarebbe stata pronta ad alzare il tiro sul professionista. Una frase del presunto boss riferita da un sodale al figlio del mammasantissima la dice lunga sui piani di vendetta: “Ha detto tuo padre che lo deve spaccare a quello come lo troviamo”.
Giovanni Verduci