Operazione Alchemia. Pm chiedono arresto parlamentari Antonio Caridi e Pino Galati, il gip rigetta

Antonio Caridi

Antonio Caridi

Reggio Calabria. La Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria aveva chiesto l’arresto di due parlamentari in carica nell’ambito dell’operazione Alchemia, che stamane ha portato all’arresto di 40 persone, accusate a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione, intestazione fittizia di beni e società.
Si tratta del deputato Giuseppe Galati (Ala) e del senatore Antonio Caridi (Gal). Entrambe le richieste sono state rigettate dal gip Barbara Bennato, con motivazioni diverse. Su Caridi, peraltro, pende già una ordinanza di custodia cautelare e relativa richiesta di autorizzazione all’arresto nell’ambito di un’altra inchiesta della Dda reggina, quella denominata “Mamma Santissima”. Le richieste d’arresto nell’ambito dell’odierna operazione sono state presentate dal procuratore Capo Federico Cafiero De Raho, dal suo aggiunto Gaetano Paci e dai sostituti Roberto Di Palma e Giulia Pantano.
Nel caso di Pino Galati il gip ha ritenuto non sussistente un quadro indiziario grave, mentre nel caso di Caridi (nella foto), sempre secondo il gip, le accuse sarebbero state assorbite nell’ambito della richiesta d’arresto formulata nell’inchiesta “Mamma Santissima“, quindi ha negato l’arresto in ossequio del principio “ne bis in idem“.

Nei confronti di Galati i pm ipotizzano il reato di corruzione aggravata dall’agevolazione mafiosa, perché “per compiere un atto contrario ai suoi doveri di ufficio, ovvero consentire alla cosca Raso-Gullace-Albanese, e in particolare al ramo mafioso facente capo a Girolamo Raso, di ottenere lo sblocco dei lavori edili sospesi perché eseguiti in zona vincolata sita nel Parco Naturale Decima Malafede a Roma, nonché l’aggiudicazione di appalti pubblici relativi a lavori di trasporto e smaltimento di rifiuti urbani del Comune di Roma, avrebbe ricevuto o comunque accettato la promessa di utilità, consistente nell’acquisizione della disponibilità di un immobile”.
«Le risultanze investigative – scrive il gip – danno sicuramente conto di un coinvolgimento dell’onorevole nella vicenda del blocco dei lavori… ma difettano della prova sia della proficuità dell’intervento richiesto e offerto sia della ricezione anche solo dell’accettazione di un immobile…». Il gip quindi ha rigettato la richiesta dei pm perché non ha ravvisato la prova di un nesso sinallagmatico tra il “favore” richiesto all’onorevole dalla cosca e il compimento di atti contrari ai doveri di ufficio da parte dell’indagato, e inoltre ha ritenuto che l’assunto della promessa della donazione di un terreno sarebbe rimasto indimostrato.

Fabio Papalia

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