Cosenza. A seguito di indagini patrimoniali – coordinate dal nuovo procuratore capo della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, dal procuratore aggiunto presso la Dda, Giovanni Bombardieri, e dal sostituto procuratore presso la Dda, Pierpaolo Bruni – la Guardia di Finanza di Cosenza ha sottoposto a sequestro un patrimonio di circa un milione di euro nei confronti di Francesco Patitucci, esponente di spicco del clan Ruà-Lanzino e di un suo parente, Giuseppe De Cicco, presunto intraneo alla stessa cosca.
In data odierna, infatti, i militari del Nucleo di Polizia Tributaria di Cosenza hanno dato esecuzione ad una misura di prevenzione patrimoniale, emessa dal Tribunale di Cosenza – Sezione Misure di Prevenzione – su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro ai sensi del nuovo Codice Antimafia (D. Lgs. 159/2011).
Tale normativa prevede l’applicazione delle misure di prevenzione, anche patrimoniali a carico di soggetti ritenuti, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi, ovvero che per la loro condotta ed il tenore di vita debba ritenersi che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuosa.
Il reggente della cosca si trova attualmente detenuto presso la casa circondariale di Terni per violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale e per violazione legge armi. Patitucci è stato già condannato per il delitto di associazione mafiosa e reati connessi con sentenze di primo e secondo grado (divenuta irrevocabile nel 2015) nelle quali veniva condannato per appartenenza all’associazione mafiosa denominata “Lanzino-Ruà” e riconosciuto quale “reggente” della consorteria, nonché per la commissione di reati di estorsione e di usura aggravati dall’art. 7 L. 203/91.
L’uomo era già stato condannato per la partecipazione all’associazione mafiosa denominata “Pino-Sena” con sentenza della Corte di Assise d’Appello di Catanzaro, divenuta irrevocabile nel 2000.
Giuseppe De Cicco, invece, è legato da stretti rapporti di natura familiare con il reggente del clan ed è indicato come presunto intraneo alla cosca “Ruà-Lanzino”, prevalentemente con compiti riscossione dei proventi dell’usura praticata dal clan.
Gli accertamenti patrimoniali eseguiti nei loro confronti e dei prossimi congiunti hanno permesso di appurare, nel periodo 2002-2013, una netta sproporzione delle movimentazioni economico-finanziarie in uscita (ad esempio, acquisti di immobili) rispetto ai redditi dichiarati, inidonei persino a soddisfare le esigenze primarie di vita.
Nello specifico, l’esecuzione del provvedimento ha portato al sequestro dei seguenti beni:
- 4 fabbricati turistico-residenziali, siti in provincia di Cosenza;
- 1 società di capitale, con 10.000 quote sociali, con relativo complesso aziendale operante nel settore delle costruzioni di edifici;
- 1 automezzo;
- diversi rapporti bancari,
per un valore complessivo stimato pari a un milione di euro.