Operazione Mamma Santissima. La strategia difensiva di Paolo Romeo per ottenere la revisione del processo

Paolo Romeo

Paolo Romeo

Reggio Calabria. I destini politici della città di Reggio Calabria non erano l’unico cruccio dell’avvocato Paolo Romeo. Il “Lima reggino”, come lo ha definito il collaboratore di giustizia Giacomo Ubaldo Lauro, era ossessionato dalla revisione del processo che lo aveva visto soccombere sotto la condanna di concorso esterno in associazione mafiosa. C’è anche questo dentro le carte dell’inchiesta “Mamma santissima”.
L’avvocato Paolo Romeo, come si evince da una intercettazione del 2009, discutendo con alcuni colleghi del foro reggino affrontava l’argomento e sosteneva la sua tesi ancorandola, in particolare, alla vicenda della copertura in riva allo Stretto della latitanza di Franco Freda: l’ex terrorista nero condannato per una serie di attentati compiuti nell’ambito della cosiddetta “strategia della tensione”.
L’obiettivo di Romeo sarebbe stato quello di dimostrare il contrario di quanto sancito dai giudici durante il percorso giudiziario che ha portato alla sua condanna. «I magistrati – spiega Romeo ai suoi interlocutori – sostengono che FREDA si è rivolto alla ‘Ndrangheta e la ‘Ndrangheta si è rivolta a me e io ho favorito a FREDA, basta dimostrare il contrario e, cioè che FREDA si è rivolto a me che io marginalmente per alcune cose sono stato aiutato da Paolo MARTINO… là da Paolo DE STEFANO per l’espatrio».
Ribaltare questo concetto per l’avvocato Romeo avrebbe avuto come diretta conseguenza quella di spostare il centro degli interessi nella “vicenda Freda”: «non è che io gli ho fatto un favore ai DE STEFANO, ma i DE STEFANO mi hanno fatto un favore a me».
Ai fini della revisione della sentenza, quindi, per Romeo sarebbe stata sufficiente «una indagine difensiva dove quello che me lo ha portato che è un soggetto politico viene e racconta la verità». Una indagine difensiva e una testimonianza di favore di un soggetto politico che «la carriera politica l’ha finita e dice che me lo ha portato lui e chi è venuto a trovarlo. Poi gli sono fallite queste vie politiche e mi è rimasto questo “collo” a me. Io lo dovevo tenere dieci giorni, quindici giorni in uno spirito di solidarietà politica poi ognuno si è dileguato e io e mi è rimasto il cerino acceso a me».
L’intenzione di Paolo Romeo, come si legge nelle carte dell’inchiesta della Distrettuale antimafia e del Ros, sarebbe stata quella di coinvolgere «un soggetto politico», ritenuto uno dei protagonisti della “vicenda Freda”, attraverso la cui testimonianza cercare di ricondurre il suo intervento a favore dell’ex terrorista nero allo «spirito di solidarietà politica».

Giovanni Verduci

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