Reggio Calabria. Nonostante abbia 60 anni di carriera artistica ancora oggi, sostiene di essere “un grado di un cerchio di 360° e di questi, solo un grado di teatro crede di saper fare”. In realtà, lo straordinario Pippo Pattavina, a Catona Teatro nella splendida cornice dell’arena “Neri”, ha dimostrato di saper fare molto di più portando in scena un classico del teatro siciliano, una storia d’altri tempi, “L’altalena” di Nino Martoglio, brillantemente ambientata in una Catania del ‘900 da un raffinato interprete. Prima di salire sul palco, l’attore di Lentini parla di teatro: “è come uno sport, quando lo sportivo va al tappeto, il pubblico lo abbandona per seguire il campione. Così è per l’attore che, in scena, prova un misto di paura, di amore, di responsabilità. In teatro – continua Pattavina – il rapporto tra l’attore e il pubblico è come l’unione tra l’uomo e la donna, è un amplesso. Questa è una professione meravigliosa ma pericolosissima dove tutti i nodi vengono al pettine, non si può fingere. Al teatro c’è la resa dei conti, il risultato è immediato per cui se un attore non è capace, il pubblico se ne accorge”. Di sicuro, ieri sera, gli spettatori di Catona Teatro si sono accorti della bravura di un cast di attori capitanati da un generale della commedia bravo a caratterizzare “uno dei capolavori più assoluti della drammaturgia siciliana nato da un dramma di una ragazza abbandonata dal suo uomo, un poco di buono”. “E’ una commedia, ambientata in un salone da barba, che si presta a tante operazioni come la comicità tragica – conclude il protagonista – Un’apoteosi della risata dove spiccano scene mimate che permettono di far capire tutto. Il teatro è una cosa magica: purtroppo, vediamo in sala sempre meno giovani e tanti capelli bianchi. Difficilmente si vede un capello nero e si vedono anche tanti telefonini accesi. E questo è terrificante”. Per due ore, si gusta un copione scintillante di arguzia e trovate inserite volutamente con grande abilità da Martoglio e solo un grande interprete come Pattavina poteva rinverdire e attualizzare la storia. I barbieri, “giovani di bottega” Ninu e Pitirru, al servizio del principale Neli, costruiscono intorno a loro una serie di situazioni esilaranti che ripropongono tipi e macchiette della Catania d’inizio secolo. Non sono i toni patetici a segnare “L’altalena” ma l’irresistibile comicità della commedia che offre una nuova occasione di incontro con un mondo scomparso ma pur sempre necessario per una piena comprensione del contesto attuale. Pattavina nei panni dell’umile barbiere Neli, innamorato segretamente di Ajtina, un’infelice ragazza del popolo sedotta e abbandonata da Mariddu, ha una forte presenza scenica ma quello che colpisce di più lo spettatore, è la sua forte arguzia che riesce a dare ad ogni personaggio che interpreta. Ricca di colpi di scena, tra malintesi, rivelazioni familiari e situazioni comiche, la pièce conserva lo spirito delle nostre più antiche tradizioni: un misto inconfondibile di folklore e fede religiosa. Al dramma si alterna, come detto, un’esilarante comicità grazie, anche alla presenza di personaggi, non meno importanti, come “i giovani del barbiere”, Ninu e Pitirru che, realizzando una serie di situazioni divertenti, aiutano l’amico Neli e la ‘Za Sara, “a mavara”, attaccatissima sia al denaro che alle credenze popolari, a chiudere una storia che porta a casa gli applausi di un’arena stregata dalla bravura di attori che, in poche ore, hanno dimostrato di amare davvero il teatro.
(Foto Antonio Sollazzo)
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