Reato di negazionismo. Nico D’Ascola (Ap) interviene sul ddl: “Deve derivare concreto pericolo di diffusione”

Nico D'Ascola

Nico D'Ascola

Reggio Calabria. “L’utilizzo dell’espressione «in modo che derivi concreto pericolo di diffusione», ovvero dire che l’istigazione e l’incitamento o la propaganda non sono puniti in maniera fine a se stessa ma che dall’incitamento, istigazione o propaganda deve derivare un concreto pericolo di diffusione,  e quindi di rischio concreto che si possa determinare la commissione di un delitto, è un modo garantista, una specifica importante, nel trattare il problema”. Lo dichiara il presidente della Commissione Giustizia del Senato, Nico D’Ascola nel corso del suo intervento in Aula sul ddl sul reato di negazionismo. “L’espressione pertanto trova anche conforto nella giurisprudenza di legittimità e nella giurisprudenza costituzionale che riconoscono il delitto di opinione compatibile con il nostro assetto costituzionale se effettivamente determina un concreto pericolo che qualcosa ne possa derivare. Questa espressione – prosegue D’Ascola – è sostitutiva della parola «pubblicamente», avverbio che a mio avviso ha svolto storicamente un ruolo estremamente importante. Infatti, che un fatto sia commesso in pubblico determina il rischio del propagarsi e del diffondersi dell’incitamento o della propaganda. Quando si utilizza il termine «pubblicamente» si evoca una categoria importante   che però non risolve integralmente il problema per come, al contrario, lo risolve meglio un’espressione che fotografa ciò che dal «pubblicamente» dovrebbe derivare, ossia un pericolo concreto di diffusione dell’istigazione, dell’incitamento o della propaganda”. Continuando nel suo intervento, il presidente aggiunge:”L’espressione «pubblicamente» non copre quest’area che, al contrario, con riferimento non soltanto alla modernità, ma  soprattutto  al pericolo del terrorismo che si esprime frequentemente attraverso siti telematici, si concretizzerebbe in fatti che non sono pubblici, ma dotati di una diffusione che va ovviamente sanzionata dalla legge penale. Un ulteriore aspetto che vorrei mettere in evidenza è che non si punisce il negazionismo della Shoah, dei crimini di guerra, di genocidio e contro l’umanità fine a se stesso, così determinando il rischio di impedire il dibattito culturale. Ciò non avviene perché si utilizza una chiara espressione “si fondano in tutto o in parte” che sta a significare che la negazione deve essere sostanzialmente un mezzo attraverso il quale si strumentalizzano la Shoah e i crimini di guerra, di genocidio e contro l’umanità per incitare alla violenza. Quindi, se taluno si limita a negare, ma non funzionalmente, cioè strumentalizzando la negazione per incitare alla violenza, il fatto non è di rilevanza penale. Per tali motivi, ritengo che l’emendamento 1.401 risolva il problema di una punibilità estesa a fatti che non possono definirsi pubblici perché rimangono privati, ma sono dotati di un’enorme diffusione nel mondo del web. Allo stesso modo, si tratta di una proposta emendativa che lascia libera la manifestazione del pensiero”.

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