Operazione Mamma Santissima. Il tentativo di Paolo Romeo di evitare alla vigilia del voto l’intitolazione del lungomare a Italo Falcomatà

Arena dello Stretto

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Reggio Calabria. In occasione delle elezioni comunali del maggio 2002 in riva allo Stretto, Paolo Romeo si sarebbe mosso, in campagna elettorale, con metodi che il gip definisce “non certo ispirati ai principi della democrazia, quanto, piuttosto, avvalendosi delle cointeressenze di cui era capace sia nelle istituzioni sia nell’ambito dei servizi”.
Due episodi, in particolare, vengono richiamati dalla richiesta formulata dal pm Giuseppe Lombardo. In un caso anche le regole dettate per la par condicio sarebbero state piegate ai suoi desiderata. Paolo Romeo si sarebbe servito di un esponente dei servizi segreti al fine di evitare che uno dei candidati a sindaco si presentasse a un confronto televisivo con Demetrio Naccari Carlizzi, «così Naccari resta solo» e per par condicio «non possono fare le trasmissioni».
Un altro caso, invece, riguarda l’iter amministrativo per l’intitolazione del lungomare di Reggio Calabria al defunto sindaco Italo Falcomatà, che era deceduto nel dicembre 2001 e aveva lasciato la reggenza ad interim del Comune a Demetrio Naccari Carlizzi, candidato a sindaco alle imminenti elezioni comunali.
Romeo, secondo l’accusa facendo leva tra gli altri su un vice prefetto in servizio presso la prefettura di Reggio Calabria, avrebbe tentato di evitare che alla vigilia del voto si procedesse all’intitolazione del lungomare al defunto Falcomatà, perché secondo Romeo il candidato Naccari avrebbe tratto benefici elettorali, in termini di visibilità, dall’evento. Tuttavia l’intitolazione avvenne. Romeo, che non sarebbe riuscito quindi nell’intento, avrebbe addebitato le colpe al vice prefetto, giudicato «un cacone, perché è uno che ha il senso della gerarchia» e «servetto» perché quando il Prefetto «gli chiedeva le cose, invece di fargli ostruzionismo per fargli perdere tempo» operava con solerzia, mostrandosi poi «coglione da venire a dirlo a noi» solo «per non essere sospettato».
Che il vice prefetto avesse svolto bene il suo lavoro sarebbe confermato dal prefetto di Reggio Calabria dell’epoca, il quale in visita a Roma avrebbe riferito a Valentino che «io questa cosa l’ho fatta velocemente perché l’ha fatta velocemente (il vice prefetto ndr), una fretta a fare presto, è stato brillantissimo».
Secondo i pm, il ruolo del vice prefetto, per come risulta dalle intercettazioni, sarebbe stato quello di consentire a Paolo Romeo di avere informazioni sull’operato della Prefettura di Reggio Calabria.
Il 14 maggio 2002, il vice prefetto, proprio in ordine alla «intitolazione della strada» avrebbe riferito di aver interloquito col Prefetto, dicendogli che «aspettiamo il parere» della «sovrintendenza ai beni culturali ed architettonici di Cosenza». Tuttavia, «anziché scrivere alla sovrintendenza dei beni culturali ed architettonici, si scrive alla sovrintendenza dei beni artistici, che a Cosenza non c’è ma c’è a Reggio, lettera indirizzata a Cosenza, risponde la sovrintendenza ai beni artistici di Reggio con parere favorevole». Rilevato tale errore, il vice prefetto avrebbe segnalato che«c’è un errore alla nostra richiesta come un errore è la risposta» sicché «rifacciamo la richiesta, a carattere telegrafico, la rifacciamo» ma«la sovrintendenza di Cosenza non risponde».
Proprio i ritardi nella risposta avrebbero costituito motivo di confronto tra il vice prefetto e il Prefetto: quest’ultimo, infatti, avrebbe segnalato che «se non gliela facciamo ora non gliela facciamo più perché poi entriamo in campagna elettorale» e il vice prefetto avrebbe risposto che «veramente siamo già in campagna elettorale».
Sempre secondo quanto sarebbe stato riferito dal vice prefetto, nonostante lo stesso Prefetto avesse ben presente la valenza politica dell’atto, al punto da esternare che appariva più opportuno procedervi «dopo le elezioni», nei fatti avrebbe fatto verificare «se aveva risposto la sovrintendenza» e sollecitare la risposta che, interveniva proprio il giorno della conversazione.
Il Prefetto, quindi, sempre secondo quando sarebbe stato riferito dal vice prefetto, sarebbe ritornato sull’argomento dicendo che «non è possibile farglielo adesso perché sembra che li vogliamo favorire politicamente» e il vice prefetto gli avrebbe fatto notare: «se lei fa questa considerazione ora, perché l’ha fatta sollecitare ieri dal suo capo di gabinetto?… in ogni caso per me, sotto il profilo amministrativo, i presupposti si sono completati perché abbiamo tutti gli atti, sta a lei ora valutare se si può andare in deroga al decennio… sta a lei ora valutare se la notorietà di Falcomatà a livello nazionale… si sia tradotto in benemerito nazionale perché se è benemerito locale, questo forse è inconfutabile bene … ma il lustro nazionale… non mi pare che abbia scoperto la penicillina, o che abbia il merito di avere vinto il premio Nobel alla Levi Montalcino, quindi questa è una valutazione esclusivamente sua». Infine, Romeo avrebbe concordato con il vice prefetto sul fatto che l’«intitolazione della strada… colpisce più elettoralmente».
“Non un mirabile esempio – commenta il gip – di adesione ai principi del confronto democratico, ma, anzi, l’interazione con un soggetto legato ai servizi e con un vice-prefetto, indicato come sua testa di ponte nella rappresentanza locale del Governo, onde evitare il confronto fra i candidati o un potenziale vantaggio per il Naccari Carlizzi. Condotte che, tuttavia, non stupiscono se si guarda a quale fosse il reale obiettivo del Romeo”.

Fabio Papalia

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